Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37826 del 01/12/2021

Cassazione civile sez. II, 01/12/2021, (ud. 14/07/2021, dep. 01/12/2021), n.37826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21897-2016 proposto da:

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DONIZETTI

GAETANO 20, presso lo studio dell’avvocato ANNA MANDORLO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABRIZIO MARINI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.P.S., D.P.A.M., elettivamente domiciliati

in ROMA, V.S.TOMMASO D’AQUINO 116, presso lo studio dell’avvocato

GIROLAMO OLIVIERO DE SENA PLUNKETT, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato MAURO RECANATESI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

EMI S.R.L., D.P.M.S., D.P.D.,

D.P.D., F.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 4035/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/06/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/07/2021 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO.

La Corte:

 

Fatto

OSSERVA

Il Tribunale di Tivoli dichiarò l’acquisto per usucapione ventennale di una porzione di terreno, della quale erano titolari D.P.S. e A.M., in favore di B.S..

La corte d’appello di Roma, accolta l’impugnazione dei convenuti, nel contraddittorio con B.G., succeduto per eredità a S., rigettò la domanda.

Per quel che qui è di utilità va ricordato che il Giudice d’appello afferma che la parte attrice non aveva neppure allegato atti d’interversione del possesso, in assenza dei quali, questa, la quale aveva esposto di avere acquisito la disponibilità del bene dopo la stipula di un contratto preliminare con G.L. in D.P., madre degli appellanti, non avrebbe potuto utilmente possedere l’area.

B.G. ricorre avverso la sentenza d’appello sulla base di tre motivi. Resistono con controricorso D.P.S. e A.M.. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Con i primi due motivi, tra loro osmotici, il ricorrente denunzia violazione degli artt. 1141 e 1158 c.c., nonché l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Asserisce il ricorrente che il proprio genitore aveva autonomamente acquisito il possesso dello stacco di terreno, a prescindere dalle pattuizioni del preliminare, che non prevedeva immissione nella detenzione. Di tale circostanza, cioè del fatto che il B. avesse “posseduto nec vi nec clam e non certo in forza del compromesso esistente con la controparte” la sentenza non aveva tenuto conto.

Il complesso censuratorio sopra riportato non supera il vaglio d’ammissibilità. Il ricorrente prospetta vicenda fattuale alternativa rispetto alla ricostruzione operata dal Giudice del merito. Peraltro, la critica censuratoria è priva di specificità, stante che il B. non dice dove avrebbe allegato la narrazione fattuale oggi esposta.

L’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (si rimanda alla sentenza delle S.U. n. 8053/2014); non residuano spazi per ulteriori ipotesi di censure che investano il percorso motivazionale, salvo, appunto, l’ipotesi, che qui non ricorre, del difetto assoluto di motivazione.

Quanto, più in generale, alla dedotta violazione di norme sostanziali deve osservarsi che, piuttosto palesemente, la critica, nella sostanza, risulta inammissibilmente diretta al controllo motivazionale, in spregio al contenuto dell’art. 360 c.p.c., vigente n. 5 in quanto, la deduzione del vizio di violazione di legge non determina, per ciò stesso, lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, occorrendo che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459).

Il terzo motivo, con il quale il B. allega “sopravvenuta carenza di legittimazione attiva degli odierni resistenti”, poiché quest’ultimi avevano alienato il fondo oggetto del giudizio, è manifestamente destituito di giuridico fondamento a mente dell’art. 111 c.p.c., comma 1 il quale, esattamente al contrario dell’asserto, dispone la prosecuzione del processo tra le parti originarie.

Come affermato dalle S.U. (sent. n. 7155, 21/3/2017, Rv. 643549), lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c. e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.

Il ricorrente va condannato a rimborsare le spese in favore dei controricorrenti, tenuto conto del valore, della qualità della causa e delle attività svolte, siccome in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17) applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

P.Q.M.

dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, che liquida in Euro 3.800,00 per compensi, oltre al rimborso della spese anticipate a debito;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater (inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021

 

 

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