Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37849 del 01/12/2021

Cassazione civile sez. trib., 01/12/2021, (ud. 23/11/2021, dep. 01/12/2021), n.37849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 1178/2016 R.G. proposto da:

R.G., (C.F. (OMISSIS)), rappresentato e difeso

dall’Avv. LUIGI CARBONE, in virtù di procura speciale in calce al

ricorso, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. SIMONA

MARTINELLI, in ROMA, Via Lucania, 13, c/o Eureka;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale

dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Puglia, n. 1261/13/15 depositata in data 29 maggio 2015.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 23 novembre

2021 dal Consigliere Filippo D’Aquino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore generale TRONCONE FULVIO, che ha concluso per

il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il contribuente R.G., esercente l’attività di ristorazione con somministrazione – pizzeria, ha impugnato un avviso di accertamento relativo al periodo di imposta 2009, redatto con metodo analitico-induttivo D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d), con il quale veniva recuperata maggiore IRPEF, IRAP e IVA a seguito di una verifica. Nel corso della verifica si era proceduto al controllo delle fatture passive di lavanderia (c.d. “tovagliometro”) e si era accertato, al netto dello sfrido del 20% dei tovaglioli impiegati, il maggior reddito imputato al contribuente con riferimento ai coperti risultanti dall’utilizzo dei tovaglioli nettati dallo sfrido, in rapporto a un prezzo medio per coperto pari a Euro 12,75. Il contribuente ha contestato, oltre al difetto di motivazione, l’erroneità dell’accertamento nel merito, deducendo che il reddito dichiarato fosse coerente rispetto agli indici degli studi di settore.

La CTP di Bari ha accolto parzialmente il ricorso, riducendo nel quantum – prendendo spunto da una proposta conciliativa formulata dall’Ufficio durante il primo grado di giudizio – le maggiori imposte accertate in misura forfetaria e rideterminando il reddito imponibile ai fini IRPEF in Euro 54.726,00, ai fini IRAP in Euro 55.117,00 e ai fini IVA in Euro 40.000,00. La CTR della Puglia, con sentenza in data 29 maggio 2015, ha rigettato l’appello principale del contribuente e ha accolto l’appello incidentale dell’Ufficio. Ha ritenuto il giudice di appello, nel confermare la determinazione operata dal giudice di primo grado, che l’atto impositivo possa essere motivato per relationem al PVC. Ha ritenuto, poi, il giudice di appello ammissibile un avviso di accertamento con metodo induttivo anche in caso di coerenza del reddito dichiarato con gli studi di settore, essendo questi ultimi uno degli strumenti di controllo posti a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, potendo la ricostruzione del reddito provenire dal solo dato dei pasti consumati, sulla base del consumo dei tovaglioli. Ha, poi, ritenuto corretta la percentuale di sfrido e il prezzo unitario applicati dall’Ufficio, accogliendo il ricorso incidentale dell’Ufficio in relazione alle spese.

Propone ricorso per cassazione il contribuente, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrati da memoria; resiste con controricorso l’ente impositore.

Il ricorso è stato trattato in Camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8-bis, come inserito dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176, senza l’intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, violazione e falsa applicazione del (D.Lgs.) 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, art. 36, comma 2, n. 4 nonché degli art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e art. 156 c.p.c., nullità della sentenza per contrasto tra dispositivo e motivazione. Osserva il ricorrente di avere denunciato in appello come il giudice di primo grado avesse determinato in misura forfetaria ed equitativa i ricavi del contribuente. Osserva, inoltre, il ricorrente come il giudice di appello avrebbe accolto tale motivo di appello, ritenendo erronea la rideterminazione del reddito in via equitativa da parte del giudice di primo grado in quanto priva di motivazione; ne conseguirebbe, ad avviso del ricorrente, che la conferma della sentenza di primo grado sarebbe priva di motivazione e, in ogni caso, il dispositivo sarebbe dovuto essere di accoglimento e non di rigetto dell’appello principale del contribuente, con conseguente contrasto tra dispositivo e motivazione.

1.2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, omessa pronuncia – nullità del procedimento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 1, comma 2, e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, in relazione a due differenti profili. Sotto un primo profilo, si denuncia omessa pronuncia in ordine al mancato superamento dei limiti previsti dalla L. 8 maggio 1998, n. 146, art. 10, comma 4, e in violazione del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 10, commi 9 e 10, in relazione alla coerenza del contribuente con gli studi di settore, con particolare riferimento al periodo di imposta 2010, mancando lo scostamento del 40% dai ricavi presunti e in cui erano stati contestati i conteggi da parte dell’Ufficio, nonché in relazione al difetto di motivazione dello scostamento accertato e all’inapplicabilità del metodo analitico-induttivo. Sotto un secondo profilo, si denuncia omessa o insufficiente motivazione in relazione alla violazione di legge L. 27 luglio 2000, n. 212, ex art. 7 per omessa allegazione e omessa menzione del contenuto essenziale degli atti richiamati (in relazione al PVC), nonché omessa pronuncia in relazione alla dedotta illegittimità costituzionale. Osserva, inoltre, come non vi sia pronuncia in relazione al difetto di presupposti per procedere all’accertamento induttivo per essere lo stesso coerente in relazione agli studi di settore.

