Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37792 del 01/12/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/12/2021, (ud. 18/05/2021, dep. 01/12/2021), n.37792

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

Dott. GIAIME GUIZZA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14591-2020 proposto da:

BELICE FORMAGGI SNC DI V.O. & C., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI N. 268/A, presso lo studio dell’Avvocato

PAOLO PANNELLA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

DE RIGO REFRIGERATION SRL con socio unico, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

VALSAVARANCIIE, 46 SC.D, presso lo studio dell’Avvocato MARCO

CORRADI, rappresentata e difesa dall’Avvocato STEFANO PETRONIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 250/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 27/01/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dei 18/05/2021 dai Consigliere Relatore Dott. GIAIME

GUIZZI STEFANO.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

– che la società Belice Formaggi S.n.c. di V.O. & C. (d’ora in poi, Belice Formaggi”) ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 250/20, del 27 gennaio 2020, della Corte di Appello di Venezia, che – respingendo il gravame dalla stessa esperito avverso la sentenza n. 682/14, dell’H dicembre 2014, del Tribunale di Belluno – ha confermato il rigetto della domanda proposta dall’odierna ricorrente, nonché la condanna della stessa a pagare alla società De Rigo Refrigeration S.r.l. (d’ora in poi, “De Rigo”) la somma di 100.000,00, oltre interessi legali;

– che, in punto di fatto, la Belice Formaggi riferisce di aver convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Marsala, sezione distaccata di Partanna (Tribunale dichiaratosi incompetente, in favore di quello di Belluno, innanzi al quale la causa veniva riassunta), la società De Rigo, per ottenere la condanna della stessa all’esatto adempimento della prestazione dovuta – oltre al risarcimento, in via accessoria, dei danni conseguenti al ritardato adempimento – ovvero, in via di subordine, la risoluzione del contratto di vendita per inadempimento della società convenuta, con condanna alla restituzione della caparra, al risarcimento dei danni conseguenti alla risoluzione del contratto e a quelli derivanti dall’inattività della sede;

– che la convenuta – non senza eccepire, come detto, il difetto di competenza dell’adito Tribunale siciliano – non solo chiedeva dichiararsi l’infondatezza della domanda, ma agiva in via riconvenzionale;

– che, in particolare, essa chiedeva, in via di principalità, il riconoscimento dell’inadempimento contrattuale di controparte e la condanna della stessa sia ad adempiere l’obbligazione di pagamento dei prezzo residuo di Euro 100.000,00, sia a consentire “la prosecuzione della consegna delle ultime celle oggetto del contratto di vendita”, con la conseguente condanna al risarcimento dei danni patiti e patiendi stimati nella misura di Euro 200.000,00, oppure in quella maggiore o diversa risultante all’esito dell’espletanda istruttoria;

– che quale domanda riconvenzionale subordinata, l’allora convenuta società De Rigo chiedeva accertarsi che la condotta della società Belice Formaggi aveva configurato un inadempimento suscettibile di comportare la risoluzione del contratto e la condanna della stessa al risarcimento dei danni nella misura di Euro 200.000,00, oppure in quella maggiore o diversa da accertarsi in corso di causa;

– che il Tribunale bellunese – dopo aver acquisito la relazione predisposta in sede di accertamento tecnico preventivo svoltosi innanzi alla sezione di Partanna del Tribunale di Marsala, nonché istruito ulteriormente la causa mediante prova testimoniale – rigettava la domanda della Belice Formaggi, condannandola, in accoglimento invece della riconvenzionale, al pagamento di Euro 100.000, oltre interessi, ponendo a suo carico le spese di lite e di CTU;

– che esperito gravame dall’attrice soccombente, il giudice di appello lo respingeva;

– che avverso la sentenza della Corte lagunare ricorre per cassazione la Belice Formaggi, sulla base – come detto – di tre motivi;

– che il primo motivo denuncia – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – “violazione dell’art. 132 c.p.c. e “dell’art. 112 c.p.c.”;

– che la ricorrente deduce di aver gravato la sentenza del primo giudice sul duplice rilievo che essa avesse “omesso di pronunciarsi in merito al dedotto inadempimento della De Rigo Refrigeration circa la mancata consegna delle tre celle di spessore di 11 cm.” e che “la pretesa modifica di altezza e spessore mai fosse stata richiesta al Signor O. per come emerso dalla deposizione del teste Consigliaro”;

– che si censura, pertanto, la decisione della Corte territoriale nella parte in cui addebita ad essa Belice Formaggi di non aver confutato “il percorso logico-giuridico posto in essere dal giudice di primo grado, limitandosi a riproporre le argomentazioni dallo stesso rigettate”, e ciò in quanto il Tribunale bellunese non avrebbe affatto rigettato quelle censure, avendo, viceversa, omesso di pronunciarsi su di esse;

– che il secondo motivo denuncia – sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – violazione dell’art. 1206 c.c. e dell’art. 132 c.p.c.;

