Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3779 del 15/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3779 Anno 2013
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso 17450-2006 proposto da:
OLIVIERO CIRO, elettivamente domiciliato in ROMA VIA
MONTE ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI
GIAMMARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato
GRAZIANO GIUSEPPE giusta delega a margine;
– ricorrente contro

2012
2505

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI NAPOLI 3, MINISTERO
DELLE FINANZE;
– intimati –

avverso la sentenza n. 70/2005 della COMM.TRIB.REG.

Data pubblicazione: 15/02/2013

di NAPOLI, depositata il 15/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2012 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
CARACCIOW;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

il rigetto del ricorso.

Generale Dott. SERGIO DEL CORE, che ha concluso per

Svolgimento del processo
I . Gli atti del giudizio di legittimità.

Le parti intimate non hanno dispiegato attività difensiva.
La controversia è stata discussa alla pubblica udienza del 13.12.2012, in cui il PG ha
concluso per il rigetto del ricorso.
2. I ratti di causa.
Con il predetto avviso di accertamento l’Agenzia aveva contestato un debito di IVA
2.261.000 a carico dell’Oliviero, determinato per effetto della verifica
pari a
generale operata dalla GdF di Napoli, in occasione della quale era stata reperita
documentazione da cui emergeva che il medesimo Oliviero esercitava un’attività di
gestione di taluni fabbricati in condominio”. L’impugnazione di detto
provvedimento è stata accolta dalla CTP di Napoli , in considerazione del fatto che,
l’Oliviero risultava risiedere nei locali in cui si era svolta la verifica, sicchè la
verifica medesima appariva viziata per difetto della preventiva autorizzazione del
Procuratore della Repubblica, ex art.52 comma 1 del DPR n.633/1972. L’appello
proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la predetta pronuncia è stato poi accolto
dalla CTR di Napoli.
3. La motivazione della sentenza impugnata.
La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è motivata nel senso che
l’ispezione —effettuata nello studio dell’Oliviero, annesso alla abitazione, come
precisato dalla sentenza di primo grado- non era stata effettuata con violazione del
predetto art.52. D’altronde era pure fondato il rilievo, fatto valere in appello
dall’Agenzia che il contribuente, reso edotto della visita, non aveva eccepito alcunché
ed aveva aderito all’invito (addirittura esibendo la documentazione mancante,
reperita in un momento successivo rispetto all’ispezione), ciò che aveva reso non
necessario la successiva richiesta di autorizzazione alla Procura della Repubblica.
4. 11 ricorso per cassazione
Il ricorso per cassazione è sostenuto con tre motivi d’impugnazione e -previa
indicazione del valore della lite in somma pari ad C 1.168,00- si conclude con la

Il 29.5.2006 è stato notificato al Ministero dell’Economia delle Finanze nonché
all’Agenzia delle Entrate un ricorso di Olivier° Ciro per la cassazione della sentenza
della CTR di Napoli descritta in epigrafe (depositata il 15.4.2005), che ha accolto
l’appello proposto dalla Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP di Napoli
n.608/11/2002 che aveva accolto il ricorso del contribuente contro avviso di
accertamento relativo ad IVA per l’anno 1993.

richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia in
ordine alle spese di lite.
Motivi della decisione
5. Questione preliminare