1.3. Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 3, D.L. 30 agosto 1993, n. 331, art. 62-sexies, comma 3, artt. 2697 e 2727 c.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’emissione dell’avviso di accertamento con metodo analitico-induttivo. Il ricorrente trascrive i motivi di appello, ritenendo inapplicabile nel caso di specie il “tovagliometro”, non risultando inattendibile la contabilità, né risultando irregolarità contabili. Osserva il ricorrente che nel caso di specie l’avviso si sarebbe dovuto fondare su presunzioni gravi precise e concordanti, circostanza costituente mera presunzione semplice e non pregnante in un caso, come quello di specie, in cui il contribuente fosse risultato congruo rispetto agli studi di settore.

1.4. Con il quarto motivo si deduce falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui il giudice di appello ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio di merito, ritenendo legittima la compensazione delle spese operata dal giudice di primo grado, stante l’accoglimento parziale del ricorso.

2. Il primo motivo è fondato, mostrando la sentenza impugnata un palese e insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione. Il dispositivo della sentenza impugnata è di rigetto dell’appello del contribuente, appello con il quale il ricorrente aveva, tra l’altro, censurato l’applicazione del metodo equitativo da parte del giudice di primo grado nella determinazione del maggior reddito. La sentenza di primo grado era, peraltro, giunta ad accogliere parzialmente il ricorso, riducendo – come risulta dalla trascrizione fattane dal controricorrente – il maggior reddito accertato in ragione della “forfetizzazione” del numero dei coperti in base a una proposta conciliativa formulata dall’Ufficio e a un ipotizzato maggiore sfrido, oltre al consumo di “menù semplice”. Nella motivazione, invece, si legge che “il collegio rileva, comunque, la fondatezza della censura mossa dall’appellante, per quanto attiene la determinazione in via equitativa del maggior reddito accertato”. Ma tale statuizione, a sua volta, contrasta, oltre che con il dispositivo di rigetto dell’appello, con altra statuizione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “la statuita legittimità dell’atto accertativo è supportata da una articolata motivazione, in cui sono evidenziati con precisione gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, redendo in tal modo possibile il controllo sull’esattezza e logicità del suo ragionamento”. La stessa motivazione della pronuncia dà, pertanto, conto contraddittoriamente dell’accoglimento dei motivi di appello e, al contempo, della legittimità dell’avviso di accertamento impugnato. Il contrasto è poi acuito dal fatto che nella parte successiva della motivazione, quando procede all’analisi dei presupposti sulla base dei quali si sarebbe dovuto procedere alla quantificazione del maggior reddito accertato, il giudice di appello giunge a confermare l’impianto complessivo dell’accertamento dell’Ufficio, rigettando sia le deduzioni del contribuente in ordine allo sfrido, sia all’autoconsumo dei pasti, sia al prezzo unitario a coperto, così aprendo, di fatto, la strada persino a un inasprimento dell’accertamento compiuto dal giudice di primo grado in assenza di censura da parte dell’Ufficio.

3. Deve, pertanto, farsi applicazione della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il contrasto tra motivazione e dispositivo che determina la nullità della sentenza ricorre solo se ed in quanto esso incida sulla idoneità del provvedimento, nel suo complesso, a rendere conoscibile il contenuto della statuizione giudiziale, ricorrendo nelle altre ipotesi un mero errore materiale (Cass., Sez. V, 3 agosto 2021, n. 22122; Cass., Sez. V, 27 aprile 2021, n. 11057; Cass., Sez. V, 18 dicembre 2019, n. 33650; Sez. VI, 17 ottobre 2018, n. 26074). La statuizione di rigetto dell’appello del contribuente (in dispositivo) è in contrasto con l’accoglimento del motivo di appello (in motivazione) relativo all’utilizzo del metodo equitativo. L’effettiva statuizione di conferma dell’atto impositivo e’, poi, in palese contrasto con la proposizione dell’appello nel merito del contribuente, laddove l’appello dell’Ufficio riguardava, come risulta dalla sentenza impugnata, la statuizione delle spese. Ulteriormente incomprensibile e’, poi, la contemporanea valorizzazione dell’accoglimento della censura in appello da parte del contribuente in relazione all’utilizzo da parte del giudice di primo grado del criterio equitativo con quella di conferma dei maggiori importi accertati in sede di atto impugnato. La sentenza e’, pertanto, nulla per palese contrasto tra motivazione e dispositivo, senza che sia ricostruibile l’iter logico seguito che sta a fondamento della statuizione giudiziale.

4. Il ricorso va, pertanto, accolto in relazione al primo motivo, con assorbimento degli ulteriori motivi, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli ulteriori motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla CTR della Puglia, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021

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