Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3782 del 15/02/2021

Cassazione civile sez. III, 15/02/2021, (ud. 26/10/2020, dep. 15/02/2021), n.3782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. OLIVIERI Stefano – Presidente –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28044/2018 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in Roma, alla via A.

Friggeri n. 103 Sc D int. 9, presso lo studio dell’avvocato

Fiandanese Chiara, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato Gatti Roberta Manuela;

– ricorrente –

contro

Società Cooperativa Edilizia Cà Mia a r.l., in persona del legale

rappresentante in carica, elettivamente domiciliato in Roma, alla

via Ronciglione n. 3, presso lo studio dell’avvocato Gullotta Fabio,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati Sozzi

Cristina, e Perego Giancarlo;

– controricorrente –

e contro

UnipolSai Assicurazioni S.p.a., in persona del legale rappresentante

in carica, elettivamente domiciliato in Roma, alla via di Santa

Costanza n. 27, presso lo studio dell’avvocato Marini Lucia, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Fedeli Renato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3215/2018 della CORTE d’APPELLO di MILANO,

depositata il 29/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/10/2020 dal Consigliere Dott. Cristiano Valle, osserva quanto

segue.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I) C.M. venne convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Monza, dalla Società Cooperativa Cà Mia a r.l. per il risarcimento dei danni alla stessa arrecati nella sua qualità di professionista incaricato di provvedere agli adempimenti fiscali, che erano stati in alcuni casi, con riferimento a talune annualità, in particolare l’anno 2001, omessi, e comunque i cui versamenti, per IRES e ICI, effettuati in modo inesatto e incompleto, con conseguente recupero del credito IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate, mediante escussione della garanzia fideiussoria accesa presso UnipolSai S.p.a. dalla Cà Mia e irrogazione di sanzioni mediante cartelle esattoriali.

I.1) Il Tribunale di Monza accolse la domanda e, rigettata la richiesta di manleva del C. nei confronti di UnipolSai s.p.a. quale assicuratrice della sua responsabilità professionale -, condannò il convenuto a versare alla Soc. coop. a r.l. Cà Mia la complessiva somma di Euro 685.641,96 oltre interessi a titolo di risarcimento danni per la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi 2001, con conseguente ripetizione del credito IVA da parte dell’Agenzia delle Entrate già rimborsato, emissione di cartelle esattoriali, spese legali relative ai diversi gradi di giudizio tributari instaurati e per errori e omissioni riguardanti i versamenti IRES per le annualità 2005-2007 e i versamenti di ritenute alla fonte sui redditi da lavoro autonomo relativi all’annualità 2005.

I.2) C.M. gravò di appello la sentenza di primo grado.

I.3) In fase di impugnazione resistettero la Società Coop. a r.l. Cà Mia e UnipolSai s.p.a., che aderì in parte alla prospettazione difensiva del C. ma chiese in ogni caso la conferma della sentenza, in punto di rigetto della manleva.

I.4) Con sentenza n. 03215 del 29/06/2018 la Corte di Appello di Milano accolse parzialmente l’impugnazione, così provvedendo:

“in parziale accoglimento dell’appello, e in riforma della sentenza del Tribunale di Monza che conferma nel resto, condanna C.M. a versare alla Cooperativa Cà Mia a r.l. la somma di Euro 580.195.44, oltre interessi legali dal 26.6.2013 e al saldo”; con compensazione di un quinto delle spese di entrambi i gradi tra l’appellante e la Società cooperativa a r.l. Cà Mia e compensazione totale nei confronti di UnipolSai s.p.a.

I.5) C.M. impugna, con atto affidato a sei motivi, la sentenza della Corte d’Appello di Milano.

I.6) Resiste con controricorso la Società cooperativa Cà Mia a r.l. 1.7) Resiste, altresì, con proprio controricorso, la UnipolSai S.p.a..

I.8) Il P.G. non ha presentato conclusioni.

I.9) Il ricorrente e Cà Mia Società coop. a r.l. hanno depositato

memorie per l’adunanza camerale del 25/02/2020, alla quale la causa era stata originariamente fissata, ma non venne trattata.

