Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 37713 del 01/12/2021

Cassazione civile sez. II, 01/12/2021, (ud. 03/06/2021, dep. 01/12/2021), n.37713

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 17333 – 2016 R.G. proposto da:

LA PERLA GROUP s.r.l.- p.i.v.a. (OMISSIS) – in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Vicopisano (PI), alla via

Simone Martini, n. 12, presso lo studio dell’avvocato Alessandro

Capone, che la rappresenta e difende in virtù di procura speciale

su foglio allegato in calce alla comparsa in data 1.6.2021 di

costituzione di nuovo difensore;

– ricorrente –

contro

C.V., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato in Roma,

alla via Nomentana, n. 76, presso lo studio dell’avvocato Marco

Selvaggi, che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Filippo

Fontani, lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 655/2016 della Corte d’Appello di Firenze,

dep. 22/01/2016;

udita la relazione nella camera di consiglio del 3 giugno 2021 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO

1. Con atto ritualmente notificato “La Perla Group” s.r.l. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Pisa C.V..

Esponeva che, a seguito di proposta irrevocabile di acquisto formulata da V.F. ed accettata dal convenuto, era stato dalle medesime parti stipulato in data 26.7.2010 preliminare di compravendita, in forza del quale la V. aveva promesso di acquistare, per sé o per persona da nominare, ed il convenuto aveva promesso di vendere l’immobile di sua proprietà, sito nel (OMISSIS) (in catasto al (OMISSIS)), per il prezzo di Euro 120.000,00, di cui Euro 15.000,00 erano stati, nel complesso, versati alla sottoscrizione del preliminare a titolo di caparra confirmatoria ed Euro 105.000,00 erano da versare alla stipula del definitivo, stipula programmata entro il termine del 31.12.2010.

Esponeva che in data 25.11.2010 V.F., in qualità di legale rappresentante di essa società attrice, ed il convenuto avevano sottoscritto un ulteriore accordo in virtù del quale la data ultima di stipulazione del definitivo era stata differita al 31.3.2011 ed in virtù del quale era stata versata l’ulteriore somma di Euro 15.000,00 del pari a titolo di caparra confirmatoria.

Esponeva che il promittente venditore, adducendo l’indisponibilità della promissaria acquirente alla stipula del definitivo, aveva inteso, come da comunicazione all’uopo inoltrata, recedere dal preliminare e trattenere gli importi corrisposti a titolo di caparra confirmatoria.

Indi, premesso che V.F. aveva provveduto a designarla promissaria acquirente, chiedeva – tra l’altro – che l’adito tribunale, dato atto della sua disponibilità al versamento del saldo del prezzo, pronunciasse sentenza ex art. 2932 c.c. idonea a trasferirle l’immobile promesso in vendita e condannasse il convenuto a risarcirle il danno arrecatole.

2. Si costituiva C.V..

Dichiarava la propria disponibilità al trasferimento dell’immobile a fronte del versamento banco iudicis del saldo del prezzo.

Instava – in difetto – per il rigetto dell’avversa domanda e, in riconvenzionale, perché il tribunale dichiarasse legittimo il recesso da parte sua del preliminare e legittima la ritenzione da parte sua della caparra.

3. Espletata la c.t.u., con sentenza n. 1408/2013 il Tribunale di Pisa rigettava le domande tutte di parte attrice ed, in accoglimento della riconvenzionale del convenuto, dichiarava legittimo, a fronte del grave inadempimento della parte promissaria acquirente, il recesso dal contratto e la ritenzione della caparra confirmatoria da parte del promittente venditore; condannava l’attrice alle spese di lite nonché a corrispondere a controparte la somma di Euro 5.000,00 ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

4. “La Perla Group” s.r.l. proponeva appello.

Resisteva C.V..

5. Con sentenza n. 655/2016 la Corte d’Appello di Firenze rigettava il gravame e condannava l’attrice alle spese del grado nonché a corrispondere a controparte ex art. 96 c.p.c., comma 3 la somma di Euro 800,00.

Evidenziava la corte che, alla stregua dell’art. 2932 c.c., comma 2 correttamente il tribunale aveva rigettato la domanda ex art. 2932 c.c. esperita dalla s.r.l. appellante.

Evidenziava altresì – la corte – che doveva reputarsi ingiustificata la doglianza dell’appellante circa l’esistenza di difformità urbanistiche e catastali.

Evidenziava quindi che era stata senz’altro la società appellante a rendersi inadempiente agli obblighi contrattualmente assunti.

