Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3776 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. I, 14/02/2020, (ud. 14/11/2019, dep. 14/02/2020), n.3776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. TRIA Luca – Consigliere –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31717/2018 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliato in Roma V.le Angelico,

38 presso lo studio dell’avvocato Maiorana Roberto che lo

rappresenta e difende, giusta procura speciale allegata al ricorso,

ammesso in via anticipata e provvisoria al patrocinio a spese dello

Stato;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi 12 presso la

sede dell’Avvocatura Generale Dello Stato che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 397/2018 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 29/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/11/2019 dal Cons. Dott. DI FLORIO ANTONELLA.

Fatto

RITENUTO

che:

1. G.L., cittadino del (OMISSIS), ricorre, affidandosi a quattro motivi illustrati anche da memoria, per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Perugia che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata rigettata l’impugnazione del provvedimento della Commissione territoriale di Firenze, sezione di Perugia, di diniego della protezione internazionale, declinata in via gradata nelle fattispecie di “stato di rifugiato”, “protezione sussidiaria” e “protezione umanitaria”.

1.1. er ciò che interessa in questa sede, il ricorrente aveva dedotto di essere di religione (OMISSIS) e di essere stato costretto a fuggire dal suo paese in quanto destinatario di violenza e minacce, dirette a lui e la sua famiglia, perchè era stato coinvolto negli scontri finalizzati alla espulsione dell’ex presidente B.C..

2. Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso e memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 l’omesso esame delle dichiarazioni da lui rese alla Commissione territoriale e delle allegazioni introdotte in giudizio per la valutazione della sua condizione personale.

1.2. Con il secondo motivo, sempre ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamenta l’omesso esame della condizione di pericolosità e della situazione di violenza generalizzata esistente nel paese.

1.3. Entrambe le censure sono inammissibili.

La sentenza impugnata, infatti, ha confermato la decisione di primo grado sulla base delle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto ivi esaminate (c.d. doppia conforme): a ciò consegue che, ex art. 348ter c.p.c. ratione temporis vigente (la norma è in vigore, ex L. n. 134 del 2012, per i giudizi d’appello introdotti dal 12.9.2012), non è ammissibile nel giudizio di legittimità, la prospettazione del vizio indicato in rubrica.

2 Con il terzo motivo ed il quarto motivo il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deduce:

a. con riferimento alla mancata concessione della protezione sussidiaria, la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 per omesso esame delle fonti informative e per omessa applicazione dell’art. 10 Cost.: richiama, al riguardo, le precarie condizioni del paese.

b. la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19 che vieta l’espulsione dello straniero perseguitato ove il rientro in patria lo possa esporre a gravi rischi: si assume che erroneamente era stato confermato il diniego del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie in quanto non erano state considerate nè le condizioni precarie del paese di origine quanto alle gravi limitazioni delle libertà democratiche, nè il livello di integrazione da lui raggiunto in Italia.

2.1. I motivi devono essere congiuntamente esaminati in quanto risultano intrinsecamente connessi rispetto al percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale per rigettare l’impugnazione spiegata avverso il diniego della “protezione sussidiaria” e di quella “umanitaria”.

2.2. Si osserva, infatti, che la censura, pur formalmente ricondotta all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contiene una evidente denuncia di contraddittorietà ed illogicità della motivazione: la Corte territoriale, in modo tanto sintetico quanto assertivo, infatti, ammette, da una parte, che il “(OMISSIS) è attualmente sconvolto da gravi conflitti interni, finalizzati alla presa del potere ed è afflitto da attentati di natura terroristica e da limitazioni e prevaricazioni alla popolazione, tali da rendere impossibile una permanenza sicura nel territorio” e dall’altra nega che ciò possa essere sufficiente per la concessione della protezione umanitaria, dopo aver affermato, quanto a quella sussidiaria, che il ricorrente non aveva specificato il pericolo che avrebbe corso in caso di rimpatrio; inoltre i giudici d’appello svalutano, ritenendolo apoditticamente “insufficiente”, il livello di integrazione raggiunto dal ricorrente (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata).

2.3. Entrambi i motivi riguardano la sostanziale “apparenza” della motivazione che è stata resa senza alcuna argomentazione idonea a spiegare le ragioni del rigetto della domanda: una corretta qualificazione di essi rispetto alle censure prospettate consente alla Corte di ricondurli nell’alveo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, concernente le ipotesi di nullità della sentenza, fra le quali devono essere ricomprese quelle riferibili ad una motivazione inesistente, resa, cioè, attraverso una mera apparenza argomentativa. (cfr. al riguardo Cass. 1370/2013; Cass. 24553/2013 e Cass. 23381/2017).