I.10) Il deposito di memorie è stato reiterato dal ricorrente per l’adunanza camerale del 26/10/2020, per la quale UnipolSai S.p.a. ha pure presentato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

II) I sei motivi di ricorso censurano come segue la sentenza d’appello: i primi quattro attengono ai capi di sentenza relativi al rapporto tra C. e Cà Mia società coop. a r.l. e i restanti due i rapporti tra lo stesso C. e UnipolSai S.p.a.

II.1) Il primo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la Corte d’Appello ritenuto dovuta la somma di Euro 357.225,00 a titolo di mancato rimborso dell’IVA, in assenza di prova o verifica relativa alla spettanza del credito IVA in favore della società cooperativa.

II.2) Il secondo mezzo censura la sentenza, sempre con riferimento all’affermazione circa la debenza della somma di Euro 357.225,00, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la Corte territoriale affermato, in maniera illogica e contraddittoria, che la spettanza del credito IVA fosse dovuta anche nell’ipotesi di errore nell’elaborazione contabile del credito, siccome conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento del commercialista.

II.3) Il terzo motivo deduce, in relazione alla debenza della somma di Euro 204.708,44, violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e artt. 1218,1223,2967 e 2041 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per aver ritenuto dovuto l’importo a titolo di risarcimento del danno, in assenza di prova relativa all’avvenuto pagamento da parte della Cooperativa di detta somma all’Agenzia delle Entrate, quindi in assenza di esborso.

II.4) Il quarto mezzo, ancora con riferimento all’affermazione circa la debenza della somma di Euro 204.708,44, censura la sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, “in quanto la motivazione è illogica e contraddittoria, poichè la corte si è contraddetta nell’applicazione di un principio di diritto, ovvero per avere escluso la prova dell’effettività dell’esborso, laddove invece detta prova fosse stata assunta a principio di diritto al fine dell’esclusione di un altro danno in un altro passaggio della sentenza.”.

II.5) Il quinto motivo del ricorso censura la sentenza per violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per aver omesso di considerare il seguente fatto decisivo: risulta che la polizza Assicurativa (OMISSIS) fosse a rinnovo tacito, quindi che il contratto assicurativo n. (OMISSIS) si fosse rinnovato tacitamente in data (OMISSIS).

II.6) Il sesto, e ultimo, motivo deduce violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 1901 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, “per aver ritenuto che non vi fosse copertura assicurativa. La Corte ritiene che la polizza (OMISSIS) non fosse più operante non perchè sostituita ma perchè stornata il 15/06/2012 e che nemmeno operasse la Polizza (OMISSIS) stante la mancanza di prova, a carico del Dott. C., in ordine alla successione nel tempo senza soluzione di continuità tra le due polizze assicurative sottoscritte dal Dott. C. con Unipolsai assicurazioni s.p.a. ((OMISSIS) e (OMISSIS)).”.

III) I primi due motivi di ricorso possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi.

Il primo mezzo è incentrato sul mancato accertamento del credito IVA e il secondo motivo contesta l’affermazione secondo cui era irrilevante l’accertamento del credito IVA, in quanto “se anche non fosse spettato” vi sarebbe stato un errore imputabile al C. per inesatta prestazione.

III.1) I due mezzi sono fondati.

La motivazione mediante rinvio (cd. per relationem) della Corte di Appello alla sentenza di prime cure, del Tribunale di Monza, travisa il contenuto della sentenza di questa Corte (Cass. n. 04398 del 23/02/2018), che, come risulta dalla motivazione, aveva precisato che non vi era motivo di ricorso da parte della Società cooperativa Cà Mia inerente la spettanza del diritto a detrazione IVA – ossia al credito di rimborso IVA – ma solo contestazione circa l’utilizzo dello strumento del controllo formale automatico per verificare la non spettanza del credito di rimborso. La stessa sentenza di questa Corte precisa ancora (pag. 6 e 8) che il controllo formale era legittimo in quanto limitato a constatare la irregolarità della procedura di richiesta rimborso IVA (per mancata iscrizione del credito nella dichiarazione 2001 che era stata del tutto omessa), mentre rimaneva impregiudicata la questione dell’accertamento del diritto sostanziale alla detrazione ed al credito di rimborso IVA che in virtù dell’arresto della giurisprudenza nomofilattica (Sez. U. n. 17757 del 08/09/2016 Rv. 640943-01 poteva pur sempre essere dimostrato con le prove della effettiva attività economica svolta).