Evidenziava infine che appieno si giustificava la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3 dell’appellante disposta dal primo giudice e parimenti si imponeva la condanna ex art. 96 c.p.c., comma 3 della medesima appellante in dipendenza della manifesta infondatezza del gravame.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso “La Perla Group” s.r.l.; ne ha chiesto sulla scorta di quattro motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

C.V. ha depositato controricorso; ha chiesto rigettarsi il ricorso con vittoria di spese e condanna della ricorrente ex art. 96 c.p.c.

7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1385 e 2932 c.c. e degli artt. 113 e 116 c.p.c.

Deduce che è stato il promittente venditore a rendersi inadempiente.

Deduce che i giudici del merito non hanno tenuto conto dei fatti successivi alla sottoscrizione della proposta irrevocabile d’acquisto e del comportamento della controparte antecedente alla proposizione della citazione in prime cure.

8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 c.c. e degli artt. 113 e 116 c.p.c.

Deduce che ha errato la corte di merito a reputare che non avesse palesato nell’iniziale citazione una concreta e seria volontà di adempiere la propria prestazione.

Deduce in ogni caso che la condizione prefigurata dall’art. 2932 c.c., comma 3 deve reputarsi soddisfatta alla stregua della proposizione della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto.

9. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1385 e 1455 c.c. e degli artt. 113 e 116 c.p.c.

Deduce che ha errato la corte distrettuale a reputare legittimo il recesso dal preliminare del promittente venditore.

Deduce che l’inadempimento ad essa scrivibile era da qualificare, al più, di scarsa importanza; che del resto la data per la stipula del definitivo è stata più volte differita e che il promittente venditore non è stato in buona fede.

Deduce comunque che la corte non ha atteso al debito giudizio comparativo.

10. Con il quarto motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 96 c.p.c.

Deduce che la Corte di Firenze ha errato a confermare la condanna ex art. 96 c.p.c. pronunciata in suo danno dal tribunale.

Deduce che la trascrizione del preliminare d’acquisto costituisce una ordinaria forma di tutela per il promissario acquirente e la trascrizione del preliminare nessun danno ha cagionato al promittente venditore.

11. I rilievi, che la delibazione del primo motivo, del secondo motivo e del terzo motivo di ricorso postula, tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea dei medesimi mezzi di impugnazione, mezzi che, in ogni caso, sono da rigettare.

12. Vanno in premessa ribaditi gli insegnamenti di questa Corte rilevanti ai fini della disamina dei motivi de quibus.

13. In primo luogo, l’insegnamento in virtù del quale, sia ai fini della decisione circa la fondatezza della domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c. (cfr. Cass. 20.4.1982, n. 2454; Cass. 30.3.1989, n. 1554; Cass. 16.9.1991, n. 9619; Cass. 9.6.2010, n. 13840; Cass. 30.3.2015, n. 6401), sia ai fini della decisione circa la fondatezza della domanda di accertamento della legittimità del recesso ex art. 1385 c.c. (cfr. Cass. (ord.) 8.8.2019, n. 22209), si impone un giudizio di comparazione in ordine ai comportamenti delle parti, allo scopo di stabilire quale di esse si sia resa responsabile delle trasgressioni che, per numero o per gravità o per entrambe le cause, si rivelino idonee a turbare il sinallagma contrattuale.

Evidentemente siffatto giudizio di comparazione costituisce accertamento “di fatto” demandato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità (oltre che in ipotesi di errores in iudicando) essenzialmente, al cospetto del novello disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti”.

14. In secondo luogo, l’insegnamento in virtù del quale l’offerta della prestazione corrispettiva, cui l’art. 2932 c.c. subordina l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di trasferimento di una res determinata, pur non dovendo essere necessariamente fatta nelle forme di cui agli artt. 1208 e 1209 c.c., non può, tuttavia, consistere in una mera dichiarazione di intenti, dovendo essere caratterizzata, in ogni caso, da serietà e buona fede (cfr. Cass. 30.1.2013, n. 2217).

Evidentemente, del pari, il riscontro della serietà della surriferita dichiarazione costituisce accertamento “di fatto” demandato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità (oltre che in ipotesi di errores in iudicando) essenzialmente, al cospetto del novello disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti”.

15. In terzo luogo, l’insegnamento in virtù del quale, in materia di responsabilità contrattuale, la valutazione della gravità dell’inadempimento, sia, in generale, in relazione all’art. 1455 c.c. sia, specificamente, in relazione all’art. 1385 c.c., costituisce questione “di fatto”, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, risultando insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici, recte censurabile in sede di legittimità (oltre che in ipotesi di errores in iudicando) essenzialmente, al cospetto del novello disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti” (cfr. Cass. 30.3.2015, 6402; Cass. (ord.) 8.8.2019, n. 21209).

