Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3781 del 15/02/2021

Cassazione civile sez. III, 15/02/2021, (ud. 21/10/2020, dep. 15/02/2021), n.3781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20130/2018 proposto da:

D.B.P.A., rappresentato e difeso dagli avvocati

ADRIANO DI FALCO, e ALBERTO CAVACIOCCHI, ed elettivamente

domiciliato in Prato, presso lo studio del secondo, in via San

Jacopo 25, pec: albertocavaciocchi.pec.avvocati.prato.it;

– ricorrente –

contro

S.S., M.C., REALE MUTUA ASSICURAZIONI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2870/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 20/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/10/2020 dal Consigliere Dott. ANNA MOSCARINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il notaio D.B.A. convenne in giudizio davanti al Tribunale di Prato i legali S.S. e M.C. per sentir accertare la loro responsabilità nell’esercizio della professione di avvocato per avere le medesime svolto in modo irregolare una prestazione professionale relativa al recupero di un credito vantato dal notaio nei confronti della società (OMISSIS) srl e dei garanti N.E. e società Di Valico Immobiliare srl.

Il notaio rappresentò che, a fronte dell’incarico conferito alle due professioniste, di recuperare il credito comprovato da ricognizioni di debito a firma della N. e da assegni bancari protestati emessi dalla medesima, il Tribunale di Prato aveva emesso un decreto provvisoriamente esecutivo per la somma complessiva di Euro 150.397,68 oltre interessi e spese in forza del quale era stata iscritta ipoteca di pari importo sui beni immobili dei garanti; erroneamente nel ricorso per decreto ingiuntivo non era stata inserita la voce di credito relativa alla penale, pari al 10% del capitale, ai sensi della L. n. 386 del 1990, art. 3 e che tale mancata richiesta e conseguente impossibilità di iscrivere ipoteca per il corrispondente importo di Euro 14.977,25 aveva comportato la perdita definitiva della garanzia del credito anche perchè la società (OMISSIS) era stata nel frattempo dichiarata fallita.

Le convenute, costituendosi in giudizio, eccepirono che il ricorso per decreto ingiuntivo era stato firmato anche dal notaio il quale, in ragione della sua competenza professionale, avrebbe dovuto avere specifica conoscenza dei diritti derivanti dalla L. n. 386 del 1990, art. 3 e che in ogni caso la pretesa risarcitoria avrebbe dovuto considerarsi inesistente posto che il decreto ingiuntivo era stato emesso sulla base di assegni protestati tratti sul conto della Di Valico Immobiliare srl, risultata impossidente.

2. Il Tribunale adito, con sentenza n. 1574 del 17/12/2012, rigettò la domanda perchè il soggetto attivo della violazione di cui alla L. n. 386 del 1990, art. 2, era la Di Valico immobiliare srl, soggetto ab origine impossidente, sicchè doveva ritenersi mancare la prova del nesso causale tra l’omissione delle professioniste ed il danno.

3. Il D.B. propose appello sostenendo che, essendo stati gli assegni sottoscritti dalla N.E. senza spendita del nome della Di Valico Immobiliare srl, l’unico soggetto obbligato ai pagamento della penale sarebbe stata la N.; che l’errore era imputabile esclusivamente alle due professioniste incaricate e che il danno subito corrispondeva alla somma di Euro 14.977,25, importo divenuto irrecuperabile in sede esecutiva in mancanza di iscrizione ipotecaria; il danno ed il nesso causale dovevano ritenersi provati atteso il buon esito dell’esecuzione nei limiti della minor somma richiesta, garantita con iscrizione ipotecaria.

Le due professioniste si costituirono in giudizio resistendo all’appello.

4. La Corte d’Appello di Firenze, con sentenza n. 2819 del 20/12/2017, ha, in base al criterio della cd. “ragione più liquida”, rigettato l’appello ritenendo che il danneggiato non avesse fornito la prova del nesso causale tra la condotta ed il danno, e cioè che, in ipotesi di ingiunzione dell’ulteriore somma di Euro 14.977,25, il credito sarebbe stato soddisfatto. In applicazione dei principi sulla responsabilità civile del professionista, il cliente avrebbe dovuto provare noi solo di aver sofferto un danno ma anche che il medesimo fosse stato causato dall’insufficiente o inadeguata attività del professionista e che, in ragione dell’art. 1223 c.c., fosse stata dimostrata l’esistenza concreta di un danno, consistente nella diminuzione patrimoniale. Il cliente, in altri termini, avrebbe dovuto provare che l’attività omessa, ove svolta, avrebbe concretamente impedito la produzione del danno secondo il criterio del “più probabile che non”, in quanto l’accertamento del rapporto di causalità ipotetica derivante dalla condotta omissiva passa attraverso l’enunciato “controfattuale” che pone al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, alla luce del quale deve essere verificato se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato.

In mancanza di prova del nesso causale tra la condotta ed il danno la Corte ha rigettato l’appello. Ha infatti ritenuto essere incontestata la circostanza dell’incapienza di Di Valico Immobiliare srl, il fallimento di (OMISSIS) srl nè in alcun modo dimostrata la solvibilità della N., cioè del soggetto ritenuto responsabile del pagamento della penale.

5. Avverso la sentenza, che ha condannato l’appellante alle spese del grado, il notaio D.B. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo. Nessuno ha svolto attività difensiva da parte resistente.

6. La causa è stata assegnata alla trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso – violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – il ricorrente si duole che la corte territoriale non abbia considerato le allegazioni documentali, depositate tardivamente ma comunque acquisibili in giudizio ai sensi dell’art. 345 c.p.c., dalle quali si evinceva che egli aveva recuperato la sorte capitale, gli interessi e le ulteriori spese anche delle procedure esecutive, sicchè avrebbe certamente recuperato anche l’importo previsto a titolo di penale del 10% ove questo fosse stato tempestivamente richiesto nel relativo decreto. Il ricorrente assume di aver dimostrato, nel giudizio di merito, di aver già recuperato una somma importante e che, ove il giudice avesse ritenuto di rimettere la causa sul ruolo per la produzione di documentazione formatasi dopo la fine del giudizio di primo Grado, egli avrebbe dato la prova di aver riscosso la somma di Euro 219.374,17. Conseguentemente il giudice avrebbe dovuto ritenere provato il nesso di causalità tra la condotta omissiva ed il danno nè vi sarebbero stati elementi, ad avviso del ricorrente, per ritenere che la N. non fosse solvibile.

1.1. Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi dell’impugnata sentenza, non adeguatamente censurata, secondo la quale in base al principio del “più probabile che non” il ricorrente non aveva fornito prova dell’esistenza concreta di un danno, consistente in una diminuzione patrimoniale. Il ricorrente avrebbe dovuto, in altri termini, dimostrare che l’attività omessa, ove svolta, avrebbe concretamente impedito la produzione del danno, in base all’enunciato controfattuale che pone al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, alla luce del quale deve essere verificato se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato.

Questa ratio decidendi non è affatto censurata dal ricorrente sicchè il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Non occorre provvedere sulle spese. Si dà, invece, atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del cd. “raddoppio” del contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Nulla spese. Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 21 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2021

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