Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37759 del 01/12/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/12/2021, (ud. 28/09/2021, dep. 01/12/2021), n.37759

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15114-2018 proposto da:

Z.M. e B.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA M.

PRESTINARI 15, presso lo studio dell’avvocato CALVIERI VALTER, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOBBA NICOLA;

– ricorrenti –

contro

B.M., nella qualità di unico genitore esercente la

responsabilità genitoriale in via esclusiva sulla figlia minore

Z.A.S., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

ADRIANA 10, presso lo studio dell’avvocato ANGELONI PAOLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANGELONI PIERLUIGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 590/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 12/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. CIRILLO

FRANCESCO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. B.M., in qualità di esercente la potestà sulla figlia minore Z.A.S., convenne in giudizio Z.M. e B.M., davanti al Tribunale di Vicenza, chiedendo che fosse dichiarato inefficace nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 2901 c.c., l’atto del 12 giugno 2007 col quale i convenuti avevano costituito un fondo patrimoniale conferendovi alcuni immobili.

A sostegno della domanda la parte attrice espose, tra l’altro, che la propria figlia minore, riconosciuta figlia naturale del defunto Z.D. con sentenza del Tribunale dei minorenni di Venezia del 9 gennaio 2008, era creditrice della sua quota di eredità del defunto padre e che l’atto in questione avrebbe pregiudicato le sue ragioni.

Si costituirono in giudizio i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda ed eccependo preliminarmente la prescrizione dell’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2903 c.c..

Il Tribunale accolse la domanda, dichiarò l’inefficacia dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale e condannò i convenuti al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata impugnata dai coniugi Z. e la Corte d’appello di Venezia, con sentenza del 12 marzo 2018, ha rigettato il gravame e ha condannato gli appellanti al pagamento delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale, per quanto di interesse in questa sede, che la prescrizione non poteva dirsi decorsa. Pacifico essendo,

Ric. 2018 n. 15114 sez. M3 – ud. 28-09-2021 alla luce della giurisprudenza di legittimità, che la prescrizione dell’azione revocatoria decorre dalla data in cui la costituzione del fondo patrimoniale è stata annotata a margine dell’atto di matrimonio, nel caso in esame gli appellanti non avevano dato prova né della sussistenza né della data di tale annotazione, per cui l’eccezione doveva essere respinta.

Quanto al merito, la Corte veneziana ha osservato che era stata dimostrata la sussistenza di un credito della minore a titolo di liquidazione della quota spettante al defunto padre in relazione alla società Finlia; d’altra parte, era oggetto di un separato giudizio di revocatoria anche l’atto di provenienza dei beni conferiti dagli appellanti nel fondo patrimoniale. I coniugi Z., inoltre, non avevano dimostrato l’esistenza di un patrimonio residuo idoneo a soddisfare le ragioni del credito, posto che gli immobili della suindicata società erano gravati da ipoteche e fatti oggetto di espropriazione immobiliare. Pacifica era da ritenere, infine, la sussistenza della scientia damni, perché Z.M. era consapevole dell’esistenza di una ragione di credito in capo alla sorella minorenne e l’atto era da considerare a titolo gratuito.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Venezia ricorrono Z.M. e B.M. con unico atto affidato a due motivi.

Resiste con controricorso B.M., in qualità di esercente la potestà sulla figlia minore Z.A.S..

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis c.p.c., e non sono state depositate memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Occorre innanzitutto rilevare che la trattazione del presente ricorso è stata rinviata per due volte, accogliendo le sollecitazioni dei ricorrenti, con le ordinanze interlocutorie 4 febbraio 2020, n. 2570, e 25 giugno 2021, n. 18278.

I ricorrenti hanno fatto pervenire a questa Corte, con un messaggio di posta elettronica certificata del 24 settembre 2021, una richiesta di ulteriore differimento, asseritamente fondata sul raggiungimento di un accordo conciliativo; ed hanno aggiunto, che, essendosi nel frattempo trasferita la Brutovszkà in Slovacchia con la figlia minore, sarebbe necessario lo slittamento per consentire il perfezionamento dell’accordo.

Rileva la Corte, però, che tale istanza non può essere accolta, sia per la sua totale genericità sia per il fatto che essa è sottoscritta dal solo avv. Giobba Nicola, difensori dei ricorrenti, mentre non c’e’ alcuna prova dell’adesione all’istanza da parte dell’avv. A.P., che risulta solo indicato nella richiesta, ma che non ha firmato.

Ne consegue che il ricorso, già pendente da tempo, deve essere a questo punto deciso, non potendosi tollerare ulteriori ritardi.

2. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 2901 e 2903 c.c., sul rilievo che l’azione sarebbe da ritenere prescritta.

Osservano i ricorrenti che la data di annotazione dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale a margine dell’atto di matrimonio sarebbe, nella specie, irrilevante, perché la minore avrebbe potuto agire solo dopo aver ottenuto il riconoscimento, in via giudiziale, del suo status di figlia naturale del defunto. La sentenza del Tribunale dei minorenni era stata depositata in data 9 gennaio 2008 e l’atto di appello era stato notificato il 24 aprile 2008; il che comportava che nel momento in cui fu introdotto l’odierno giudizio (25 giugno 2013, data di notifica della citazione) la prescrizione di cui all’art. 2903 c.c. era ormai decorsa.

2.1. Il motivo non è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte, correttamente richiamata dalla Corte d’appello di Venezia, ha stabilito che la costituzione del fondo patrimoniale di cui all’art. 167 c.c. è soggetta alle disposizioni dell’art. 162 c.c., circa le forme delle convenzioni matrimoniali, ivi inclusa quella del comma 4, che ne condiziona l’opponibilità ai terzi all’annotazione del relativo contratto a margine dell’atto di matrimonio, mentre la trascrizione del vincolo per gli immobili, ai sensi dell’art. 2647 c.c., resta degradata a mera pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo (Sezioni Unite, sentenza 13 ottobre 2009, n. 21658).

Tale orientamento è stato più volte confermato in seguito; in particolare per ciò che riguarda il decorso della prescrizione, questa Corte ha stabilito che la disposizione dell’art. 2903 cit., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell’art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo (sentenza 24 marzo 2016, n. 5889).

Questi principi, ai quali il Collegio intende dare ulteriore continuità, sono stati correttamente applicati dalla Corte d’appello.

Essa, infatti, ha affermato, come detto, che gli appellanti non avevano dimostrato né la sussistenza dell’annotazione né la data della medesima. Il motivo in esame è contraddittorio, perché da un lato si limita ad affermare che l’annotazione sarebbe avvenuta regolarmente (senza dire quando); dall’altro afferma (p. 11 del ricorso) che l’onere della prova dell’annotazione non poteva essere posto a carico degli appellanti.

Osserva la Corte, ad ogni modo, che rimane comunque confermato che – a prescindere dalle considerazioni svolte dai ricorrenti circa la data di exordium praescriptionis in relazione all’accertamento giudiziale della paternità della minore Z.A.S. – gli odierni ricorrenti non hanno superato l’affermazione decisiva della Corte d’appello secondo cui la data dell’annotazione non era stata dimostrata; il che dimostra in modo pacifico come il motivo in esame sia privo di fondamento.

3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., perché la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere sussistenti le condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria.

Sostengono i ricorrenti che il bene conferito nel fondo patrimoniale non farebbe parte dell’eredità del defunto; Z.M., inoltre, avrebbe versato regolarmente il prezzo di acquisto dello stesso e comunque il patrimonio del defunto Z.D. sarebbe ampiamente sufficiente a soddisfare le ragioni di credito della minore la quale, in quanto sorella di Z.M., non avrebbe diritto ad un trattamento migliore rispetto a quest’ultimo. La sentenza, inoltre, non avrebbe dato conto della sussistenza del requisito della scientia damni in capo all’odierno ricorrente.

3.1. Il motivo non è fondato.

E’ pacifico che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale è da ritenere atto a titolo gratuito, ai fini della sussistenza dei requisiti per l’esercizio dell’azione revocatoria. Nel caso di specie, la Corte d’appello ha correttamente dedotto la sussistenza della scientia damni dal fatto che Z.M. aveva partecipato al giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità naturale della minore Z.A.S. ed era quindi a conoscenza del fatto che la stessa vantava ragioni di credito nei confronti dell’asse ereditario già dal momento della sua nascita (avvenuta nel 2006); tanto più che è fuori discussione che il fondo patrimoniale è stato costituito in data 12 giugno 2007, cioè dopo la nascita della sorella.

Quanto alla sussistenza di un patrimonio residuo tale da garantire la sufficienza della garanzia patrimoniale, il motivo in esame è generico, limitandosi a vaghe affermazioni che non sono in grado di superare l’affermazione della Corte d’appello secondo cui gli immobili della società Finlia erano gravati da ipoteche e fatti oggetto di espropriazione immobiliare, per cui la soddisfazione del credito era resa comunque più difficoltosa dalla costituzione del fondo patrimoniale.

4. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono, inoltre, le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.500, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 28 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021

 

 

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