Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37739 del 01/12/2021

Cassazione civile sez. VI, 01/12/2021, (ud. 15/09/2021, dep. 01/12/2021), n.37739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – rel. Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

Dott. PICCONE Valeria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5411-2019 proposto da:

O.L., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

SALITA DI SAN NICOLA DA TOLENTINO 1/B, presso lo studio

dell’avvocato DOMENICO NASO, tutti rappresentati e difesi

dall’avvocato CRISTIANO DALLA TORRE;

– ricorrenti –

contro

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE PER IL VENETO, MINISTERO

DELL’ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA (OMISSIS), UFFICO SCOLASTICO

PROVINCIALE PER IL VENETO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 278/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 03/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 15/09/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DORONZO

ADRIANA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza pubblicata in data 3 agosto 2018, la Corte d’appello di Venezia ha accolto l’appello proposto dal Ministero della Istruzione, Università e Ricerca contro la sentenza del Tribunale di Verona che, in parziale accoglimento della domanda proposta da O.L. e altri litisconsorti, aveva riconosciuto il diritto dei ricorrenti, assunti a tempo determinato dal Ministero, al risarcimento del danno derivante dalla illegittima reiterazione di contratti a tempo determinato. Ha invece rigettato l’appello incidentale sollevato dai dipendenti, avente ad oggetto la domanda di conversione.

A fondamento del decisum la Corte territoriale ha ritenuto che indipendentemente dalla individuazione dei singoli periodi in cui ciascuno degli appellati aveva svolto supplenze su posti di organico di diritto e/o di organico di fatto – era assorbente il rilievo che i dipendenti, assunti in qualità di docenti o di collaboratori scolastici per oltre un triennio, erano stati tutti immessi in ruolo; che, in forza dei principi espressi da questa Corte nella sentenza n. 27563/2016 (punti 121 e 122), e nelle numerose altre pure citate, l’intervenuta stabilizzazione era idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’unione, e, quindi, a riparare tutti i danni riferibili all’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato in difetto di specifiche allegazioni circa l’esistenza di danni ulteriori diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo.

Contro la sentenza i dipendenti hanno proposto ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi; hanno resistito con controricorso il Ministero e gli uffici scolastici regionale e provinciale. La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in Camera di Consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.- con il primo motivo, parte ricorrente deduce l’estinzione del procedimento di appello per il mancato tempestivo deposito dell’atto di riassunzione del processo dopo la sua sospensione in attesa della decisione della Corte costituzionale che, con ordinanza del 3/7/2013, aveva sollevato questione di pregiudizialità dinanzi alla Corte di giustizia: assume parte ricorrente che, dopo il deposito della sentenza della Corte costituzionale, l’avvocatura distrettuale dello Stato aveva depositato l’atto di riassunzione in modalità cartacea, in violazione di quanto disposto dal D.Lgs. n. 179 del 2012, art. 16 bis, a norma del quale l’atto, avendo natura endoprocedimentale, doveva essere depositato esclusivamente in via telematica.

2.- Con il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la parte ricorrente deduce “Violazione, falsa ed erronea applicazione delle norme di legge in tema di diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella sentenza della Corte di Cassazione Sez. Un. 5072/2016 in favore dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario in ipotesi di illegittima reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratisi a far data dal 10 luglio 2001. – Violazione falsa ed erronea applicazione del “principio di equivalenza” e del “principio di effettività della tutela””.

3.- Il terzo motivo è incentrato “Sulla questione pregiudiziale Europea circa la conformità alla Direttiva Europea 1999/70/CE dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie”.

4.- Con il quarto motivo, parte ricorrente deduce la “Illegittimità costituzionale dell’esclusione della misura risarcitoria/indennitaria per sanzionare l’abusiva reiterazione di contratti a tempo determinato in presenza dell’immissione in ruolo per effetto di scorrimento delle graduatorie: ai sensi dell’art. 3 Cost. (principio di eguaglianza), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione alla Clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro allegato alla direttiva Europea 1999/70/CE, (principio di equivalenza – principio di effettività), ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6, paragrafo 1, della Carta Europea dei diritti dell’Uomo”.

