Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3768 del 15/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3768 Anno 2018
Presidente: IACOBELLIS MARCELLO
Relatore: MOCCI MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 16170-2016 proposto da:

(

ROMANI ALESSIO, elettivamente domiciliato

BERENGARIO 10,

in ROMA, VIA

presso lo studio dell’avvocato PAOLA

CECCHETTI, rappresentato e difeso dall’avvocato DOMENICO
MARTINI;
– ricorrente contro
AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– con troricorrente avverso la sentenza n. 7170/40/2015 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, SEZIONE DISTACCATA di
LATINA, depositata il 29/12/2015;

Data pubblicazione: 15/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 09/01/2018 dal Consigliere Relatore Dott.
MAURO MOCCI.
Rilevato:
che la Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla

con motivazione semplificata;
che Alessio Romani propone ricorso per cassazione nei
confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale
del Lazio che aveva respinto il suo appello contro la decisione
della Commissione tributaria provinciale di Frosinone.
Quest’ultima, a sua volta, aveva rigettato il ricorso del
contribuente, contro un avviso di accertamento IRPEF, relativo
all’anno 2004;
che, nella sua decisione, la CTR ha affermato che, a fronte
della presunzione che l’importo di C 240.633,67 riguardasse
anche i quattro anni precedenti, il contribuente non aveva
fornito alcuna prova contraria;
Considerato:
che il ricorso è affidato a due motivi;
che, col primo, il ricorrente si duole della violazione e falsa
applicazione dell’art. 38 DPR n. 600/1973, ai sensi dell’art. 360
n. 3 c.p.c.: ai fini dell’accertamento, avrebbe dovuto tenersi
conto esclusivamente degli incrementi patrimoniali realizzati
nell’anno sottoposto a verifica;
che, col secondo, il Romani assume la violazione e falsa
applicazione dell’art. 38 comma 4 0 DPR n. 600/1973, ai sensi
dell’art. 360 n. 3, c.p.c., giacché la CTR avrebbe eluso la
norma che richiedeva l’accertamento dell’incongruità del
reddito dichiarato per due o più periodi d’imposta;
che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;
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relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. delibera di procedere

che il primo motivo dedotto dal ricorrente è infondato;
che l’Ufficio ha agito secondo il disposto del previgente art.38,
comma V, d.p.r. 600/ 1973, a mente del quale qualora l’Ufficio
determini sinteticamente il reddito complessivo netto in
relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si

conseguiti, in quote costanti, nell’anno in cui è stata effettuata
e nei quattro anni precedenti; che in tal senso è l’orientamento
consolidato di questa Corte – ribadito di recente da Sez. 6-5, n.
12207 del 16 maggio 2017 e da Sez. 5, n. 1510 del 20 maggio
2017 nonché, da ultimo, da Sez. 6-5, n. 31101 del 28
dicembre 2017 (che il Collegio condivide e rispetto al quale la
sentenza Sez. 6-5, n. 7147 del 12/04/2016 costituisce
precedente isolato) – secondo cui la norma di cui all’art. 38
d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 legittima la presunzione, da
parte dell’amministrazione finanziaria, di un reddito maggiore
di quello dichiarato dal contribuente sulla base di elementi
indiziari dotati dei caratteri della gravità, precisione e
concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. e, in particolare,
per quel che in questa sede interessa, in ragione della spesa
per incrementi patrimoniali, la quale si presume sostenuta,
salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti,
nell’anno in cui e stata effettuata e nei quattro precedenti;
che, in presenza di tale presupposto, la norma non impone
altro onere all’amministrazione ma piuttosto faculta (e onera) il
contribuente a offrire la prova contraria: prova testualmente
riferita, nel successivo comma 6, al fatto che «il maggior
reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito
in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a
ritenuta alla fonte», con la espressa precisazione che «l’entità

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presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi

di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da
idonea documentazione»;
che il secondo motivo è inammissibile, giacché il ricorrente si
duole di una violazione di legge, laddove, una volta dato atto di
aver tempestivamente lamentato l’omesso riferimento dell’atto

2004, senza che la CTR prendesse posizione sul punto, egli
avrebbe dovuto piuttosto impugnare la decisione per nullità, ai
sensi dell’art. 112 c.p.c.;
che, infatti, l’omessa pronuncia su domanda o questioni
sollevate nel giudizio da parte del giudice del merito integra
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta
valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.
4), dello stesso codice di rito; pertanto, è inammissibile il
motivo di ricorso con il quale siffatta censura sia proposta sotto
il profilo della violazione di norme di diritto (riconducibile al n.
3 del citato art. 360) ovvero come vizio della motivazione,
incasellabile nel n. 5) dello stesso articolo (Sez. L, n. 13482 del
13/06/2014);
che al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla
rifusione delle spese processuali in favore della
controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;
che, ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei
2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, va
dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da
parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma
1-bis, dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.

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di accertamento rispetto ad un periodo d’imposta diverso dal

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in
euro 2.500, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dall’art. 13 comma 1 quater dei d.P.R. n. 115 dei 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto

ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis,
dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 9 gennaio 2017
Il P
Dr. Mar

‘dente
i Iacobellis

della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del

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