Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3784 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. I, 14/02/2020, (ud. 06/12/2019, dep. 14/02/2020), n.3784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FEDERICO Guido – rel. Presidente –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36475/2018 proposto da:

A.S., rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Russo,

elettivamente domiciliato presso il suo studio in Reggio Emilia, via

R. Livatino n. 9;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CALTANISSETTA, depositata il

06/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/12/2019 dal Cons. Dott. FEDERICO GUIDO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il tribunale di Caltanissetta con il decreto 2109/2018 pubblicato il 26 settembre 2018, ha rigettato la domanda proposta da A.S. cittadino proveniente dal (OMISSIS), escludendo il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Il Tribunale, in particolare, ha escluso la credibilità del racconto del ricorrente, il quale aveva riferito di non essere riuscito a restituire un prestito e di aver conseguentemente subito minacce di morte da parte del proprio creditore, mentre il garante, si sarebbe appropriato del suo terreno, nonostante la mancata escussione dello stesso: il tribunale rilevava al riguardo che il racconto era lacunoso e generico e la ricostruzione dei fatti era poco chiara e presentava gravi incongruenze, quali la posizione del garante, non meglio identificato, ed il fatto che questi, pur non avendo saldato il debito del richiedente, si sarebbe appropriato del suo terreno; inoltre poco credibili, in quanto del tutto indeterminate risultavano le circostanze dell’attentato nel quale era morta la madre, mentre il richiedente era riuscito a salvarsi.

Il tribunale ha inoltre escluso, sulla base delle informazioni acquisite dall’EASO aggiornato all’agosto 2017, la sussistenza nell’area di provenienza del richiedente ((OMISSIS)), di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto armato, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente, ed evidenziando inoltre che dagli accertamenti svolti dall’Inps risultava che il suo datore di lavoro i non aveva mai denunciato all’Inps il rapporto di lavoro.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la violazione di legge e l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione alla statuizione del decreto impugnato che, in violazione ai criteri stabiliti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 ha ritenuto il racconto poco chiaro e non veritiero, deducendo che, gli elementi sottolineati dal tribunale quali sintomi di scarsa credibilità nulla toglierebbero alla veridicità della storia narrata dal ricorrente. Si censura inoltre la statuizione che ha escluso la protezione sussidiaria in relazione alla situazione attuale del (OMISSIS), caratterizzata da un elevato rischio di terrorismo, in assenza di una indagine approfondita.

Il ricorrente censura anche il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, ribadendo che il richiedente era stato costretto a lasciare il (OMISSIS) per salvaguardare il bene primario della vita.

Il secondo mezzo lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), l’omessa valutazione, ai fini della protezione umanitaria di elementi decisivi, da considerarsi indipendentemente dalla storia personale e credibilità del ricorrente.

I motivi, che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, sono inammissibili.

Quanto alla censura circa la scarsa attendibilità delle dichiarazioni del richiedente, si osserva che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c).

Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero sotto il profilo della mancanza assoluta della motivazione, della motivazione apparente, o perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. 3340/2019).

Orbene nel caso di specie il tribunale, con apprezzamento adeguato ha escluso la coerenza e credibilità del racconto del richiedente ed ha ritenuto poco chiara e scarsamente verosimile la dinamica dei fatti narrati, avuto riguardo, in particolare, al singolare comportamento del fantomatico garante, appartenente ad una setta non meglio identificata, ed alla mancanza di chiarezza in ordine alle circostanze dell’attentato in cui sarebbe deceduta la madre; il tribunale ha inoltre evidenziato che il richiedente ha eluso tutte le domande dirette a dare coerenza e precisione alla narrazione, ulteriore indice della scarsa credibilità della stessa.

Ciò posto, è evidente che la valutazione di scarsa credibilità si riflette sulla configurabilità della sussistenza di un danno grave in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), che non può prescindere dall’esame della situazione personale del ricorrente.

Quanto invece alla protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) la Corte territoriale ha accertato, mediante il ricorso a fonti internazionali attendibili citate in motivazione (Rapporto EASO aggiornato all’agosto 2017), secondo quanto richiesto dal recente indirizzo di questa Corte (Cass. 11312/2019) che la zona di provenienza dell’immigrato ((OMISSIS)) non risultava interessata da una situazione di violenza diffusa riconducibile a quella di cui all’art. 14, lett. c), non potendo rilevare gli episodi di matrice terroristica, talora verificatisi nella zona di provenienza, atteso che tali atti – mirati ad obiettivi determinati – non valgono ad integrare, per la loro episodicità, quella situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)).

Avuto riguardo infine alla censura avverso il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante anche in relazione a tale forma di protezione, atteso che, ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione dello stesso, posto che solo la sua attendibilità consente di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Nel caso di specie, la scarsa credibilità del racconto è dunque ostativa al riconoscimento pure di tale forma, residuale, di protezione.

La censura è peraltro del tutto generica e non contiene una allegazione della specifica situazione di fragilità del richiedente.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e, considerato che il Ministero dell’Interno non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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