Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3781 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. I, 14/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 14/02/2020), n.3781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TRIA Luca – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 36053/2018 proposto da:

A.F., elettivamente domiciliato in Roma V.le Angelico 38

presso lo studio dell’avvocato Roberto Maiorana che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale allegata al ricorso, ammesso in via

anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello Stato;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 401/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 31/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/11/2019 dal Cons. Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

Fatto

RITENUTO

che:

1. A.F., cittadino della Nigeria, ricorre, affidandosi a due motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Perugia che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del Tribunale con la quale era stato confermato il provvedimento della Commissione territoriale di Firenze, sezione Perugia, che aveva negato la protezione internazionale richiesta, declinata in via gradata nelle fattispecie di “stato di rifugiato”, “protezione sussidiaria” e “protezione umanitaria”.

1.1. Per ciò che qui interessa le censure proposte sono riferite soltanto al diniego di protezione sussidiaria ed al mancato rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie.

2. Il Ministero dell’Interno intimato non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14: lamenta la mancata concessione della protezione sussidiaria cui egli aveva diritto ex lege in relazione alle attuali condizioni socio politiche del paese.

1.1.Deduce che non era stata utilizzata dalla Corte territoriale alcuna fonte informativa aggiornata sulla quale fondare una ponderata valutazione dei presupposti della tutela invocata.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3. Premesso che il ricorrente, a fondamento della fuga dal paese di origine ha dedotto di essersi allontanato “per motivi di carattere economico e per minacce di morte non meglio precisate” (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata), e che la Corte territoriale ha statuito, in modo invero sintetico ma sufficiente, che la situazione narrata non rientrava in alcuna delle ipotesi di persecuzione individuate dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 si osserva che la censura al riguardo proposta è totalmente priva di specificità, non evidenziando, rispetto alla statuizione della Corte d’Appello, la prospettazione di una diversa realtà, al fine di consentire a questa Corte di apprezzare la violazione dedotta.

1.4. Il ricorrente, infatti, lamenta l’omesso adempimento del dovere di cooperazione istruttoria del giudice laddove la ratio decidendi del rigetto dell’impugnazione era fondata sulla non riconducibilità delle ragioni – meramente economiche – che lo avevano spinto alla fuga alle tre ipotesi previste dalla norma invocata (a) condanna a morte; b) pericolo di essere sottoposto a tortura o altro trattamento inumano e degradante; c) minaccia grave alla vita derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato).

1.5. La censura, pertanto, è priva di specificità in relazione alle statuizioni impugnate, tenuto conto che rispetto alle minacce di morte che la Corte territoriale afferma essere “non meglio precisate” (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata), il ricorrente ha omesso di formulare una critica specifica e di riportare il motivo d’appello volto a contrastare la statuizione ed a prospettare concretamente il rischio paventato.

1.6.Al riguardo, questa Corte ha affermato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui “in tema di protezione internazionale sussidiaria, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ove il richiedente invochi l’esistenza di uno stato di diffusa e indiscriminata violenza nel Paese d’origine tale da attingerlo qualora debba farvi rientro, e quindi senza necessità di deduzione di un rischio individualizzato, l’attenuazione del principio dispositivo, cui si correla l’attivazione dei poteri officiosi integrativi del giudice del merito, opera esclusivamente sul versante della prova, non su quello dell’allegazione; ne consegue che il ricorso per cassazione deve allegare il motivo che, coltivato in appello secondo il canone della specificità della critica difensiva ex art. 342 c.p.c., sia stato in tesi erroneamente disatteso, restando altrimenti precluso l’esercizio del controllo demandato alla S.C. anche in ordine alla mancata attivazione dei detti poteri istruttori officiosi. (cfr ex multis Cass. 13403/2019 ed in termini Cass. 1479/2018).

1.7. In mancanza di ciò, la censura non può trovare ingresso in sede di legittimità.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6: assume che non poteva essere rifiutato il permesso di soggiorno allo straniero qualora ricorressero seri motivi di carattere umanitario. Deduce altresì la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero che incorra nel rischio di persecuzione nel suo paese di origine.

2.1.Anche tale censura è inammissibile per mancanza di specificità. 2.2. Il ricorrente, infatti, si è limitato ad enunciare il contenuto della normativa vigente (cfr. pagg. 6, 7, 8 e 9), senza nulla dedurre in merito alla sua peculiare condizione (della quale nulla si dice nel ricorso) e senza pertanto offrire a questa Corte elementi sui quali fondare l’apprezzamento dell’errore denunciato, con riferimento sia alla omessa valutazione del grado di integrazione da lui raggiunto sia alla mancanza di comparazione rispetto alla condizione in cui verrebbe a trovarsi – quanto al rispetto dei diritti fondamentali nell’ipotesi di rimpatrio (cfr. Cass. 4455/2018; Cass. 29460/2019).

3. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

4. La mancata difesa dell’intimato esime la Corte dalla decisione sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

P.Q.M.

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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