Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37779 del 01/12/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/12/2021, (ud. 14/09/2021, dep. 01/12/2021), n.37779

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22009-2020 proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ROVIANO

24, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PALLANTE, rappresentato e

difeso dagli avvocati ALBA DE FELICE, ERRICO S.;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9265/2/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DELLA CAMPANIA, depositata il 10/12/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CATALDI

MICHELE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. S.A. propone ricorso per cassazione, affidato ad un unico motivo, avverso la sentenza di cui all’epigrafe, con la quale la Commissione tributaria regionale della Campania- sezione staccata di Salerno, ha rigettato il suo appello contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Salerno, che aveva rigettato il ricorso dello stesso contribuente contro la cartella di pagamento emessa, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione Unico 2015, relativa all’anno d’imposta 2014, in materia di Irpef ed Iva.

L’Agenzia delle entrate riscossione si è costituita con controricorso.

La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo il contribuente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c.,, comma 1, n. 4, la nullità della sentenza impugnata per la natura meramente apparente della sua motivazione, con particolare riferimento “ai primi due motivi posti a base del ricorso in appello” che – presumendo logicamente che il ricorrente adotti il medesimo ordine di cui alla sentenza impugnata- consistevano nella pretesa nullità della cartella e del ruolo per inesistenza della notifica a mezzo p.e.c., spedita con estensione “pdf” invece che “p7m”; e nella pretesa nullità dello stesso atto per non essere stato preceduto dalla comunicazione dell’esito del controllo automatizzato.

Il motivo è infondato.

Infatti “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.” (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; conforme, ex multis, Cass., Sez. 3 -, Sentenza n. 23940 del 12/10/2017). Nessuna delle descritte fattispecie patologiche ricorre nel caso sub iudice.

Infatti, in ordine a ciascuna delle diverse questioni affrontate nella motivazione della sentenza impugnata, le argomentazioni sulle quali si è fondata la decisione della CTR sono esplicitate e comprensibili.

Invero, la lettura dei motivi dedotti dall’appellante è individuata, in modo sintetico ma efficace, nella parte espositiva del provvedimento, da leggere in stretta correlazione con quella, propriamente motiva, che ad essa fa esplicito richiamo, attraverso la numerazione degli stessi motivi. Pertanto, la motivazione rassegnata per ogni motivo dalla CTR presuppone la precedente descrizione dello stesso, che contribuisce quindi a rendere concreta e specifica la relativa argomentazione.

I riferimenti espliciti e concreti della sentenza d’appello alla documentazione prodotta nei giudizi di merito (in particolare la documentazione relativa alla notifica della cartella; ma anche quella relativa al contenuto di quest’ultima, dettagliato anche con indicazione delle pagine e dei passi dell’atto, e preso in considerazione ai fini dell’inquadramento della natura di controllo formale dell’atto impositivo), unitamente alle correlate citazioni di massime e di passi di pronunce di legittimità in materia, concorrono, avuto riguardo al complesso della pronuncia, a rendere univocamente intelligibile la motivazione.

Infatti, dal riferito complesso della sentenza impugnata non può ricavarsi, come pretenderebbe il ricorrente, che la citazione e riproduzione di precedenti di legittimità (la cui attinenza al caso sub iudice ed il cui consolidamento non sono peraltro messi puntualmente in discussione) sia esaurita in una astratta “copiatura” ed abbia inficiato il percorso argomentativo esposto dal giudice a quo, che per le ragioni già esposte consente comunque di comprendere la fattispecie concreta, l’autonomia del processo deliberativo compiuto e la riconducibilità dei fatti esaminati al principio di diritto richiamato (cfr. Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17403 del 03/07/2018).

Nella sostanza, dunque, la motivazione della sentenza impugnata non appare affatto inferiore alla soglia del c.d. “minimo costituzionale”.

Peraltro, lo stesso ricorrente, nel corpo del motivo (rispetto al quale la memoria può avere una funzione meramente illustrativa delle ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente enunciati nel ricorso, e non di integrazione e di aggiunta: Cass. Sez. 2 -, Ordinanza n. 30760 del 28/11/2018, ex plurimis), non individua neppure specificamente i punti della motivazione, relativa ai due motivi d’appello in questione, che sarebbero effettivamente incomprensibili, limitandosi a criticarne le modalità di redazione e rivelando piuttosto la sostanziale intenzione di ottenere, sotto l’apparente deduzione del vizio di mancanza assoluta di motivazione, una generale revisione del merito della decisione impugnata, che non è ammissibile in questa sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. U -, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019).

2.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 14 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021

 

 

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