Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3782 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. II, 17/02/2010, (ud. 17/12/2009, dep. 17/02/2010), n.3782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE E FORESTALI in persona del

Ministro in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PUCCINI

10, presso lo studio dell’avvocato FERRI GIANCARLO, rappresentato e

difeso dall’avvocato D’ASCOLI ANTONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 267/2004 del TRIBUNALE di POTENZA, depositata

il 03/11/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

17/12/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.A. proponeva dinanzi al Tribunale di Potenza opposizione avverso l’ordinanza con cui gli era stato ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di L. 7.184.810 perche’, in violazione della L. n. 898 del 1986, art. 3 aveva indebitamente percepito l’aiuto comunitario al ritiro dei seminativi dalla produzione secondo quanto emerso dal verbale in cui si contestava che dalla complessiva superficie ritirata dalla coltivazione seminativa di ha 10.20.89, si era riscontrato che una superficie di ha 3.09.00 non era rispondente ai requisiti CEE per cui, essendo tale ultima superficie superiore al 10%, era stabilita la decadenza dal contributo; in particolare, la contestazione riguardava:

relativamente alla pari 98 la presenza di bosco di alto fusto di specie quercine per mq. 35.000, relativamente alla part. (OMISSIS) la presenza di un bosco di alto fusto di specie quercine di mq. 6.000 e quanto alla part. (OMISSIS) un bosco di alto fusto di circa 3.000 mq destinati ad uliveto.

A sostegno dell’opposizione, deduceva che la domanda di contributo era stata presenta a sua insaputa dalla conduttrice del fondo che poi l’aveva rilasciato, per cui non era a conoscenza dei terreni ai quali si riferisse il contributo; che aveva messo a riposo l’intero fondo di sua proprieta’ e non solamente quella parte oggetto del contributo; gli accertamenti dei verbalizzanti erano erronei perche’ una superficie non maggiore di 6.700 mq. era in realta’ boschiva la superficie dell’uliveto era seminativa per cui la superficie complessivamente inidonea ad essere ammessa al contributo era di mq.

6.700, inferiore al 10% L’Amministrazione chiedeva il rigetto dell’opposizione, rilevando che il requisito del terreno seminativo in attualita’ di coltura doveva essere posseduto nel periodo 1/9/1987 V 30/4/1988: in mancanza di detto requisito, non sussistevano le condizioni oggettive per la concessione del contributo.

Il Tribunale, con sentenza del 31 marzo 2004, accoglieva l’opposizione, osservando che, all’esito dell’indagine compiuta dal consulente tecnico d’ufficio, era risultato – contrariamente a quanto accertato dai verbalizzanti – che la superficie priva dei requisiti per essere ammessa a contributo era inferiore al 10% dell’intera superficie del terreno de quo.

Secondo il Giudicante, la determinazione della superficie, che non aveva i requisiti per essere ammessa a contributo indicata nel verbale di accertamento, non integrava la rappresentazione di un fatto coperta dalla fede privilegiata dell’atto pubblico ai sensi dell’art. 2700 c.c., essendo il frutto di valutazioni degli agenti che possono essere smentite dalla prova contraria. Al riguardo, il consulente aveva accertato che la superficie seminata coltivata a cereali e ritirata dalla produzione ammontava ad ha 6.85.35 per quanto concerneva l’ex seminativo lavorato meccanicamente e ad ha 2.36.18 per quanto riguardava l’ex seminativo lavorato manualmente per un totale di ha 9.21.53 inferiore al 10% di cui al decreto n. 63 del 1991, secondo cui in tale ipotesi la decadenza dall’aiuto comunitario e’ limitata alla sola parte interessata dall’irregolarita’, per cui non sussisteva la decadenza dal contributo.

Doveva escludersi l’illecito amministrativo contestato ai sensi della L. n. 898 del 1986, art. 2 per difetto dell’elemento soggettivo, tenuto conto che oggetto del ritiro e della messa a riposo erano stati non solo i seminativi relativi alle particelle menzionate nella domanda ma tutti i terreni di proprieta’ del ricorrente, che aveva tenuto in buone condizioni agronomiche : il che doveva portare ad escludere la dolosa o anche solo colposa indicazione di dati volti ad ottenere un contributo maggiore rispetto a quello cui l’opponente avrebbe avuto diritto, posto che il perfezionamento della fattispecie contestata presuppone che sia di fatto ritirata dalla produzione una superficie inferiore a quella formalmente dichiarata. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali sulla base di due motivi. Ha resistito con controricorso l’intimato depositando memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso sollevata dal resistente che ne ha dedotto la tardiva notificazione sul rilievo che al riguardo non potrebbe tenersi conto della data di consegna del ricorso all’ufficiale giudiziario in mancanza di sottoscrizione del timbro da questi apposto. Pur in assenza di sottoscrizione da parte dell’ufficiale giudiziario del timbro indicante gli importi riscossi per la notificazione, non possono nutrirsi ragionevoli dubbi che la data di consegna dell’atto da esso risultante ((OMISSIS)) sia stata apposta dall’ufficiale giudiziario che ha poi proceduto alla notifica, anche tenuto conto che il timbro reca il numero di registro cronologico.

