Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3775 del 15/02/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 3775 Anno 2013
Presidente: BOGNANNI SALVATORE
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

SENTENZA
sul ricorso 8723-2008 proposto da:

ALESI MARIO, elettivamente domiciliato in ROMA PIAllA
CAVOUR, presso la cancelleria della CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CALI’
ROSARIO con studio in PALERMO VIA DI MARZO GIOACCHINO
11 (avviso postale), giusta delega in calce;
– ricorrente –

2012
2496

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 15/02/2013

STATO, che lo rappresenta e difende ape legis;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 84/2006 della COMM.TRIB.REG. di
PALERMO, depositata il 30/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

TERRUSI;
udito per il controricorrente l’Avvocato DETTORI che
ha chiesto il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per il
rigetto del ricorso in via principale, in subordine
rigetto del l ° motivo, accoglimento degli altri.

udienza del 13/12/2012 dal Consigliere Dott. FRANCESCO

Svolgimento del processo
L’agenzia delle entrate di Palermo notificò, nell’anno 2003,
un avviso di accertamento nei riguardi della s.d.f. Rap
Francesco e Ducato Giuseppina, e dei singoli soci, per omessa
contabilizzazione di ricavi relativi a fatture emesse da
Francesco Rap nell’aprile e nel settembre 1998 relativamente

L’avviso fu impugnato dalla curatela del fallimento di
Francesco Rap, dichiarato in data 14 maggio 1999.
D’impugnazione

venne

dichiarata

inammissibile

dalla

commissione tributaria provinciale di Palermo per mancanza
della necessaria previa autorizzazione del giudice delegato.
La commissione tributaria regionale della Sicilia, con
sentenza depositata il 30.1.2007,

seppure evidenziando

l’erroneità della suddetta statuizione per essere risultata
l’autorizzazione in effetti rilasciata, rigettò l’appello
della curatela quanto ai profili di merito, considerando che
l’attività d’impresa dovevasi ritenere riferibile alla
s.d.f., la quale era succeduta alla ditta individuale di
Giorgio Rap in morte di questi, stante la revoca di
Giuseppina Ducato della rinuncia all’eredità del marito.
La curatela del fallimento ha proposto ricorso per cassazione
sorretto da tre motivi.

L’intimata ha replicato con controricorso.
Motivi della decisione
I. – Con i tre mezzi la ricorrente deduce nell’ordine:
(i) “illegittimità della sentenza (..) ai sensi dell’art. 360
n. 5 c.p.c., per carente e/o insufficiente motivazione in

a opere edili eseguite in beneficio del comune di Modena.

ordine alla mancanza di legittimazione passiva della curatela
fallimentare, violazione dell’art. 43della legge
fallimentare”;
(li) “illegittimità della sentenza (..) ai sensi dell’art.
360 n. 5 c.p.c., per omessa o insufficiente motivazione su un
punto decisivo della controversia in ordine alla violazione

e/o errata applicazione dell’art. 525 del codice civile e
alla errata individuazione del soggetto passivo ai fini Irap
e Iva”;

(iii) ‘illegittimità della sentenza (..) ai sensi dell’art.
360 n. 5 c.p.c., per omessa motivazione in ordine alla
violazione dell’art. 6 comma 5 del d.p.r. 633/72 in ordine al
momento di esigibilità dell’Iva. Duplicazione del prelievo”.
II. – I motivi si rivelano inammissibili.
Le doglianze, attinenti a questioni di diritto, sono state
invero dedotte denunciando il vizio di cui all’art. 360, n.
5, c.p.c., che invece può attingere la sola motivazione in
fatto della sentenza di merito. E tanto si evince in termini
certi dai petita formulati a conclusione del ricorso.
A ogni modo i motivi sono anche infondati e in buona parte
inconferenti rispetto alla decisione che rileva.
Il primo motivo involge difatti profili di
legittimazione attinenti all’art. 43 della legge fall. (nel
testo anteriore alle modifiche ex d. lgs. n. 5 del 2006).
Pretestuosamente però si assume illegittima la notifica
dell’avviso di accertamento alla curatela che pur lo ha
impugnato.

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La sentenza non ha posto in discussione la legittimazione
processuale attiva della curatela quanto all’impugnazione
dell’avviso di accertamento. E solo questo interessa, mentre
la tesi sostenuta nel quesito di diritto, attenendo alla
possibilità di notificare l’avviso medesimo al curatore del
fallimento del socio per debiti erariali anteriori, non

incide sulla soluzione della controversia.
Invero il problema è quello della efficacia dell’accertamento
per la massa dei creditori e dell’esercizio delle facoltà
processuali conseguenti. E trova fondamento nella consolidata
affermazione giurisprudenziale secondo cui l’accertamento
fiscale avente a oggetto obbligazioni tributarie i cui
presupposti siano maturati (come nella specie) prima della
dichiarazione di fallimento del contribuente, ove sia stato
notificato soltanto al fallito, e non anche al curatore del
fallimento, conserva la sua validità, ma è inefficace
nell’ambito della procedura fallimentare.
Ma, ai fini dell’opponibilità alla massa, l’accertamento va
giustappunto notificato al curatore (come nella specie
avvenuto), ossia a colui che è dotato della legittimazione a
impugnarlo in pendenza della procedura concorsuale (cfr.
Cass. n. 22277/2011; n. 11784/2010; n. 9951/2003).
Donde neppur si comprende il senso della dedotta censura, ove
si tenga conto che la curatela ha ricevuto l’avviso e lo ha come detto sopra – ritualmente impugnato.
IV. – Il secondo motivo si basa su un concetto – della
inefficacia giuridica della revoca della rinuncia all’eredità
intervenuta dopo l’acquisizione di altro chiamato (art. 525

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c.c.) – che nulla ha da spartire con la ratio della decisione
impugnata.
La quale ha valorizzato la cogestione dell’impresa,
pacificamente conseguente alla revoca della rinuncia
all’eredità, come dato di fatto idoneo a far ritenere “non
rispondente al vero che la s.d.f. Rap e Ducato si sarebbe

trasformata in ditta individuale Rap Francesco quale erede di
Rap GiorgTh”.
In sostanza, ad avviso della commissione regionale, fin dalla

morte del

de cuius

l’impresa era stata gestita in forma

societaria dalla di lui moglie e dal figlio.
Trattasi di valutazione in fatto, compiutamente svolta dal
giudice

di merito e non incisa dal profilo inerente le

condizioni di giuridica efficacia della rinuncia.
V.

Il terzo motivo, facendo leva su una supposta

duplicazione del prelievo, si basa sull’affermazione di un
fatto ( l’avvenuto pagamento delle prestazioni nell’anno 2001
seguito dal versamento dell’Iva da parte del curatore del
fallimento) che dalla sentenza non emerge; e che neppure
risulta consegnato al giudizio di appello.
VI. – In conclusione, quindi, il ricorso va rigettato.
Le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle
spese processuali, che liquida in euro 7.000,00 per compensi
oltre le spese prenotate a debito.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta
sezione civile, addì 13.12.2012.

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