Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37772 del 01/12/2021
Cassazione civile sez. VI, 01/12/2021, (ud. 15/09/2021, dep. 01/12/2021), n.37772
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DORONZO Adriana – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –
Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –
Dott. PICCONE Valeria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14302-2020 proposto da:
I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POGGIO
VERDE, 50, presso lo studio dell’avvocato FABIO FERRI, che lo
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RETE FERROVIARIA ITALIANA SPA, (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIA
DEGLI SCIPIONI 252, presso lo studio dell’avvocato BARBARA SILVAGNI,
che la rappresenta e difende;
– controricorrente-
avverso la sentenza n. 3577/2019 della CORTE D’APPELLO di RO:/1A,
depositata il 22/10/2019;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. VALERIA
PICCONE.
Fatto
RILEVATO
che:
Con sentenza del 22 ottobre 2019, la Corte d’Appello di Roma in accoglimento dell’appello proposto da Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. ha condannato I.A. al pagamento, in favore della società, della somma di Euro 2.079,08 dall'(OMISSIS) al saldo, oltre spese di lite;
in particolare, la Corte ha ritenuto che fosse stata fornita prova adeguata da parte della appellante dell’avvenuto pagamento della somma rivendicata in quanto oggetto di condanna cassata per effetto di sentenza della Corte di cassazione emessa in data 29 gennaio 2002; per la cassazione della sentenza propone ricorso I.A., affidandolo a quattro motivi;
resiste, con controricorso, Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.;
e’ stata comunicata alle parti la proposta del giudice relatore unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di consiglio.
Diritto
CONSIDERATO
che:
Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 112,115 e 116c.p.c., e dell’art. 437 c.p.c., commi 2 e 3, relativamente agli elementi di prova offerti a sostegno della domanda ed alla valutazione effettuatane dalla Corte territoriale;
con il secondo motivo si allega ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 101,112,115 e 116c.p.c., dell’art. 414c.p.c., comma 1, e dell’art. 437 c.p.c., commi 2 e 3, in ordine alla produzione documentale di parte controricorrente;
con il terzo motivo si censura la decisione impugnata per violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 115 e 116c.p.c., dell’art. 221 e ss. c.p.c., degli artt. 414,416 e 421c.p.c., e dell’art. 437 c.p.c., comma 2;
con il quarto motivo si lamenta la violazione degli artt. 1199,2721 e 2726 c.c., dell’art. 2729c.c., comma 2, e dell’art. 2697c.c., nonché artt. 112, 115 e 116 c.p.c., per aver la Corte ritenuto provato il pagamento preteso in restituzione sulla base di presunzioni semplici;
tutti e quattro i motivi, da esaminarsi congiuntamente per l’intima connessione, sono inammissibili;
relativamente alla denunziata violazione dell’art. 2697 c.c., va osservato che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, (ex plurimis, Cass. n. 18092 del 2020) la doglianza relativa alla violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata secondo le regole dettate da quella norma e che tale ipotesi non ricorre nel caso di specie, in particolar modo in quanto, pur veicolando parte ricorrente la censura per il tramite della violazione di legge, essa, in realtà mira ad ottenere una rivisitazione del fatto, inammissibile in sede di legittimità;
tale conclusione va affermata anche con riguardo alle denunzie concernenti la violazione delle disposizioni di legge inerenti gli artt. 112 e 437 c.p.c., perché ancora una volta parte ricorrente non deduce una violazione normativa, bensì mira ad una diversa ricostruzione fattuale che possa condurre ad una diversa valutazione nel merito della vicenda considerata;
va poi rilevato) che, in sede di ricorso per cassazione, una questione di violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorché si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte di ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti, invece, a valutazione (cfr. Cass. 27.12.2016, n. 27000; Cass. 19.6.2014, n. 13960, Cass. Sez. UU., 30/9/20. n. 20867);
in particolare, anche sotto il profilo degli artt. 2721 e 2729 c.c., giova evidenziare come la Corte territoriale abbia chiarito di aver ritenuto erronea la mancata valorizzazione del documento n. (OMISSIS) essendo lo stesso mancante nel fascicolo di produzione della RFI sottolineando come, invece, non solo lo stesso fosse stato prodotto in copia conforme, ma la prova del pagamento fosse stata in ogni caso raggiunta anche per presunzioni, come emergenti dall’avviso di pagamento, dalla diffida stragiudiziale e dagli atti della procedura esecutiva, elementi da reputarsi tutti indizi gravi, precisi e concordanti dell’intervenuta solutio;
tale valutazione, in quanto di fatto, deve ritenersi sottratta al sindacato di legittimità;
alla luce delle suesposte argomentazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;
le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo;
sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a duello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 1-bis, art. 13, comma 1-quater, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la parte ricorrente alla rifusione, in favore della parte controricorrente, delle spese di lite, che liquida in complessivi Euro 2000,00 per compensi e 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 15 settembre 2021.
Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021