Con il primo motivo il Ministero, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1986, art. 4, degli artt. 2699 e 2700 c.c. nonche’ omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) deduce l’errore in cui era incorso il Giudicante laddove aveva ritenuto che la determinazione della superficie priva dei requisiti per essere ammessa a contributo indicata nel verbale di accertamento, non integrava la rappresentazione di un fatto coperta dalla fede privilegiata detratto pubblico ai sensi dell’art. 2700 c.c.; al riguardo osserva che le misurazioni e la percezione dello stato della vegetazione – con riferimento al rilevamento della estensione del terreno che era apparso non coltivato in precedenza – compiute dai verbalizzanti non integravano valutazioni ma erano degli accertamenti obiettivi. Inoltre la motivazione era affetta da illogicita’ ed omissione laddove, a fronte delle documentate circostanze riferite dai verbalizzanti, la sentenza aveva preferito dare credito al giudizio del consulente tecnico.

Il motivo e’ infondato.

Occorre considerare che nella specie la ricognizione e la descrizione del tipo di colture e di vegetazione riscontrati dai verbalizzanti al momento del sopralluogo sono circostanze di fatto assistite dalla fede privilegiata dell’atto pubblico, mentre tale efficacia non possono avere le valutazioni compiute dai verbalizzanti sulla natura ed estensione del terreno al momento della presentazione della domanda, in quanto sono il frutto non di constatazioni obiettive ma di deduzioni compiute dai verbalizzanti. Ed invero, il Giudicante, nel disattendere le conclusioni alle quali erano pervenuti gli agenti, ha condiviso gli accertamenti compiuti dal consulente tecnico. Al riguardo, il ricorrente si limita da invocare quanto emerso nel verbale e con le controdeduzioni formulate in sede amministrativa dall’amministrazione, sostanzialmente censurando l’apprezzamento delle risultanze istruttorie che e’ riservato all’indagine di fatto riservata al giudice di merito ed e’ sottratto al sindacato di legittimita’. In proposito occorre evidenziare che il vizio di motivazione per omesso esame deve avere ad oggetto la mancata valutazione di una prova che abbia il carattere della decisivita’ nel senso che – se esaminata – avrebbe dovuto portare con certezza a una decisione diversa e dunque non puo’ consistere nel non avere dato rilevanza ad elementi suscettibili di essere variamente apprezzati nell’ambito delle complessive risultanze processuali. Il ricorrente si limita a dedurre che il Giudicante aveva dato prevalenza alla consulenza, senza peraltro denunciare specificamente vizi od errori compiuti dal consulente, vizi od errori che avrebbe dovuto dimostrare trascrivendo il testo della consulenza medesima.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 898 del 1986, art. 4 e delle norme in tema di imputazione colposa dell’illecito amministrativo nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza impugnata che erroneamente aveva escluso l’elemento soggettivo dell’illecito, posto che la indicazione nella domanda di particelle di terreno inferiori a quelle per le quali era stato richiesto il contributo era frutto di una illazione del c.t.u. neppure allegato da controparte e in ogni caso non provata. La colpa, che prescinde dalla consapevolezza del falso da parte del percettore degli aiuti comunitari, era determinata dalla circostanza di avere l’opponente indicato nella domanda superfici di terreno prive dei requisiti prescritti.

Il motivo e’ fondato.

Va premesso che, secondo quanto accertato dalla sentenza impugnata, la domanda di contributo, originariamente presentata dalla affittuaria del fondo dell’opponente, era stata poi dal medesimo ribadita e che, a stregua degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico d’ufficio, il F. aveva messo a riposo non solo i terreni per quali era stata chiesto il contributo ma tutti i terreni di sua proprieta’: il Tribunale ha ritenuto che doveva escludersi, a stregua dei presupposti per il perfezionamento della fattispecie contestata, che la superficie ritirata dalla produzione fosse inferiore a quella formalmente dichiarata. Orbene, la circostanza alla quale ha fatto riferimento il Tribunale per escludere la dolosa o anche colposa esposizione di notizie false prevista dalla norma di cui alla L. n. 898 del 1986, – l’avere il F. messo a riposo terreni seminativi maggiori ed ulteriori rispetto a quelli indicati nella domanda – e’ del tutto irrilevante, atteso che la richiesta di aiuti comunitari sulla base di dati affermati dall’istante sotto la propria responsabilita’, presuppone che sia stata preventivamente concordata la rispondenza alla realta’ dei dati comunicati. Pertanto, colui che consegue il beneficio comunitario riservato a terreni seminativi, affermando contrariamente alla realta’, la sussistenza in concreto, di tale carattere nel terreno di cui si tratta, e’ passibile della sanzione amministrativa di cui alla L. 23 dicembre 1986, n. 898, art. 2 concretizzando la sua falsa affermazione di per se’ l’elemento psicologico della colpa, richiesto dalla L. n. 689 del 1981, art. 3 ed a nulla rilevando l’errore di fatto intervenuto sulle reali caratteristiche del terreno, dovuto a mancato controllo delle stesse o alla eventuale maggiore estensione della superficie effettivamente ritirata dalla produzione rispetto a quella indicata in domanda, per cui il richiedente avrebbe avuto in concreto diritto a contributi di maggiore importo: la colpa e’ ravvisabile nella inosservanza della diligenza da parte del richiedente il contributo nel verificare che i terreni indicati nella domanda avessero i requisiti prescritti dalla legge per ottenere l’aiuto comunitario (Cass. 9862/2006).

La sentenza va cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Potenza in persona di altro magistrato.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo del ricorso rigetta il primo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Potenza in persona di altro magistrato.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 17 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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