– che, in questo caso, si censura la sentenza impugnata nella parte in cui addebita ad essa Belice Formaggi di non aver “posto in essere gli adempimenti necessari affinché la società venditrice fosse nella condizione di provvedere all’installazione delle celle refrigeranti e, quindi, di dare esecuzione alle proprie obbligazioni”;

– che, tuttavia, affinché il giudice di appello potesse effettivamente fare applicazione dell’art. 1206 c.c. sarebbe occorso che esso “avesse individuato negli atti a lui sottoposti gli elementi da cui poter individuare a carico della Belice Formaggi” la “necessità di porre in essere un tale comportamento”;

– che il terzo motivo – anch’esso proposto, al pari dei primi due, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), – denuncia violazione dell’art. 1453 c.c. e degli artt. 132 e 112 c.p.c.;

– che si censura la sentenza impugnata per non aver “speso una parola” in ordine al dedotto inadempimento della De Rigo “in ordine alla mancata fornitura delle celle di 11 cm.”, circostanza che sarebbe stata confermata dalla società convenuta nella sua lettera del 14 settembre 2005 e a superare la quale non potrebbe valere il rilievo che l’inadempimento sarebbe di scarsa importanza, in quanto le celle refrigeranti assicurerebbero egualmente la conservazione del prodotto benché con un incremento dei costi energetici, in quanto tale “semplicistica affermazione” sarebbe smentita dalla CTU espletata in giudizio;

– che ha resisto all’avversaria impugnazione, con controricorso, la società De Rigo, chiedendo dichiararsi la stessa inammissibile o comunque non fondata;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata ritualmente comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio per il 18 maggio 2021;

– che la ricorrente ha depositato memoria, insistendo nelle proprie censure.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso è inammissibile sotto più profili;

– che, nella specie, non risulta rispettata la previsione di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3), non recando il ricorso un’adeguata esposizione dei fatti di causa, soprattutto in ordine al contenuto del contratto intercorso tra le parti e alle modalità di svolgimento della loro relazione negoziale;

– che, sul punto, va dato seguito a quanto affermato, a più riprese, da questa Corte, ovvero che la esposizione sommaria dei fatti di causa, ponendosi quale specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una narrazione idonea garantire al giudice di legittimità “di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia ed oggetto di impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata” (Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2006, n. 11653, Rv. 588760-01);

– che, difatti, la prescrizione di tale requisito “risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato” (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2003 n. 2602, Rv. 560622-01);

– che di conseguenza, perché possa ritenersi soddisfatto il requisito “de quo”, occorre che il ricorso per cassazione rechi “l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito” (Cass. Sez. 6-3, ord. 3 febbraio 2015, n. 1926, Rv. 634266-01; in senso analogo pure Cass. Sez. 3, ord. 9 marzo 2018, n. 5640, Rv. 648290-01);

– che resta, infine, inteso che detto requisito “deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato da altri atti, quali la sentenza impugnata o il controricorso, perché la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo, peraltro, riferibile ad un unico atto” (Cass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2016, n. 18623, Rv. 642617-01);

– che, in ogni caso, anche i tre motivi di ricorso risultano inammissibili;

– che, in particolare, il primo di essi si risolve in una censura di omessa pronuncia su un motivo di appello, sicché la sua formulazione avrebbe richiesto che il contenuto dell’atto di gravame fosse riprodotto, in ricorso, nella misura idonea a consentire il rispetto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6);

– che e’, difatti, “inammissibile, per violazione del criterio dell’autosufficienza, il ricorso per cassazione col quale si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se essi non siano compiutamente riportati nella loro integralità nel ricorso, sì da consentire alla Corte di verificare che le questioni sottoposte non siano “nuove” e di valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte” (Cass. Sez. 2, sent. 20 agosto 2015, n. 17049, Rv. 636133-01);

– che non osta a tale conclusione il rilievo che quello dedotto con il primo motivo di ricorso è un “error in procedendo” (rispetto ai quali la Corte è anche giudice del “fatto processuale”, con possibilità di accesso diretto agli atti del giudizio);

– che, infatti, nel caso in cui il ricorso per cassazione denunci una nullità del procedimento o della sentenza se è vero che “il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti ed i documenti sui quali il ricorso si fonda”, resta, nondimeno, inteso che l’ammissibilità del sindacato demandato questa Corte è comunque subordinata alla condizione che “la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4” (Cass. Sez. Un., sent. 22 maggio 2012, n. 8077, 1).v. 622361-01);

– che si tratta, peraltro, di un’esigenza – come è stato icasticamente osservato – che “non è giustificata da finalità sanzionatorie nei confronti della parte che costringa il giudice a tale ulteriore attività d’esame degli atti processuali, oltre quella devolutagli dalla legge”, ma che “risulta, piuttosto, ispirata al principio secondo cui la responsabilità della redazione dell’atto introduttivo del giudizio fa carico esclusivamente al ricorrente ed il difetto di ottemperanza alla stessa non deve essere supplito dal giudice per evitare il rischio di un soggettivismo interpretativo da parte dello stesso nell’individuazione di quali atti o parti di essi siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura” (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 10 gennaio 2012, n. 82, Rv. 621100-01);