Quest’ultimo non è stato parte del processo di appello (instaurato dopo il 1 gennaio
2001 -data di inizio dell’operatività delle Agenzie fiscali- dal solo Ufficio locale
dell’Agenzia) sicché non ha alcun titolo che lo legittimi a partecipare al presente
grado.
6. Il primo motivo d’impugnazione.
Il primo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione e
falsa applicazione di norme di diritto ex art.360 n.3 e 5 cpc, in relazione agli art.2909
c.c e 324 cpc e per motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria su un punto
decisivo della controversia”.
Nel contesto di un unico motivo di impugnazione intestato a due differenti tipologie
di vizi, la parte ricorrente si duole —in definitiva- dell’omessa considerazione fatta da
parte del giudice di appello delle varie pronunce della CTP di Napoli e dell’unica
pronuncia della CTR di Napoli (tutte prodotte nel predetto giudizio di appello e tutte “attinenti, correlate e consequenziali alla verifica generale del maggio 1995”, ma
concernenti anni d’imposta diversi da quello qui in esame, nonché tutte passate in
cosa giudicata) con le quali era stata accertata —da parte delle adite Commissioni- la
violazione da parte della GdF del dettato dell’art.52 comma 1 del DPR n.633 del
1972, appunto per difetto della preventiva autorizzazione all’accesso da parte del
Procuratore della Repubblica.
La res judicata si era formata quindi sulla circostanza –comune a tutte le vicende
accertate nelle pronunce prodotte in appello ed anche alla vicenda qui sub judice- che
l’Olivicro avesse espletato l’attività in premessa indicata nella propria abitazione,
donde poi la necessità di autorizzazione per l’accesso, rispetto alla quale non poteva
avere effetto “sanante” il consenso prestato dall’Oliviero medesimo.
L’omessa pronuncia da parte del giudice di appello sulla questione oggetto di tale
giudicato esterno viziava perciò la sentenza qui impugnata.
Il motivo di impugnazione è inammissibile per violazione del canone di
autosufficienza.

Preliminarmente necessita rilevare l’inammissibilità del ricorso proposto contro il
Ministero delle Finanze.

In difetto di tutto ciò, non è possibile apprezzare da parte di questa Corte se
effettivamente da parte del giudice di appello sia stata omessa la pronuncia sulla
questione (ove mai ritualmente proposta) dell’esistenza del giudicato esterno, sempre
che poi siffatta “omissione” (della quale non è possibile valutare la giuridica
rilevanza, nel difetto degli adempimenti che incombevano alla parte ricorrente) possa
essere effettivamente censurata alla luce delle sole norme indicate dalla parte
ricorrente medesima.
7. Il secondo motivo d’impugnazione.
Il secondo motivo d’impugnazione è collocato sotto la seguente rubrica: “Violazione
e falsa applicazione di norme di diritto ex art.360 n.3 e 5 cpc, in relazione agli art.52
DPR. n.633/1972, all’art.2697 cc. All’art.! 15 cpc ai principi generali in materia di
prova; all’art.132 cpc e per motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria su un
punto decisivo della controversia”.
La parte ricorrente si duole —in concreto- del fatto che la decisione del giudice
secondo grado appare fondarsi “su un inesistente ed erroneo convincimento”, e cioè
che la sentenza di primo grado avesse precisato che l’ispezione era avvenuta nello
studio dell’Oliviero, annesso alla abitazione di quest’ultimo, nel mentre invece nella
menzionata sentenza di primo grado si diceva:”né risulta in contrario dimostrato che
si trattasse di un vano indipendente ed esclusivamente adibito a studio”.
Dall’istruttoria di primo grado era risultato pure “per tabulas”, che il ricorrente
risiedeva ed abitava nell’immobile ispezionato; che l’abitazione era munita di un
unico accesso; che l’ambiente nel quale era stata rinvenuta la documentazione era
parte del corpus unico costituito dall’abitazione; che l’organo ispettivo non si era
munito di autorizzazione.
Perciò il giudice del gravame, disconoscendo le menzionate risultanze, aveva violato
gli art.2697 c.c. e 115 c.p.c. oltre che i principi generali in materia di prova e di prova
documentale.
Il motivo è in ammissibilmente formulato.

“.

