Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 377 del 10/01/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 377 Anno 2014
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 10034-2012 proposto da:
SACCHI

ANTONIO

SCCNTN39C25H501L,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ISOLA BELLA 42, presso lo
studio dell’avvocato NANDO DI CINTI°, rappresentato e
difeso dall’avvocato IACOBONI FELICE, giusta delega
in atti;
– ricorrente –

2013
2500

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A. 01585570581, (già
FERROVIE DELLO STATO S.P.A. SOCIETA’ DI TRASPORTI E
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delt re5771-9
persona
in
PER AZIONI),
SERVIZI

Data pubblicazione: 10/01/2014

4

V.5letje

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elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA S. MARIA MEDIATRICE 1, presso lo studio
dell’avvocato BUCCI FEDERICO, che la rappresenta e
difende, giusta delega in atti;

controricorrente

D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/11/2011 R.G.N.
6736/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/07/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato IACOBONI FELICE;
udito l’Avvocato ARPINO MARIO per delega BUCCI
FEDERICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI che ha concluso
per l’inammissibilità in subordine rigetto del
ricorso.

avverso la sentenza n. 5724/2011 della CORTE

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Antonio Sacchi, dipendente delle Ferrovie dello Stato quale ispettore capo
aggiunto, con ricorso depositato il 13 dicembre 1996, convenne in giudizio dinanzi al
Pretore di Roma il proprio datore di lavoro e chiese che fosse accertata e dichiarata
l’illegittimità, per la violazione della legge n. 210/85 e delle regole di correttezza e
buona fede, di tutte le nomine a dirigente effettuate dalla convenuta con vari
provvedimenti nel periodo dal dicembre 1986 all’ottobre 1989, con condanna della

promossi a dirigente e comunque per la perdita di chance.
La domanda, contrastata dalla convenuta, venne rigettata in primo grado in
accoglimento dell’eccezione di prescrizione quinquennale sollevata dalle Ferrovie, e
la sentenza è stata confermata in appello con sentenza n. 495/01 della Corte d’appello
di Roma.
2. Questa pronuncia è successivamente stata cassata da questa Corte (Cass. n.
13729 del 2004) che ha affermato che il diritto del lavoratore dipendente, che
deducendo l’irregolare e scorretto svolgimento delle procedure di selezione, reclami
il riconoscimento della superiore qualifica ed il risarcimento dei danni per la mancata
promozione, soggiace alla prescrizione decennale, atteso (per quanto concerne in
particolare la pretesa risarcitoria) che i danni lamentati derivano non dalla violazione
del principio del “neminem laedere” (art. 2043 cod. civ.), ma da un illecito
contrattuale, mentre non rileva, ai fini dell’applicabilità della prescrizione
quinquennale ex art. 2948 cod. civ., la circostanza che il lavoratore abbia fatto
riferimento, in via di mero parametro per la quantificazione del danno, alle differenze
retributive che gli sarebbero spettate in caso di promozione.
2. Con sentenza 22.6-29.8.2006 la Corte di Appello dell’Aquila, pronunciando
in sede di rinvio, nei giudizi riuniti relativi alle cause promosse da Antonio Sacchi e
Nando Di Cintio (la posizione di quest’ultimo più non rileva in quest Yiudizio)
respingeva le domande da essi proposte.
La Corte di Appello riteneva la inammissibilità delle prime quattro domande
aventi ad oggetto la declaratoria di illegittimità di tutte le nomine a dirigente,
effettuate dalla società per un periodo determinato e con certe modalità, nonché la
declaratoria della illegittimità dei criteri per le promozioni, concordati con le
organizzazioni sindacali. Riteneva, al riguardo, il difetto di interesse, a norma
dell’art. 100 cpc, e la violazione del principio del contraddittorio ai sensi dell’art. 101
cpc, posto che le denunciate illegittimità costituivano il presupposto ed il fondamento
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stessa convenuta a risarcirgli il danno subito per la mancata inclusione tra i soggetti

