Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3762 del 14/02/2017


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Cassazione civile, sez. III, 14/02/2017, (ud. 13/06/2016, dep.14/02/2017),  n. 3762

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22427-2013 proposto da:

G.G.D. (OMISSIS), personalmente e nella sua

qualità di amministratore unico della GALIMBERTI GIOVANNI SRL,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE NATOLA, che lo rappresenta e difende

giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

BNL BANCA NAZIONALE LAVORO SPA, in persona del dr. A.S.

e dr. M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FEDERICO CESI 44, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO PILATO,

che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

controricorso;

CALLIOPE SRL e per essa in qualità di mandataria la CERVED CREDIT

MANAGEMENT SRL, in persona del suo Consigliere Avv. V.M.

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA BUFALOTTA 174, presso

lo studio dell’avvocato PATRIZIA BARLETTELLI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato CINZIA MARIA BERNINI ASTI giusta

procura speciale notarile;

ELIPSO FINANCE SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,

acquirente in forza di atto di cessione di crediti pro – soluto dei

crediti della BANCA ANTONIANA POPOLARE VENETA SPA e, per essa quale

mandataria la PRELIOS CREDIT SERVICING SPA (già PIRELLI RE CREDIT

SERVICING SPA), già CREDIT SERVICING SPA, a sua volta rappresentata

da FBS SPA in persona dei suoi procuratori speciali Avv.

C.G.M. e Dott.ssa B.D., elettivamente domiciliata in

ROMA, PZZA SANTIAGO DEL CILE 8, presso lo studio dell’avvocato MARCO

BATTAGLIA, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a

margine del controricorso;

FALLIMENTO EDG SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore dott.

P.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PASUBIO 4,

presso lo studio dell’avvocato ROBERTO GUIDI, rappresentato e difeso

dall’avvocato FRANCO CASARANO giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– controricorrenti –

e contro

DAMODAR LIMITED, CBI FACTOR SPA, AM.AN.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 892/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 25/02/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/06/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

udito l’Avvocato LUCA DI GREGORIO per delega;

udito l’Avvocato BARLETTELLI;

udito l’Avvocato EMANUELE VERGHINI per delega;

udito l’Avv. FORTE L. per delega orale;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per il rigetto.

Fatto

I FATTI

La Banca Nazionale del Lavoro convenne dinanzi al Tribunale di Milano G.G. e la omonima s.r.l., per sentir dichiarare la nullità per simulazione, ovvero l’inefficacia ex art. 2901 c.c., delle convenzioni negoziali con cui i debitori avevano alienato alla società di diritto irlandese Damodar Limited beni immobili di loro proprietà, con danno alle ragioni creditorie. All’esito dell’intervento di altri creditori dei convenuti, e risolte questioni di carattere processuale, il giudice di primo grado accolse la domanda di simulazione.

La corte di appello di Milano, investita dell’impugnazione proposta da entrambi i convenuti, la rigettò.

Avverso la sentenza della Corte meneghina G.G., in proprio e nella qualità di amministratore unico della società appellante, ha proposto ricorso per cassazione sulla base di 4 motivi di censura.

Resistono con controricorso le parti indicate in epigrafe.

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e art. 301 c.p.c..

La censura – che ripropone una questione già sollevata dinanzi alla Corte territoriale – è priva di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto, in conformità con il consolidato insegnamento di questa Corte (per tutte, Cass. 20744/2012), che il termine per la riassunzione o per la prosecuzione del processo interrotto decorra non dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui una delle parti ne abbia avuto legale conoscenza, specificando ancora che, nella specie, l’attestazione contenuta nel biglietto di cancelleria predisposto per la comunicazione della fissazione dell’udienza dell’11 febbraio 2005 (contenente l’indicazione della cancellazione dall’albo dell’avv. Leone) non integrava gli estremi della formale certificazione dell’evento interruttivo, onde la corretta individuazione della relativa data, da parte del Tribunale, collocata al 6 maggio 2005, e la conseguente tempestività dell’atto di riassunzione, avvenuto il successivo 10 ottobre.

Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 153, 154 e 307 c.p.c. e art. 127 disp. att. c.p.c..

Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3 e artt. 160, 291, 305 e 307 c.p.c..

Tutte le censure svolte con i predetti motivi, che possono essere esaminati congiuntamente attesane la intrinseca connessione, e che appaiono sostanzialmente riproduttivi delle doglianze già rappresentate al giudice di appello, oltre che predicativi di una ben nota (quanto irrilevante nel caso di specie) distinzione tra effetti del termine perentorio e di quello ordinatorio, sono manifestamente infondate.

La Corte territoriale ha, con decisione conforme a diritto, specificato:

1) Che, nel termine previsto per la riassunzione, sia stato depositato in cancelleria il ricorso, non anche che, nello stesso termine, si perfezioni la relativa notificazione;

2) Che il vizio di notifica dell’atto di riassunzione non si comunica all’atto stesso, ormai morfologicamente e funzionalmente perfetto;

3) Che il giudice, nel rilevare il vizio di notificazione, ne ordina la rinnovazione, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c. entro un termine perentorio;

4) Che soltanto il mancato rispetto di tale termine è idoneo a determinare l’estinzione del giudizio, ai sensi del combinato disposto dell’art. 291 c.p.c., u.c. e art. 307c.p.c., comma 3;

5) Che correttamente il Tribunale, all’udienza del 27 gennaio 2006, fissata per la prosecuzione del processo dopo la sua riassunzione, aveva disposto la rinnovazione della notificazione del ricorso e del pedissequo decreto alle parti non raggiunte dall’atto;

6) Che nessun termine perentorio precedentemente assegnato, in data 15.11.2005, era stato, pertanto (illegittimamente) prorogato;

7) Che nei confronti della società la comparsa in riassunzione e il decreto di fissazione dell’udienza era stati oggetto di nuova e corretta notificazione, con conseguente effetto sanante ai sensi dell’art. 291 c.p.c., comma 1;

8) Che la notifica alla società estera Diamond Limited (notifica della quale ancor oggi si lamenta l’assenza di ogni tentativo) non doveva ritenersi necessaria, ex art. 292 c.p.c., art. 125 disp. att. c.p.c., essendo risultata la società di diritto irlandese contumace anche nella fase del giudizio precedente alla sua interruzione, e non essendosi verificato alcun radicale mutamento della preesistente situazione processuale (come pur affermato dalla più recente e garantista giurisprudenza di questa Corte: Cass. 13981/2011 ex aliis).

Destituite di ogni giuridico fondamento risultano, pertanto, le censure mosse in parte qua alla decisione in esame, che deve essere, pertanto, integralmente condivisa e confermata.

Il quarto motivo, con il quale si lamenta la illegittima prosecuzione del giudizio nonostante la proposta eccezione di estinzione del medesimo, è assorbito nel rigetto delle censure che precedono.

Il ricorso è pertanto rigettato.

Le spese del giudizio di Cassazione seguono il principio della soccombenza. Liquidazione come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione, che si liquidano in complessivi Euro 5200 per ciascuna della parti resistenti, di cui 200 per spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari alla somma già dovuta, a norma del predetto art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2017

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