2.3. In tal modo riqualificati, entrambi i motivi sono entrambi fondati.

3. Circa la protezione sussidiaria, la motivazione risulta infatti contraddittoria in quanto il conflitto armato interno richiamato dalla ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. C) viene al contempo negato (cfr, pag. 3 riga 1,2,3 della sentenza impugnata) ed ammesso (cfr. pag. 3 successivi righi 5, 6 e 7).

4. Quanto alla protezione umanitaria si osserva quanto segue.

4.1. Nelle more fra la data di deposito del ricorso e quella della decisione è entrata in vigore la L. n. 132 del 2018 di conversione del D.L. n. 113 del 2018 che ha introdotto l’istituto della protezione speciale, rispondente a presupposti più circoscritti rispetto a quelli previsti per il permesso di soggiorno per motivi umanitari: tale normativa è stata oggetto di reiterati interventi della giurisprudenza di legittimità, sollecitati dalle modifiche introdotte, culminati con la decisione delle sezioni unite di questa Corte (cfr. Cass. SSUU 29460/2019) investite delle questioni di particolare importanza, concernenti la possibile applicazione retroattiva delle nuove disposizioni ed i presupposti che devono ricorrere in relazione all’istituto previsto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

4.2. Con tale pronuncia, per ciò che qui interessa, è stata affermata l’irretroattività delle nuove disposizioni portate dalla L. n. 132 del 2018, in adesione all’orientamento maggioritario affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolare, in Cass. 4890/2019) secondo la quale l’abrogazione del permesso di soggiorno per motivi umanitari non si applica alle domande di riconoscimento proposte dinanzi alla commissione territoriale competente prima dell’entrata in vigore della nuova legge (5 ottobre 2018), continuando in queste ipotesi a doversi adottare il paradigma normativo contenuto nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 ovvero nella norma che contiene una clausola generale concernente la sussistenza di “seri motivi di carattere umanitario”, da valorizzare in funzione degli obblighi costituzionali ed internazionali assunti.

4.3. E’ stato, al riguardo, affermato che:

a. la legge abrogata non è del tutto priva di efficacia, trovando applicazione per i fatti che si siano verificati anteriormente all’abrogazione;

b. il principio d’irretroattività è volto a tutelare diritti e non fatti. Il divieto di retroattività, di conseguenza, garantisce l’immutabilità della rilevanza giuridica di fatti che già si siano compiutamente verificati o di fattispecie non ancora esaurite;

c. il diritto al riconoscimento di una misura di protezione umanitaria, appartenendo al catalogo dei diritti umani, preesiste al suo accertamento che ha natura esclusivamente dichiarativa: il procedimento a ciò preposto, di conseguenza, non incide sull’insorgenza del diritto che va temporalmente collocato al momento in cui si verifica la situazione di vulnerabilità sussumibile nella fattispecie allora vigente. E’ irrilevante che esso non comporti il riconoscimento di uno status, ma una protezione temporanea come quella apprestata nelle varie forme dalla normativa vigente, essendo espressione del diritto di asilo costituzionale, costruito come diritto della personalità, posto a presidio di quelli fondamentali della persona;

d. benchè il diritto di asilo si configuri quando il richiedente faccia ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità che mettano a repentaglio l’esercizio dei propri diritti fondamentali, è la data di presentazione della domanda in sede amministrativa che identifica ed attrae il regime normativo della protezione per ragioni umanitarie da applicare, in quanto è con essa che il titolare del diritto esprime il bisogno di tutela e l’intendimento di avvalersene;

e. a ciò consegue, tuttavia, che sia nel caso in cui alla data di entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018 la Commissione Territoriale abbia già ritenuto la sussistenza dei gravi motivi di carattere umanitario (come stabilito dal D.Lgs. n. 113 del 2018, art. 1, comma 9) sia in quello in cui l’accertamento sia comunque in itinere il titolo di soggiorno dovrà rispondere alle modalità previste dal D.L. n. 113 del 2018, art. 1, comma 9.