La violazione di legge della sentenza dell’appello consiste nell’avere effettuato una errata equazione tra esistenza del credito di rimborso IVA e sentenza della Corte di Cassazione n. 04398 del 2018, avendo la Corte territoriale ritenuto erroneamente che quest’ultima abbia accertato la esistenza del credito. Tale unica motivazione per relationem, non è idonea a sorreggere la statuizione della sentenza impugnata, che individua il danno nella perdita di un credito di rimborso il cui accertamento non può ricavarsi e fondarsi esclusivamente sulla sentenza di questa Corte n. 04398 del 2018, dovendo invece essere accertato se la società Cà Mia, qualora avesse presentato, successivamente all’esito negativo del giudizio tributario, autonoma domanda all’Ufficio imposte, avrebbe ottenuto il rimborso del credito 2001. Sul punto deve osservarsi che le irregolarità nascono dalla esposizione, nelle dichiarazioni 2002 e 2003 della Cà Mia Soc. coop. a r.l., di un credito IVA relativo all’anno 2001, anno per il quale non era stata presentata alcuna dichiarazione d’imposta in cui avrebbe dovuto essere inserita la richiesta di rimborso, ma tale vizio della omessa contestuale presentazione della istanza di rimborso nella stessa dichiarazione fiscale del relativo anno di imposta, incide esclusivamente sulla possibilità della società di operare direttamente il recupero della maggiore IVA pagata nel 2001 mediante detrazione applicata sull’IVA complessivamente dovuta per il successivo anno 2002 ma non incide, invece, sulla possibilità di chiedere, a parte, ugualmente il rimborso di tale credito del 2001, presentando al Fisco una autonoma domanda che segue una autonoma procedura di liquidazione, previo accertamento della spettanza del diritto – ossia a seguito della verifica del compimento effettivo delle operazioni fatturate e dell’applicazione su di esse dell’IVA – (si richiamano, in materia: Cass. n. 00268 del 12/01/2012 Rv. 621228 – 01; Cass. n. 01845 del 29/01/2014 Rv. 629500 – 01; Cass. n. 12313 del 15/06/2016 Rv. 640082 – 01 e Cass. n. 20573 del 31/07/2019 Rv. 654866 – 01).

III.2) La motivazione della Corte d’Appello non è, altresì, centrata laddove confonde del tutto il concetto di inadempimento (per inesattezza della prestazione professionale) con quello di responsabilità avente ad oggetto l’obbligazione risarcitoria: quest’ultima sussiste solo se venga accertata la esistenza e l’ammontare del danno. Quindi se il credito IVA era fittizio o richiesto fraudolentemente, o ancora non risultava contabilizzato nelle scritture o mancavano le fatture, tale credito rimaneva indimostrato e dunque non poteva considerarsi “perdita patrimoniale”.

In tema rileva il Collegio quanto segue: le cartelle esattoriali seguivano ai controlli meramente formali attinenti mere irregolarità procedimentali; nel corso del giudizio tributario nessuno aveva, invece, posto anche la questione del riconoscimento (o della negazione) dei fatti costitutivi del credito IVA (come infatti rilevato da questa Corte nella richiamata sentenza n. 04398 del 2018); neppure vi è prova se la Società Coop. Cà Mia abbia poi chiesto, successivamente, in separato giudizio o procedimento l’accertamento del credito (come pacificamente ammesso dalla giurisprudenza).

La sentenza della Corte di Appello è errata perchè omette proprio l’accertamento del danno in questione: essa sovrappone, ossia confonde, il danno da perdita definitiva del credito IVA (che si sarebbe verificato, ad es. nel caso in cui fosse intervenuta, a causa dell’inadempimento professionale, la decadenza dal diritto di chiedere il rimborso), con il danno relativo alla situazione di incertezza determinatasi (giacchè prima venne concesso il rimborso, poi questo venne recuperato con la polizza fideiussoria, con conseguente necessità da parte di Cà Mia di rimborsare UnipolSai S.p.a. – ossia ritrasferire all’assicuratore l’importo del credito IVA già percepito – e pagare sanzioni ed interessi).