16. Nel quadro così delineato si rileva e si reputa quanto segue.

Per un verso, la s.r.l. ricorrente, con i motivi in disamina, senza dubbio sollecita questa Corte al riesame del giudizio “di fatto” cui in partis quibus la Corte d’Appello di Firenze ha atteso (“all’esito di una corretta ricostruzione della vicenda, emerge chiaramente come invece sia stata la condotta del resistente ad ostacolare pesantemente la conclusione del contratto”: così ricorso, pag. 7; la corte d’appello ha errato nel valutare l’offerta d’acquisto di cui all’iniziale citazione: cfr. ricorso, pag. 12; i giudici di merito avrebbero dovuto qualificare il presunto inadempimento ad essa ascritto “come inadempimento di scarsa rilevanza”: così ricorso, pag. 14).

Per altro verso – e di conseguenza – i motivi in disamina si qualificano essenzialmente in relazione alla previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Del resto, è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).

17. Alla luce di siffatti rilievi si osserva altresì quanto segue.

Il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2014.

La statuizione di seconde cure ha integralmente confermato la statuizione di prime cure (cfr. capo 1) del dispositivo della sentenza d’appello).

Conseguentemente si applica ratione temporis al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860). Si badi che in ipotesi di “doppia conforme”, ex art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione – per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774).

18. In ogni caso, è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione – possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte distrettuale ha ancorato il suo dictum.

Difatti, la corte di merito ha specificato che l’offerta del corrispettivo operata dalla società appellante nell’iniziale citazione non aveva ricevuto alcun seguito in dipendenza della mancata comparizione del legale rappresentante della s.r.l. appellante all’udienza fissata per il tentativo di conciliazione ed in dipendenza della mancata reiterazione dell’offerta in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado (cfr. sentenza d’appello, pag. 5).

Ed ha specificato, ancora, che il tribunale aveva correttamente tenuto conto degli esiti delle indagini del consulente d’ufficio, il quale aveva rilevato mere discrepanze soggette ad aggiornamenti catastali, non ostative al trasferimento dell’immobile (cfr. sentenza d’appello, pag. 5).

19. D’altra parte, la ricorrente si duole per l’asserita erronea valutazione delle risultanze di causa (gli accertamenti catastali esperiti da un tecnico di propria fiducia avevano evidenziato incongruenze e difformità tra la situazione esistente e la rappresentazione catastale, sì che è risultata preclusa la stipula del definitivo entro la data del 31.3.2011: cfr. ricorso, pagg. 8 – 9).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

20. Non si correla in maniera puntuale alla ratio decidendi la doglianza – veicolata dal primo motivo – secondo cui la c.t.u. espletata in primo grado non ha avuto carattere di completezza, siccome non si è provveduto al riscontro dell’insussistenza o meno di formalità pregiudizievoli.

La corte toscana invero ha reputato tale doglianza “generica ed esplorativa”.

21. L’iter motivazionale che sorregge il dictum del secondo giudice, risulta comunque in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica.

22. Il quarto motivo di ricorso analogamente è da rigettare.

23. E’ sufficiente, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., comma 1 il riferimento all’insegnamento di questa Corte.

Ovvero all’insegnamento secondo cui, in materia di responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c., ai fini della condanna al risarcimento dei danni, l’accertamento dei requisiti costituiti dall’aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, salvo – per i ricorsi proposti contro sentenze depositate prima dell’11.9.2012 (non è il caso de quo) – il controllo di sufficienza della motivazione (cfr. Cass. 29.9.2016, n. 19298).

24. Non sussistono i presupposti della mala fede o della colpa grave perché si possa in questa sede far luogo – come da richiesta del controricorrente – a pronunce di condanna ex art. 96 c.p.c. (cfr. Cass. sez. un. 20.4.2018, n. 9912, secondo cui la responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3 a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte né la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate).

25. In dipendenza del rigetto del ricorso la ricorrente, “La Perla Group” s.r.l., va condannata a rimborsare al controricorrente, C.V., le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

26. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della s.r.l. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; rigetta l’istanza ex art. 96 c.p.c. del controricorrente; condanna la ricorrente, “La Perla Group” s.r.l., a rimborsare al controricorrente, C.V., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della s.r.l. ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 3 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 1 dicembre 2021

 

 

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