– che inammissibili sono anche i motivi di ricorso secondo e terzo, giacché essi, sebbene pretendano di prospettare vizi di violazione di legge – rispettivamente, degli artt. 1206 e 1453 c.c. – o di difetto motivazione (come reso evidente dal riferimento all’art. 132 c.p.c.), deducono censure che, in realtà, non sono neppure astrattamente riconducibili a tali ipotesi;

– che, difatti, il vizio di violazione di legge “consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità” (da ultimo, “ex multi””, Cass. Sez. 1, ord. 13 ottobre 2017, n. 24155, Rv. 645538-03; Cass. Sez. 1, ord. 14 gennaio 2019, n. 640, Rv. 652398-01; Cass. Sez. 1, ord. 5 febbraio 2019, n. 3340, Rv. 652549-02), e ciò in quanto il vizio di sussunzione “postula che l’accertamento in fatto operato dal giudice di merito sia considerato fermo ed indiscusso, sicché è estranea alla denuncia del vizio di sussunzione ogni critica che investa la ricostruzione del fatto materiale, esclusivamente riservata al potere del giudice di merito” (Cass. Sez. 3, ord. 13 marzo 2018, n. 6035, Rv. 648414-01);

– che, nella specie, è proprio l’apprezzamento del materiale istruttorio l’oggetto della duplice censura formulata dalla ricorrente, giacché, nel primo caso, si contesta la sentenza impugnata per non aver il giudice di appello individuato, “negli atti a lui sottoposti”, quali fossero gli adempimenti a carico della società Belice Formaggi rispetto ai quali ha ritenuto di configurare violazione dell’art. 1206 c.c., nonché, nel secondo caso, per aver disatteso le risultanze della CTU, nel ritenere che la mancata fornitura di celle refrigeranti dello spessore di 11 cm. non costituisse grave inadempimento ex art. 1453 c.c.;

– che tanto basta, dunque, per ritenere inammissibile la censura formulata a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), atteso che – come già detto – il “discrimine tra l’ipotesi di violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione della fattispecie astratta normativa e l’ipotesi della erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa” (così, in motivazione, Cass. Sez., Un., sent. 26 febbraio 2021, n. 5442);

– che, d’altra parte, neppure astrattamente ipotizzabile è il denunciato difetto di motivazione;

– che, sul punto, deve ribadirsi che all’esito della “novellazione” del testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134 (applicabile “ratione temporis” al presente giudizio), il sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza è contenuto, ormai, solo entro il “minimo costituzionale” (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01);

– che il vizio motivazionale, dunque, ricorre solo in caso di motivazione “meramente apparente”, evenienza configurabile, oltre che nell’ipotesi di “carenza grafica” della stessa, quando essa, “benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ravionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento” (Cass. Sez. Un., sent. 3 novembre 2016, n. 22232, Rv. 641526-01, nonché, più di recente, Cass. Sez. 6-5, ord. 23 maggio 2019, n. 13977, Rv. 654145-01), o perché affetta da “irriducibile contraddittorietà” (cfr. Cass. Sez. 3, sent. 12 ottobre 2017, n. 23940, Rv. 645828-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 25 settembre 2018, n. 22598, Rv. 650880-01), ovvero connotata da “affermazioni inconciliabili” (da ultimo, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 25 giugno 2018, n. 16111, Rv. 649628-01), ferma in ogni caso restando la necessità che il vizio “emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata” (Cass. Sez. Un., sent. n. 8053 del 2014, cit.), vale a dire “prescindendo dal confronto con le risultanze processuali” (così, tra le molte, Cass. Sez. 1, ord. 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata);

– che, nella specie, il vizio motivazionale denunciato, lungi dall’evidenziare profili di “irriducibile contraddittorietà” o “illogicità manifesta” che emergano “direttamente dal testo della sentenza”, si risolve, nuovamente, nella denuncia di un contrasto con le risultanze istruttorie, e quindi, in sostanza, in un’inammissibile richiesta di riesame, da parte di questa Corte, del merito del giudizio;

– che va, pertanto, ribadita l’inammissibilità di quel tipo di doglianza “che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito” (da ultimo, Cass. Sez. Un., sent. 27 dicembre 2019, n. 34476, Rv. 65649203);

– che il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;

– che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo;

– che in ragione della declaratoria di inammissibilità dei ricorso va dato atto – ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando la società Belice Formaggi S.n.c. di V.O. & C. a rifondere alla società De Rigo Refrigeration S.r.l. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 5.000,00, più Euro 200,00 per esborsi, nonché 15% per spese generali oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, se dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021

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