Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3774 del 14/02/2017
Cassazione civile, sez. III, 14/02/2017, (ud. 23/11/2016, dep.14/02/2017), n. 3774
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina L. – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22358-2014 proposto da:
N.M.A., P.E. in persona del genitore
esercente la potestà N.M.A., domiciliate ex lege
in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentate e difese dall’avvocato NICOLA ARTESE giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
D.C.M.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 52/2013 del TRIBUNALE di VASTO, depositata il
15/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
23/11/2016 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI;
udito l’Avvocato SABATINO BESCA per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE
MASELLIS MARIELLA che ha concluso per l’inammissibilità in
subordine rigetto 1 – 2 – 3 motivo; assorbito il 4 motivo.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
D.C.M. intimò a N.M.A. sfratto per morosità in relazione ad un immobile ad uso commerciale che era stato locato alla predetta N. e ad P.A., nel frattempo deceduto.
Nonostante l’opposizione dell’intimata, il Tribunale emise ordinanza non impugnabile di rilascio e definì il giudizio con sentenza che dichiarò la risoluzione del contratto e condannò la N. al pagamento dei canoni insoluti.
La Corte d’Appello dichiarò la nullità della sentenza per non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti degli eredi del P..
Riassunta davanti al Tribunale, la causa venne nuovamente definita con accoglimento della domanda della D.C..
La Corte di Appello di L’Aquila ha dichiarato inammissibile, ex art. 348 bis c.p.c., il gravame della N., la quale ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi; gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Col primo motivo, la ricorrente deduce la violazione degli artt. 447 bis e 426 c.p.c. per il fatto che il Tribunale non aveva provveduto alla modifica del rito (la causa era stata riassunta con atto di citazione ed era stata trattata con rito ordinario, mentre era stata decisa ex art. 429 c.p.c.).
1.1. Il motivo è privo di interesse – e pertanto inammissibile – in quanto la ricorrente non ha individuato il concreto pregiudizio alla difesa conseguito all’omesso mutamento del rito (cfr. Cass., S.U. n. 25034/2006, Cass. n. 3217/2001, Cass. n. 4620/1999).
Peraltro – contrariamente a quanto profilato da parte ricorrente – nessuna rimessione in termini era conseguibile in esito al mutamento del rito. Infatti il mutamento del rito da ordinario a speciale non determina – neppure a seguito di fissazione del termine perentorio di cui all’art. 426 cod. proc. civ. per l’integrazione degli atti introduttivi- la rimessione in termini rispetto alle preclusioni già maturate alla stregua della normativa del rito ordinario, dovendosi correlare tale integrazione alle decadenze di cui agli artt. 414 e 416 cod. proc. civ. e non valendo la stessa a ricondurre il processo ad una fase anteriore a quella già svoltasi (cfr. Cass. n. 9550/2010).
2. Col secondo motivo, viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c.: premesso che la sentenza della Corte di Appello che aveva dichiarato la nullità della prima sentenza aveva affermato l’esistenza di un litisconsorzio necessario con gli eredi del P. e che la D.C. aveva prestato acquiescenza a tale statuizione, la N. si duole che, in sede di riassunzione, il Tribunale di Vasto abbia disatteso il giudicato formatosi sul punto e abbia sostenuto che l’obbligazione solidale passiva non comportava l’inscindibilità delle cause e non dava luogo a litisconsorzio necessario.
Il terzo motivo censura la sentenza per violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, art. 37 e art. 102 c.p.c. per avere escluso la necessità che al giudizio di risoluzione partecipassero tutti i conduttori (e i loro eredi).
2.1. Anche questi motivi – che si esaminano congiuntamente – sono privi di interesse, in quanto il giudizio si è comunque svolto a contraddittorio integro (esteso anche agli eredi del P.) ed è pertanto priva di rilievo l’erronea affermazione del Tribunale circa l’insussistenza di una fattispecie di litisconsorzio necessario, viceversa affermata pacificamente da questa Corte, a fronte della natura costitutiva dell’azione di risoluzione (cfr. Cass. n. 1021/2006 e Cass. n. 903/1987).
Peraltro, l’affermazione del Tribunale in punto di solidarietà dell’obbligazione (da cui l’affermazione del litisconsorzio facoltativo) appare funzionale alla sola domanda di pagamento (e alla correlativa pretesa di P.E., rappresentata dalla madre, ad essere subentrata nel rapporto di locazione); sotto tale profilo pacifica la riferibilità della morosità ad epoca successiva alla morte del co-conduttore P.A. – non è neppure profilabile una responsabilità parziaria dei coeredi.
3. Il quarto motivo deduce l’omesso esame di un fatto decisivo “in relazione all’insussistenza della morosità”.
Il motivo è infondato in quanto il Tribunale ha valutato la morosità (sottolineando che la stessa si era protratta nel tempo e che residuavano somme da pagare per oltre 6.000,00 Euro) e le allegazioni delle ricorrenti circa l’avvenuto pagamento) o meglio l’offerta di pagamento a distanza di tre anni dall’instaurazione del giudizio (in data successiva alla sentenza di appello che annullò quella di risoluzione per difetto di contraddittorio)) si rivelano prive di decisività.
4. In difetto di attività difensiva dell’intimata, non deve provvedersi sulle spese di lite.
5. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.
PQM
la Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017