della domanda di risarcimento del danno, ma non potevano costituire oggetto di
pronuncia autonoma, peraltro esclusa nei confronti di soggetti rimasti estranei al
giudizio. La Corte di Appello riteneva la inammissibilità anche della domanda volta
ad ottenere un avanzamento di posizione perché proposta soltanto in sede di
riassunzione e perché formulata in termini generici.
Per quanto riguarda la domanda di risarcimento del danno cagionato dalla
mancata promozione, la Corte riteneva la genericità della contestazione mossa dai

da parte della società datrice di lavoro. In particolare, non erano stati proposti
elementi dei quali fosse possibile valutare se una gestione corretta avrebbe
comportato, con ragionevole certezza, o quantomeno con un elevato grado di
probabilità, la promozione del ricorrente, non era stato offerto alcun dato in ordine al
novero dei soggetti di che avrebbero potuto beneficiare di promozione. ed alle
rispettive posizioni e qualità, ed è possibili risultati di una gestione corretta.
In ordine alla domanda di risarcimento del danno, riteneva la carenza di prova
in ordine al lamentato inadempimento del datore di lavoro, non essendo stati offerti
elementi idonei a provare che una gestione corretta dei criteri di nomina avrebbero
determinato una elevata probabilità di promozione del dipendente.
3. Con sentenza n. 10869 del 12 maggio 2009. questa Corte di cassazione,
dichiarata la inammissibilità del motivo in ordine alle altre statuizioni, ha cassato la
sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento del danno.
In particolare è stata dichiarata la inammissibilità, per mancata osservanza
dell’art. 366 bis cpc, del motivo relativo al capo della sentenza che ha respinto le
domande diverse da quella risarcitoria per violazione del contraddittorio e per
carenza di interesse, oltre che per la novità della richiesta di avanzamento formulata
dal ricorrente. E’ stata invece cassata la statuizione di rigetto della domanda
risarcitoria, per avere ritenuto la Corte d’appello che il ricorrente non avesse offerto
elementi ai fini della valutazione se una corretta gestione avrebbe comportato la
promozione del ricorrente.
Rispetto a tale statuizione, questa Corte ha ritenuto che a ragione il ricorrente
aveva lamentato che, pur avendo illustrato i criteri che, sulla base delle norme di
organizzazione dell’ente, dovevano presiedere agli avanzamenti di carriera e la
coerenza di tali criteri rispetto ai titoli professionali posseduti e documentati, e
richiesto l’acquisizione delle delibere con le quali erano state disposte le promozioni,
al fine di verificare le valutazioni comparative eseguite dal datore di lavoro. La Corte
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ricorrenti in ordine alla corretta gestione delle promozioni del personale dipendente

d’appello aveva nondimeno ritenuto che lo stesso non avesse “offerto elementi dai
quali sia possibile valutare se una gestione corretta avrebbe comportato, con
ragionevole certezza, o quantomeno con un grado elevato di probabilità, la
promozione”. Questa Corte ha, quindi, ritenuto che la Corte di appello non avesse
dato conto in alcun modo delle ragioni che, alla luce dei documenti prodotti e delle
prove richieste, e degli oneri probatori incombenti sulle parti del rapporto di lavoro,
secondo orientamenti giurisprudenziali sul punto rilevanti, consentivano di formulare
tale valutazione di inerzia processuale in capo al ricorrente.

4. Con ricorso depositato il 30.7.2009 Antonio Sacchi ha riassunto il giudizio.
Si è costituita la società convenuta contestando la fondatezza della domanda.
Con sentenza del 5.7.2011 la Corte d’appello di Roma ha rigettato
l’originario ricorso proposto dal Sacchi compensando le spese di tutti i gradi di
giudizio.
5. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’originario ricorrente con
due motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il ricorso, articolato in due motivi, il ricorrente deduce la violazione
dell’art. 384, primo comma, c.p.c. e vizio di motivazione, lamentando essenzialmente
che la Corte territoriale, in sede di rinvio, non aveva fatto corretta applicazione del
principio di diritto affermato dalla sentenza rescindente.
2. Il ricorso — i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto
connessi — è infondato.
Va innanzi tutto ribadito quanto già affermato da questa Corte (Cass. 4 aprile
2011, n. 7656) secondo cui il giudizio di rinvio deve svolgersi entro i limiti segnati
dalla sentenza di annullamento e non si può estendere a questioni che, pur non
esaminate specificamente, in quanto non poste dalle parti o non rilevate d’ufficio,
costituiscono il presupposto logico-giuridico della sentenza stessa, formando oggetto
di giudicato implicito ed interno, poiché il loro riesame verrebbe a porre nel nulla o a
limitare gli effetti della sentenza di cassazione, in contrasto col principio della loro
intangibilità, con la conseguenza che deve escludersi la possibilità per il giudice del
rinvio di sindacare la improponibilità della domanda, dipendente da qualunque causa,
anche da inosservanza di modalità o di termini, pur essendo la stessa rilevabile
d’ufficio in qualunque stato e grado del processo

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Quindi, stante l’ambito del giudizio rimesso al giudice di rinvio a seguito
della seconda pronuncia di questa Corte, non era più ammissibile, perché coperta da
giudicato; la domanda con la quale il dipendente chiedeva riconoscersi il suo diritto
alla superiore qualifica con ricostruzione della carriera sia in termini di funzioni che
in termini economici.
Quanto alla domanda risarcitoria la Corte d’appello ha preso in
considerazione le doglianze del Sacchi che riguardavano la esclusione da una serie di

La Corte territoriale ha però osservato che, pur considerando i titoli soggettivi
e la posizione lavorativa del Sacchi, non emergeva. in termini di certezza, un diritto
del lavoratore alla promozione. Il Sacchi in realtà aveva prospettato il suo diritto ad
essere scrutinato nelle numerose valutazioni succedutesi nel tempo per la nomina dei
nuovi dirigenti, ma non aveva individuato specifiche ragioni di sicura preferenza
rispetto ad altri nominati.
La Corte d’appello, quindi, ha ritenuto infondate tutte le domande, anche
risarcitorie, che si fondavano sul diritto soggettivo dell’originario ricorrente alla
nomina a dirigente.
Va ribadito in proposito quanto già enunciato da questa Corte (Cass., sez.
lav., 20 giugno 2008, n. 16877) che ha affermato che il lavoratore che voglia
ottenere i danni derivanti dalla perdita di chance – che, come concreta ed effettiva
occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa
di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente
suscettibile di autonoma valutazione – ha l’onere di provare, pur se solo in modo
presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto dei
presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta
illecita della quale il danno risarcibile dev’essere conseguenza immediata e diretta.
Principio questo ribadito più recentemente da Cass., sez. un.. 23 settembre 2013, n.
21678, che ha affermato che quanto al tema di risarcimento del danno per perdita di
“chance” di promozione – prospettato come conseguenza dell’inadempimento da
parte del datore di lavoro pubblico dell’obbligo, contrattualmente previsto, di
organizzare procedure selettive per progressioni verticali – incombe sul singolo
dipendente l’onere di provare, pur se solo in modo presuntivo, il nesso di causalità tra
l’inadempimento datoriale e il danno, ossia la concreta sussistenza della probabilità di
ottenere la qualifica superiore.

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nomine a dirigente effettuate dalla società nel periodo dal 1986 all’ottobre 1989.

La valutazione delle risultanze processuali da parte della Corte territoriale
appartiene al tipico sindacato di merito di quella Corte non censurabile in sede di
legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione, nella specie non
sussistente essendo l’impugnata sentenza assistita da motivazione ampiamente
sufficiente e nient’affatto contraddittoria.
3. Il ricorso va quindi rigettato.
Alla soccombenza consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle

dispositivo; mentre le spese di tutti i precedenti gradi di giudizio sono già state
interamente compensate dall’impugnata sentenza.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di
questo giudizio di cassazione liquidate in euro 50,00 (cinquanta) per esborsi oltre
euro 4.000,00 (tremila) per compensi d’avvocato ed oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma il 17 luglio 2013
11 Consigliere

I Pres -nte

spese processuali di questo giudizio di cassazione nella misura liquidata in

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