Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3777 del 15/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3777 Anno 2013
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 19484-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente 2012
2498

contro

CAPOBIANCO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE NATOLA, che lo rappresenta e
difende giusta delega a margine;

Data pubblicazione: 15/02/2013

- controricorrente

avverso la sentenza n. 37/2007 della COMM.TRIB.REG.
di BARI, depositata il 22/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/12/2012 dal Consigliere Dott.

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato NATOLA che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

FRANCESCO TERRUSI;

Svolgimento del processo
La commissione tributaria regionale della Puglia, con
sentenza in data 22.5.2007, ha accolto l’appello di Giovanni
Capobianco, odontoiatra, avverso la decisione di primo grado
che aveva invece confermato un avviso di accertamento di
maggiori redditi per l’anno 1993.

Riferisce la sentenza che la rettifica era stata incentrata
sulla discrasia tra il numero di protesi dentarie dal
professionista commissionate (e documentate in acquisito) e
il numero di quelle desumibili dalle prestazioni munite di
ricevute fiscali; e quindi sulla omessa annotazione dei
maggiori corrispettivi conseguiti per ognuna delle protesi
non assistita da successiva fatturazione.
Condividendo la linea difensiva del contribuente, la
commissione regionale ha spiegato la suddetta discrasia con
la generale considerazione che l’odontoiatra chiede il
compenso per una prestazione unitaria, nell’ambito della
quale l’applicazione di protesi definitive è normalmente
preceduta dall’applicazione di una o più protesi provvisorie.
Ha quindi evidenziato la mancanza di prove dell’ipotizzata
omessa annotazione di corrispettivi in quanto le impiegate
presunzioni non erano state assistite dai necessari requisiti
di gravità, precisione e concordanza.
Ha ancora osservato che il Capobianco era stato assolto, per
insussistenza del fatto, dalle contestazioni sulla stessa
base elevate in sede penale; e che il giudicato penale, per
quanto non vincolante in sede tributaria, era stato motivato
proprio dalle lacune dell’accertamento e dall’inesistenza di

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prove a carico; lacune suscettibili di essere confermate
anche nella sede tributaria, benché all’esito di una autonoma
valutazione.
Per la cassazione di questa sentenza l’agenzia delle entrate
ha proposto ricorso articolato in un motivo.
L’intimato ha replicato con controricorso.

Motivi della decisione
I. – Il mezzo denunzia violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c.
per insufficiente motivazione.
Lamenta di avere la sentenza recepito la decisione del
giudice penale senza vagliare le prove raccolte in quel
processo e senza confutare quanto invece accertato dal
giudice di primo grado in ordine alla mancanza di cartelle
cliniche giustificanti la tesi del contribuente.
Il motivo è fondato.
Il. – La sufficienza della motivazione va intesa in rapporto
alla ratio decidendi,

nel senso che presuppone la concreta e

intelligibile esposizione di codesta ratio in rapporto ai
fatti che ne sono alla base.
In questo senso il vizio che inficia il ragionamento
giustificativo, tanto per incompletezza dei dati che per
difetto di rigore logico, è sindacabile in cassazione sotto
il profilo della motivazione insufficiente in quanto inidonea
a fornire adeguata giustificazione della decisione adottata.
Nella fattispecie sostanziale rileva il principio,
tratto dal disposto ex art. 39 del d.p.r. n. 600/1973,
secondo cui è legittimo il recupero a tassazione dei ricavi,
ricostruiti induttivamente, ove la cessione o l’impiego in

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prestazioni d’opera di beni possa desumersi dalla esistenza
di documentazione di acquisto. Spetta difatti al contribuente
fornire la specificazione appropriata per categorie omogenee
di beni (v. Cass. n. 23950/2011).
A

tale principio risponde anche il caso di prestazioni

sanitarie avente base nella installazione di protesi

dentarie, giacché ai fini della prova per presunzioni
semplici non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto
sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità
causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia
desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente
possibile secondo un criterio di normalità (e v. infatti
Cass. n. 1915/2008).
IV. – Il giudice d’appello, per affermare l’inconsistenza
della presunzione, si è invece affidato ad argomentazioni
apodittiche, siccome inesplicate in relazione ai dati di
fatto acquiS8ti e posti a base del convincimento.
Tali sono quelle sopra sintetizzate, in quanto si è in
definitivct, ritenuto di contrastare le avverse presunzioni
sulla base di una considerazione astratta.
E’ invero astratto, e come irrilevante, affermare che la
‘fatturazione della prestazione odontoiatrica avviene in modo
unitario, rispetto all’impiego di protesi provvisorie
strumentali alla installazione di quelle definitive.
Ha poi richiamato l’assoluzione avutasi in sede penale, ma
anche qui in modo del tutto generico, affermando di
condividerne le conclusioni all’esito di una valutazione
autonoma senza indicarne punto le risultanze.

3

.EfE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.!. 2N4/1986
N. 13 i TAB, ALL. F.- N. 5

Una simile motivazione non si sottrae alla censura di
insufficienza.
Nella valutazione della prova il giudice non è tenuto a dar
conto della analitica considerazione di ogni risultanza
processuale, né a confutare ogni argomentazione prospettata,

ha inteso fondare il suo convincimento, e l’iter logico da
codesti elementi tratto per sostenere la conclusione.
Codesta indicazione, nell’impugnata sentenza, non è dato
constatare.
V. – Conseguentemente, in quanto inficiata dalla ripetuta
insufficienza motivazionale, la sentenza va cessata con
rinvio alla medesima commissione tributaria regionale,
diversa sezione, per nuovo esame.
Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del
giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.
p.q.m.
La Corte accoglie il ricorso, cassa l’impugnata sentenza e
rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla
commissione tributaria regionale della Puglia.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta

ma deve pur sempre indicare gli elementi di fatto sui qualk/

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