4.4. Le Sezioni Unite hanno precisato che la natura dichiarativa dell’accertamento non è indebolita dalla necessità, prevista dalla legge, che la valutazione avvenga sulla base d’informazioni aggiornate, essendo questa caratteristica un’espressione non della natura costitutiva dell’accertamento ma dell’estensione dei poteri istruttori del giudice e della peculiarità del regime probatorio che presidia proprio il rango e l’inviolabilità dei diritti in gioco.

4.5. E’ stato altresì confermato, in ordine ai presupposti dell’istituto in esame, l’orientamento nettamente prevalente della giurisprudenza di legittimità, portato da Cass. 4455/2018, secondo il quale, in materia di protezione umanitaria, il profilo dell’integrazione non può essere trascurato e non deve essere esaminato isolatamente, ma attraverso una valutazione comparativa della situazione di effettiva compromissione dei diritti umani fondamentali nel paese di origine;

ed è stato sottolineato sia che la tutela di essi deve essere “orizzontale”, sia che la norma elastica contenuta nel D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 è lo strumento più adeguato a promuoverne l’evoluzione.

5. Tanto premesso, si osserva che manca del tutto, nella motivazione impugnata, la valutazione comparativa tra la odierna situazione del ricorrente – descritta dalla stessa Corte territoriale, con riferimento all’accoglienza nella struttura Alba Soc. Cooperativa Acquasparta e l’integrazione nella comunità che lo circonda – e la possibile compressione del nucleo dei suoi diritti fondamentali in caso di rimpatrio in (OMISSIS), da condurre in ossequio ai principi che si andranno ad esporre.

5.1.Non è inutile ricordare, infatti, che secondo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 4455/2018, per come confermata anche da Cass. SUU 29459/2019, cit. sopra), in materia di protezione umanitaria, il riconoscimento del diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in favore del cittadino straniero che abbia realizzato un grado adeguato di integrazione sociale in Italia deve fondarsi su una effettiva valutazione comparativa della situazione soggettiva ed oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione d’integrazione raggiunta nel Paese d’accoglienza.

5.2. E’ stato definitivamente chiarito, quanto ai presupposti necessari per ottenere la protezione umanitaria, che:

non si può trascurare la necessità di collegare la norma che la prevede ai diritti fondamentali che l’alimentano.

gli interessi protetti non possono restare ingabbiati in regole rigide e parametri severi, che ne limitino le possibilità di adeguamento, mobile ed elastico, ai valori costituzionali e sovranazionali, sicchè l’apertura e la residualità della tutela non consentono tipizzazioni (ex multis, Cass. 15 maggio 2019, nn. 13079 e 13096).

le relative basi normative sono, allora “a compasso largo”: l’orizzontalità dei diritti umani fondamentali, col sostegno dell’art. 8 Cedu, promuove l’evoluzione della norma, elastica, sulla protezione umanitaria “a clausola generale di sistema”, capace di favorire i diritti umani e di radicarne l’attuazione.

è stato, pertanto, condiviso l’orientamento di questa Corte (inaugurato da Cass. 23 febbraio 2018, n. 4455, e seguito, tra le altre, da Cass. 19 aprile 2019, n. 11110 e da Cass. n. 12082/19, cit., nonchè dalla prevalente giurisprudenza di merito) che assegna rilievo centrale alla valutazione comparativa, ex art. 8 CEDU, tra il grado d’integrazione effettiva nel nostro Paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel Paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale.

6. Nel caso di specie, manca del tutto la valutazione comparativa oggetto delle superiori argomentazioni: la sentenza pertanto deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che, in relazione alle due fattispecie oggetto di censura da esaminare in via gradata, valuterà:

a. le condizioni del sistema politico e giudiziario del (OMISSIS) che emergono dal rapporto EASO aggiornato alla data della decisione, con particolare riferimento alla eventuale indiscriminata repressione delle libertà democratiche;

b. ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, la sussistenza dei presupposti di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 e, con particolare riferimento all’art. 14, lett. c), l’esistenza di un conflitto armato, interno o internazionale, in conformità con la giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 30 gennaio 2014, in causa C-285/12);

c. ai fini del riconoscimento, come detto in via gradata, del permesso di soggiorno per motivi umanitari, il livello di integrazione raggiunto dal ricorrente in Italia, anche attraverso un’esame comparativo della eventuale violazione dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile e costitutivo della dignità personale, al quale il ricorrente andrebbe incontro in caso di rimpatrio.

7. La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte,

accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione per il riesame della controversia in relazione ai motivi accolti e per la decisione in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima civile, il 14 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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