Non risulta, invero, dalla impugnata pronuncia che siano state prodotte in giudizio le
pronunce menzionate dalla parte ricorrente e neppure che quest’ultima abbia proposto
negli atti di causa tempestiva ed idonea eccezione di giudicato esterno. Sarebbe
spettato perciò alla parte ricorrente (che si è limitata a dare per pacifica la avvenuta
produzione in giudizio delle sentenze), nell’osservanza del predetto canone,
specificare ove come e quando siano stati prodotti i predetti giudicati e ove come e
quando sia stata proposta la menzionata eccezione, così come le sarebbe spettato pure
di determinare con modalità adeguatamente autosufficienti in che cosa consistano
davvero gli accertamenti contenuti nelle predette pronunce.

Affinchè detta carenza sia dunque rilevante ai fini della declaratoria di nullità del
provvedimento di accertamento medesimo (a maggior ragione per la prolungata
parentesi logica che tra i due atti amministrativi intercorre) sarebbe stato oltremodo
necessario che fosse messo in chiara evidenza dalla parte ricorrente (in ossequio al
canone di autosufficienza del ricorso per cassazione) quale concreta rilevanza detta
carenza abbia avuto ai tini dell’adozione dei provvedimenti assunti
dall’Amministrazione finanziaria, solo così potendosi intendere se —in difetto dei
documenti che sono stati acquisiti con le indagini espletate in assenza di tale
autorizzazione- il provvedimento di accertamento avrebbe comunque retto ai vaglio
di legittimità.
E ciò tanto piu’ perché nella sentenza impugnata si dà anche atto della circostanza
che non tutta la documentazione valorizzata dall’amministrazione ai fini
dell’adozione del provvedimento impositivo ebbe ad essere acquisita in sede di
accesso e ispezione, mentre invece parte di essa è stata successivamente “esibita
presso agli Uffici del Coniando Nucleo Regionale” dallo stesso contribuente. Ne
deriva che sarebbe stato onere precipuo del contribuente qui ricorrente allegare e
giustificare con le necessarie specifiche modalità che senza la prima quota di
documentazione l’avviso di accertamento non avrebbe potuto trovare il suo
fondamento dimostrativo.
In difetto della chiara illustrazione del nesso di consequenzialità che vincola il
provvedimento di accertamento all’autorizzazione giudiziaria all’eccesso nel luogo di
abitazione dell’Oliviero, insomma, non può che concludersi nel senso che anche il
secondo motivo di ricorso deve essere considerato inammissibile.
8. Il terzo motivo d’impugnazione.
Quanto al terzo motivo di impugnazione (improntato alla violazione del medesimo
art.52 oggetto del motivo che precede, oltre che al vizio di motivazione, ma
concretamente centrato sul solo secondo dei predetti vizi), esso pure si presenta
inammissibilmente formulato atteso che il ricorrente si limita a dolersi di un
argomento clic il giudice del merito ha adoperato ad abundantiam ed in termini
ridondanti nel motivare la decisione e cioè il fatto che l’Oliviero non si rosse opposto
all’ispezione, sia pure in difetto della necessaria autorizzazione, ed avesse anzi messo
a disposizione la documentazione richiesta dal personale ispettivo.

Ed invero la carenza del provvedimento di autorizzazione all’accesso nell’abitazione
dell’Oliviero (a mente della disciplina del menzionato art.52) di cui il ricorrente si
duole, è atto preliminare della complessa procedura di accertamento all’esito della
quale sono stati individuati e determinati i redditi che si assume siano stati evasi
all’imposizione da parte dell’Oliviero medesimo.

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Si tratta, come si è detto, di un argomento senza del quale la pronuncia di appello non
sarebbe meno giustificata e degna di non essere cassata, sicchè non vi è interesse
alcuno da parte del contribuente al motivo di impugnazione.
Non resta che concludere per l’integrale rigetto del ricorso per cassazione.
Nulla in ordine alle spese di lite, perché la parte intimata e vittoriosa non si è
costituita in giudizio.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto contro il Ministero. Rigetta il
ricorso contro l’Agenzia. Nulla sulle spese di lite.

P.Q.M.

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