Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3785 del 08/02/2019

Cassazione civile sez. I, 08/02/2019, (ud. 12/12/2018, dep. 08/02/2019), n.3785

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19310/2014 proposto da:

Marina Azzurra S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Cicerone n. 44,

presso lo studio dell’avvocato Corbyons Giovanni, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati Bormioli Giovanni, Stern Paolo,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, in persona del Presidente

della Regione pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazza

Colonna n. 355, presso l’Ufficio Distaccato della Regione Autonoma

Friuli Venezia Giulia, rappresentata e difesa dall’avvocato Delneri

Michela, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

Agenzia del Demanio, Capitaneria di Porto, Ministero delle

Infrastrutture e dei Trasporti;

– intimati –

avverso la sentenza n. 41/2014 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 24/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/12/2018 dal Cons. Dott. SAMBITO MARIA GIOVANNA C..

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 24.1.2014, la Corte d’Appello di Trieste, giudicando sulla domanda con la quale la S.p.A. “Marina Azzurra”, concessionaria di area demaniale marittima sita nel Comune di Grado aveva convenuto il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’Agenzia del Demanio e la Regione Friuli Venezia Giulia, chiedendo che fosse accertata la disciplina applicabile al rapporto concessorio, dopo l’entrata in vigore della L. n. 296 del 2006, che aveva disposto l’adeguamento dei canoni, ha affermato la legittimazione della Regione, cui erano stati trasferiti i beni demaniali, ed ha ritenuto che la nuova disciplina si applicava all’assentita concessione, a decorrere dall’anno 2007, trattandosi di un rapporto di durata, che non aveva ancora esaurito i suoi effetti.

Avverso tale sentenza, la Società Marina Azzurra ha proposto ricorso con cinque motivi, ai quali la Regione ha resistito con controricorso. Le altre parti non hanno svolto difese. Le parti costituite hanno depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo, la ricorrente deduce l’omesso esame circa il fatto decisivo per il giudizio relativo alle caratteristiche della concessione a lei rilasciata e l’alterazione dell’equilibrio economico finanziario che l’applicazione dei nuovi canoni aveva comportato sul finanziario che l’applicazione dei nuovi canoni aveva comportato sul rapporto concessorio. La ricorrente lamenta, in particolare, che la Corte territoriale non aveva apprezzato la distinzione, posta da essa Società, tra concessioni aventi finalità “turistico-ricreative di puro godimento” e quelle “di costruzione e gestione di strutture dedicate alla nautica di diporto” e tale seconda natura andava riconosciuta a quella rilasciata in suo favore, che prevedeva, appunto, la realizzazione di impianti e manufatti di rilevante valore, era assimilabile alla tipologia della concessione di costruzione e gestione di un’opera pubblica di cui del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 143, ed implicava una forma di partenariato pubblico-privato. Il fatto non esaminato, prosegue la ricorrente, si riverberava nella disciplina applicabile, ed in ispecie nella sussumibilità del caso nelle distinte previsioni contenute della L. n. 296 del 2006, art. 1,commi 251 e 252.

2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 251 e 252, nonchè degli artt. 11 e 12 preleggi.. L’interpretazione della Corte territoriale, lamenta la ricorrente, viola sia il principio di irretroattività delle nuove disposizioni normative sia il fondamentale canone letterale, la cui corretta applicazione avrebbe imposto di affermare che le nuove regole tariffarie erano volte a regolare le sole concessioni “rilasciate o rinnovate” dopo l’entrata in vigore della riforma, e non anche quelle in corso, non contenendo alcuna deroga nè espressa nè implicita al principio di irretroattività.

3. Col terzo motivo, la Società deduce, nuovamente, la violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, art. 1,commi 251 e 252, art. 1367 c.c., in riferimento ai canoni costituzionali dettati dagli artt. 3,41 e 97 Cost.. Dopo aver premesso che l’interpretazione delle disposizioni normative va effettuata in modo costituzionalmente orientato, la ricorrente afferma che l’opzione ermeneutica data dalla sentenza impugnata disattende: a) i principi del legittimo affidamento al mantenimento del canone stabilito negli atti di concessione, che era stato determinato secondo le leggi vigenti all’epoca del relativo rilascio, in riferimento agli investimenti di essa concessionaria ed al valore finale della devoluzione all’Amministrazione e, comunque, contribuiva a determinare l’assetto economico globale del rapporto; b) i principi di uguaglianza, ragionevolezza e certezza della situazione giuridiche, già affermati con valenza generale dalla Corte Cost. con la sentenza n. 24 del 2009, a torto ritenuta non pertinente dai giudici a quibus, non potendo valere la sentenza della Corte Cost. n. 302 del 2010, riferita al diverso caso delle concessioni con finalità turistico ricreative, con ingiusta parificazione all’interno di una medesima categoria dei soggetti già titolari di concessione e costruttori di opere destinate a diventare proprietà pubblica con quelli che ancora possono valutare tale opportunità; c) il principio di tutela dell’iniziativa economica privata, legittimamente assunta ed incentivata dallo Stato.

4. I motivi, da valutarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati, nei termini che seguono.

5. Occorre muovere dal fatto che l’oggetto del presente giudizio, quale accertato dalla Corte territoriale e non più posto in discussione ha ad oggetto la questione, secca, dell’applicabilità del regolamento economico introdotto con le disposizioni emanate dalla L. n. 296 del 2006, al rapporto concessorio in corso al momento della sua entrata in vigore. L’oggetto di detto rapporto, e cioè se si tratti di concessione rilasciata per finalità turistico-ricreative o avente ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica di diporto disciplinate della L. n. del 2006, art. 1, commi 251 e 252, non risulta indagato dalla Corte territoriale, come esattamente le addebita la ricorrente ed il relativo tema d’indagine non è affatto nuovo, come invece opina la Regione, non solo perchè l’accertamento in questione costituiva un prius ineludibile ai fini della statuizione richiesta sicchè ineriva sin dall’inizio al thema decidendum, ma, anche, perchè, contestando la ritenuta applicazione della disciplina sopravvenuta, la ricorrente aveva devoluto l’intera questione del regime giuridico da applicare al giudice del gravame non potendo, infatti, la pronuncia sulla legge applicabile costituire statuizione autonoma rispetto a quella sul rapporto.