Il travisamento sul punto ha, altresì, comportato il rigetto della richiesta di consulenza di ufficio, proposta dal C..

IV) Ragioni di ordine logico impongono l’esame del quarto motivo di ricorso in via prioritaria rispetto al terzo.

Il quarto mezzo di ricorso deduce illogicità della motivazione per non aver richiesto i giudici di merito, quanto al “residuo debito” di Euro 204.077,00, ancora dovuto all’Agenzia delle Entrate, la prova del versamento effettivo, ossia dell’esborso, criterio invece applicato, dalla stessa Corte di Appello, in relazione ad altro importo – quello per spese legali – indicato in fattura, ma ritenuto non provato, con conseguente defalco dalla posta risarcitoria, in quanto la fattura non risulta quietanzata.

IV.1) Il mezzo è fondato.

La Corte d’Appello afferma che il detto debito di Euro 204.077,00 è definitivo in quanto accertato con sentenza passata in giudicato: però ciò avrebbe potuto consentire una condanna del C. condizionata all’effettivo esborso da parte della Coop. che in concreto, tuttavia, non risulta esservi stato, nè l’attualità dell’esposizione debitoria di Cà Mia consentiva di condannare il C. ad anticipare alla detta danneggiata l’esborso che verrebbe a costituire il danno. Il percorso motivazionale circa detta somma, da parte della Corte territoriale, è contraddittorio rispetto al criterio seguito, nella stessa sentenza, per il credito per spese legali, non riconosciuto in quanto non ne era stato provato l’effettivo esborso.

V) Il terzo motivo, formulato con riferimento alla violazione di legge, ma che in concreto pare censurare un accertamento di fatto, ed è pure relativo alla somma di Euro 204.077,00 è assorbito dall’accoglimento del quarto mezzo.

VI) Con riferimento, pertanto, ai capi di sentenza relativi alla posizione del C. nei confronti della Società cooperativa a r.l. Cà Mia sono accolti il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, con assorbimento del terzo.

VII) I successivi due motivi di ricorso attengono alla posizione di C.M. nei confronti della sua assicuratrice per la responsabilità professionale, UnipolSai s.p.a. (che per coincidenze era anche la società che aveva prestato la fideiussione in favore di Cà Mia escussa dall’Agenzia delle Entrate).

I detti due mezzi sono formulati il quinto sulla base dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omessa considerazione che la polizza (OMISSIS) fosse a rinnovo tacito.

Il sesto motivo per violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 1901 c.c..

VII.1) I due motivi possono essere congiuntamente trattati, in quanto strettamente connessi.

Essi sono, entrambi, in parte inammissibili e in parte infondati, per quanto di seguito esposto.

VII.2) In ricorso non viene specificato neppure se la questione del rinnovo tacito fosse stata oggetto di discussione – la circostanza appare, peraltro, irrilevante a fronte del rilievo della Corte d’Appello per cui quella polizza era stata disdetta da UnipolSai S.p.a. a causa del mancato pagamento del premio – e in ogni caso il quinto motivo tende a rimettere in discussione una valutazione di merito compiutamente effettuata dalla Corte territoriale.

In ogni caso i due motivi, riguardanti le polizze assicurative, non osservano i requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 6, in quanto il ricorso non trascrive le polizze e non consente e di esaminare la clausola rinnovo tacito, nè indica i documenti di pagamento dei premi, nè indica in che luogo del fascicolo essi possono trovarsi.

La difesa del C. non spiega come sia possibile un “rinnovo tacito”, fondato su una polizza anteriormente cessata per disdetta (stornata) al 15/06/2012. In ricorso si ipotizza un numero identico di polizza, quando, viceversa, la Corte d’Appello individua chiaramente due diversi numeri di polizza: quello di (OMISSIS) e quello di (OMISSIS), evidenziando il “vuoto” creatosi tra la disdetta della prima e l’inizio di operatività della seconda

VII.3) La tesi della perdurante efficacia della polizza (OMISSIS) per la durata di sei mesi (periodo che risulterebbe incluso tra il 15/06/2012 ed il 10/12/2012), è infondata per quanto di seguito rileva:

1) la sospensione della copertura assicurativa può essere interrotta solo dal pagamento del premio, che, pacificamente, non vi fu;

2) UnipolSai S.p.a. non ha agito per la riscossione del premio (OMISSIS) nei sei mesi, e dunque il contratto venne risolto di diritto (ope juris), ma, ancor prima, l’assicuratrice aveva “stornato” la polizza (il che significa che aveva manifestato una volontà incompatibile con il mantenimento della sospensione);

3) la stipula di un nuovo contratto (OMISSIS) (quando anche il relativo premio fosse stato pagato il 10/12/2012) non integra richiesta del vecchio premio e non fa rivivere pertanto il precedente contratto: ossia nel periodo 10-15/12/2012 avrebbero eventualmente potuto coesistere due contratti, il primo sospeso, il secondo attivo ed il primo risolto di diritto il 15/12/2012 (ma come si è visto questa è una ipotesi, perchè invece il primo contratto è stato stornato anticipatamente).

Del tutto è errata la tesi per cui il contratto sospeso continua ad essere efficace perchè l’assicuratore ha diritto al premio per almeno un certo periodo: la norma dell’art. 1901 c.c., comma 3, viene soltanto ad estendere al contratto di durata assicurativo il principio dell’art. 1458 c.c., secondo cui le parti non possono ripetere le prestazioni corrispettive già eseguite (tra l’altro il ricorso neppure indica se le polizze erano a premio unico od a pagamento di premio rateizzato).

VII.4) La prospettazione difensiva esposta in ricorso non regge anche alla luce della clausola 7.7 della polizza (OMISSIS), che consente il collegamento senza soluzione di continuità se le due polizze messe in sequenza siano state incessantemente vigenti ossia efficaci, il che nella specie non si è verificato in quanto, come scritto in precedenza, la polizza (OMISSIS) era stata sospesa e, quindi non era (più) efficace.

Infine, e con riferimento alla successione cronologica della copertura assicurativa, deve rilevarsi che la polizza (OMISSIS) era l’unica a coprire il periodo 2007-2012 e non anche il periodo precedente, nel quale venne a verificarsi il mancato rimborso del credito IVA: ne consegue che il danno cui essa avrebbe dovuto soccorrere non era certo la restituzione dell’indebito IVA, ma soltanto gli altri danni relativi ad “interessi e sanzioni” pagati dalla Società Cà Mia per mancati versamenti IRES, ICI e ritenute alla fonte per gli anni dal 2005 al 2007.

VII.5) Il quinto e il sesto motivo sono, conseguentemente, dichiarati inammissibili.

VIII) La sentenza impugnata è cassata in relazione ai motivi accolti e la causa è rinviata alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che, nel deciderla, si atterrà a quanto in questa sede statuito, non potendosi decidere allo stato degli atti in quanto sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, in particolare avuto riguardo all’accertamento ed alla liquidazione dei danni.

IX) Il giudice di rinvio designato provvederà, altresì, alla regolamentazione delle spese di questo giudizio di legittimità nei rapporti tra C.M. e Società Coop. a r.l. Cà Mia.

IX.1) Le spese di lite di questo giudizio di legittimità tra C.M. e UnipolSai S.p.a. seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, tenuto conto dell’attività professionale e del valore della causa.

X) Conformemente all’enunciato, più recente, della giurisprudenza nomofilattica (Sez. U. n. 04315 del 20/02/2020 Rv. 657198 – 04: “II giudice dell’impugnazione non e tenuto a dare atto della non sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato quando il tipo di pronuncia non e inquadrabile nei tipi previsti dalla norma (pronuncia di integrate rigetto o di inammissibilità o di improcedibilità dell’impugnazione), dovendo invece rendere l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 quater, T.U.S.G., solo quando tali presupposti sussistono”), trattandosi di fattispecie di accoglimento – sebbene soltanto parziale – del ricorso, non deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il cd. raddoppio del contributo unificato.

PQM

accoglie il primo, il secondo e il quarto motivo di ricorso, assorbito il terzo;

cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese di questo giudizio;

rigetta il quinto e il sesto motivo e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore di UnipolSai S.p.a., che liquida in Euro 6.700,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 26 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021

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