5.- Con il quinto motivo, a sua volta ripartito in cinque punti, si denuncia a) la violazione, la falsa ed erronea applicazione delle norme di legge a1) in tema di diritto all’integrale risarcimento dei danni, di accertamento e liquidazione del danno (art. 115 c.p.c., art. 2727 c.c.), a2) in tema di interpretazione della domanda e onere della prova (artt. 112 e 115 c.p.c.), b) la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, per motivazione apparente con riferimento al diritto al riconoscimento delle differenze retributive e contributive, c) l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, d) l’illegittima esclusione del risarcimento dei danni ulteriori diversi rispetto a quelli risarciti con la stabilizzazione.

6.- Il primo motivo è manifestamente infondato.

La difformità rispetto al modello legale dell’atto di riassunzione del Ministero si risolve in una mera irregolarità che non comporta nullità in mancanza di espressa comminatoria ex art. 156 c.p.c., comma 1.

Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte nelle numerose ordinanze in cui è stato esaminato lo stesso motivo relativo all’estinzione del giudizio (per tutte, Cass. 1/7/2021, n. 18693; Cass. 11/2/2021, n. 3417).

7. Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, che si esaminano congiuntamente, appaiono inammissibili ex art. 360 bis c.p.c., n. 1, avendo la Corte territoriale deciso la questione in diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e l’esame dei motivi non induce ad un suo mutamento, né ad una nuova rimessione delle questioni alla Corte costituzionale ovvero alla Corte di giustizia. Al riguardo si richiamano i principi già espressi da questa Corte (per tutti, ancora, Cass. n. 18693/2021; Cass. n. 3417/2021) ai quali si intende dare continuità ed alle cui motivazione si rinvia, anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp.att. c.p.c.

8.- Anche l’ultimo motivo è inammissibile.

Il motivo è stato oggetto di esame da parte di questa Corte, di recente con la ordinanza n. 18693/2021, cit. (che richiama Cass. 3417/2021 cit.), alla quale si rinvia integralmente non ravvisandosi negli atti difensivi dei ricorrenti elementi idonei a determinare un ripensamento dei principi in essa affermati.

8.1.- Nel caso in esame, al pari di quello esaminato nell’ordinanza citata, la Corte ha ritenuto generiche e comunque non provate le allegazioni dei ricorrenti circa i danni ulteriori rispetto a quelli riparati dall’intervenuta stabilizzazione; ha altresì escluso che vi sia stata allegazione di un uso improprio o distorto, da parte del Ministero, della tipologia delle supplenze su organico di fatto temporanee.

8.2. Il motivo è nella sua complessità inidoneo a scalfire queste affermazioni, presentando evidenti profili di inammissibilità oltre che di infondatezza, sia per la promiscuità e la mescolanza dei motivi, sia con riguardo alla violazione di legge prospettata con riferimento ad una pluralità di norme, senza che risultino indicate con chiarezza le affermazioni della sentenza in contrasto con le norme di legge indicate.

8.3. E’ poi inconferente il richiamo all’art. 112 c.p.c., giacché non vi è stata alcuna omessa pronuncia (o extra o ultra petizione), ma solo una interpretazione della domanda, non denunciabile ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 (Cass. 11/10/2019, n. 25690).

8.4. Quanto al vizio di omesso esame di fatti decisivi, anch’esso è inammissibile, non risultando indicato quale sia il fatto – principale o secondario – di cui si predica la decisività e la cui valutazione sarebbe stata del tutto omessa, non potendo rientrare nella nozione di “fatto” la valutazione compiuta dal giudice degli atti processuali.

8.5. La ritenuta genericità delle allegazioni assorbe ogni ulteriore valutazione circa la presunta violazione dell’art. 1226 c.c., giacché il ricorso alla liquidazione in via equitativa presuppone già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno (Cass. n. 16202/2002; Cass. n. 13288/2007; Cass. n. 28742/2018). Onere nella specie non assolto.

Neppure è ravvisabile un’ipotesi di nullità della sentenza perché la motivazione è fisicamente (oltre che logicamente ed esaustivamente) esistente, non presenta alcuna incongruenza o illogicità, peraltro neppure indicata dai ricorrenti (cfr. Cass. Sez. Un. 8053/2014).

9. La complessità delle questioni giuridiche sottese al ricorso, come attestata anche dai ripetuti interventi della Corte costituzionale e, da ultimo, anche della Corte di Giustizia, giustifica la integrale compensazione delle spese dell’intero processo.

La parte ricorrente è comunque tenuta al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato versato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 15 settembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021

 

 

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