6. La L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 251, che ha sostituito del D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, art. 03, il comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 494, ha, tra l’altro, previsto, che i canoni annui per concessioni rilasciate o rinnovate con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applicano le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo sono determinati, a decorrere dal 1 gennaio 2007, in riferimento a specifici innovativi criteri. In particolare, accanto al canone cosiddetto tabellare, è introdotto un canone commisurato al valore di mercato, sia pure mitigato da alcuni accorgimenti e abbattimenti (art. 03, comma 1, lettera b, n. 2.1.). Il comma 252 del medesimo art. 1 sancisce che i canoni di cui al comma 1, lett. b), si applicano, “a decorrere dal 1 gennaio 2007, anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale aventi ad oggetto la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto”.

7. Se, a tale stregua, i medesimi criteri di determinazione dei canoni dettati per le concessioni aventi finalità turistico-ricreative sono stati estesi alle concessioni di strutture per la nautica da diporto, la differenza tra i due tipi di rapporto non è, affatto, priva di rilevanza.

Ed, infatti, con la sentenza n. 29 del 2017, la Corte costituzionale, cui, nel dichiarato presupposto dell’applicabilità della norma ai rapporti concessori in corso, era stata rimessa da parte del Consiglio di Stato e dal TAR per la Toscana la questione di legittimità costituzionale della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 252, in riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, al principio di libera iniziativa economica, ed alla tutela del legittimo affidamento, ha, anzitutto, ribadito la legittimità dei nuovi criteri di calcolo dei canoni, già riconosciuta nella sentenza n. 302 del 2010, con riferimento alle concessioni demaniali per attività turistico-ricreative evidenziando che: “gli interventi legislativi, volti ad adeguare i canoni di godimento dei beni pubblici, hanno lo scopo, conforme agli artt. 3 e 97 Cost., di consentire allo Stato una maggiorazione delle entrate e di rendere i canoni più equilibrati rispetto a quelli pagati in favore di locatori privati (sentenza n. 88 del 1997)” ed escludendo “che l’aumento dei canoni, disposto dalla previsione legislativa censurata, sia giunto inaspettato, giacchè esso si è sostituito ad un precedente aumento, di notevole entità, non applicato per effetto di successive proroghe, ma rimasto tuttavia in vigore sino ad essere rimosso, a favore di quello vigente, dalla norma oggetto di censura. Nè l’incremento può essere considerato frutto di irragionevole arbitrio del legislatore, tale da indurre questa Corte a sindacare una scelta di indirizzo politico-economico, che sfugge, in via generale, ad una valutazione di legittimità costituzionale”.

La Corte è pervenuta ad una sentenza interpretativa di rigetto in relazione alla generale ed indifferenziata applicazione dei canoni commisurati ai valori di mercato a tutte le concessioni di strutture dedicate alla nautica da diporto, rilasciate, come nella specie, prima della entrata in vigore della disposizione in esame, evidenziando che l’irragionevolezza della disposizione laddove interpretata nel senso che, per effetto dell’applicazione dei canoni indicati anche ai rapporti concessori in corso, “verrebbe onerato del medesimo canone, sia chi abbia ricevuto un bene demaniale, sul quale realizzi a proprie spese un’infrastruttura o un impianto di difficile rimozione, sia chi, invece, abbia ricevuto in concessione un bene su cui insista una struttura già realizzata da terzi” resta, invece, esclusa “laddove la commisurazione del canone venga parametrata alle concrete caratteristiche dei rapporti concessori, nonchè dei beni demaniali che ne formano l’oggetto”. Ed ha concluso affermando che: “un’interpretazione costituzionalmente corretta della disposizione in esame impone, quindi, la necessità di considerare la natura e le caratteristiche dei beni oggetto di concessione, quali erano all’avvio del rapporto concessorio, nonchè delle modifiche successivamente intervenute a cura e spese dell’amministrazione concedente. Mentre con riferimento agli aumenti dei canoni tabellari (del D.L. n. 400 del 1993, art. 03, comma 1, lett. b, n. 1) valgono i principi affermati nella sentenza n. 302 del 2010, viceversa va esclusa l’applicabilità dei nuovi criteri commisurati al valore di mercato alle concessioni non ancora scadute che prevedano la realizzazione di impianti ed infrastrutture da parte del concessionario, ivi incluse quelle rilasciate prima del 2007”.

8. L’interpretazione suggerita dal giudice delle leggi va qui condivisa, e la sentenza va, quindi, cassata, restando assorbiti i motivi quarto e quinto, coi quali la ricorrente ha, rispettivamente, denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 117 Cost., L. n. 296 del 2006, art. 1, dei commi 251 e 252, art. 1367 c.c., in riferimento ai principi comunitari del legittimo affidamento e della certezza del diritto, ed ha sollevato la questione di legittimità costituzionale nonchè formulato istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia delle disposizioni applicate, in riferimento agli argomenti svolti nei precedenti motivi.

9. Il giudice del rinvio, che si designa nella Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione, procederà ad un nuovo esame applicando gli esposti principi, e provvederà alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie i primi tre motivi, assorbiti gli altri, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2019

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA