Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3763 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 14/02/2017, (ud. 13/06/2016, dep.14/02/2017),  n. 3763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26145-2013 proposto da:

D.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S.

TOMMASO D’AQUINO 80, presso lo studio dell’avvocato LUDOVICO GRASSI,

rappresentata e difesa dagli avvocati STELLA TEDESCO, ERNESTO

TEDESCO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.U., C.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2489/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 13/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco che ha concluso per il rigetto.

Fatto

I FATTI

Il Tribunale di Como accolse la domanda di revoca, proposta ai sensi dell’art. 2901 c.c. da B.U., dell’atto di liberalità stipulato, il 24 maggio 2007, tra D.A. e la donataria C.S..

La corte di appello di Milano, investita dell’impugnazione proposta dalla donante, la rigettò.

Avverso la sentenza della Corte meneghina D.A. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico, complesso motivo di censura.

Le parti intimate non hanno svolto attività difensiva in questa sede.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Con il primo ed unico motivo, si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e artt. 2033, 2036, 1362 ss. e 2901 c.c.; omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

Il motivo – che reitera pedissequamente doglianze già rappresentata dinanzi alla Corte territoriale in ordine alla mancata sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c.ed alla inesistenza dei presupposti dell’azione ex art. 2901 c.c. – è privo di pregio. Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto:

da un canto, che la sospensione del giudizio per pregiudizialità di altro procedimento – e conseguente conflitto ipotetico tra giudicati – non può essere pronunciata tutte le volte che tale pregiudizialità venga invocata con riferimento alle sentenze che, rispettivamente, dichiarino inefficace l’atto dispositivo ed accertino (in via non definitiva) l’inesistenza del credito, stante la legittimità dell’esperimento dell’azione ex art. 2901 c.c. anche per crediti litigiosi; e che, nella specie, la qualità di debitrice dell’appellante non era stata esclusa nell’an dalla sentenza della stessa Corte di appello di Milano n. 1406/2013 in relazione alla quale si invocava la sospensione del giudizio revocatorio (che si era limitata a ridurre soltanto il quantum debendum a carico della donante);

Dall’altro, che risultava provata sia l’anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo, sia il duplice presupposto del pregiudizio (costituito dall’alienazione dell’unico cespite immobiliare della debitrice, così rendendo meno agevole il soddisfacimento del proprio diritto al creditore) e della scientia fraudis (deducibile ipso facto dalla tipologia di atto dispositivo posto in essere, i.e. l’alienazione a titolo gratuito dell’immobile in favore della propria figlia).

Tutte le censure mosse alla sentenza impugnata, ivi comprese quelle che attingono a vicende estranee all’azione pauliana esercitata dal creditore (quale l’esclusiva responsabilità di terzi nella stipula del preliminare che dette origine alla ragioni creditorie del B.), risultano pertanto, del tutto fuori fuoco, e non appaiono idonee a scalfire la correttezza della motivazione della sentenza impugnata, che, scevra da vizi logico-giuridici, deve essere in questa sede integralmente confermata. Il ricorso è pertanto rigettato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Nulla per le spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari alla somma già dovuta, a norma del predetto art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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