Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3760 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 15/02/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 15/02/2011), n.3760

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 7686/2010 proposto da:

L.P.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avv. CIMINO Giuseppe, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

EQUITALIA SESTRI SPA – Agente della riscossione per le province di

Asti, Biella, Genova, Imperia, La Spezia, Novara, Savona, Vercelli e

del Verbano-Cusio-Ossola ed appartenente al gruppo Equitalia SpA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati GAVINO Ersilio, CALISI GIOVANNI, giusta procura

speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della SCCI SpA società di cartolarizzazione dei crediti

INPS, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati CALIULO Luigi, ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, giusta

procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 335/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

18.3.09, depositata il 22/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO IANNIELLO;

udito per il controricorrente (Inps) l’Avvocato Luigi Caliulo che si

riporta agli scritti e chiede il rigetto del ricorso.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RENATO

FINOCCHI GHERSI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata alla odierna adunanza in Camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 c.p.c.:

“Con ricorso notificato il 9-10/3/2010, L.P.M. ha chiesto, con un unico motivo, relativo alla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2308, 2323 e 2324 cod. civ. e R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 118, n. 2, come aggiunto dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, art. 108, comma 1, lett. d), la cassazione della sentenza depositata il 22 aprile 2009, con la quale la Corte d’appello di Torino aveva confermato la decisione di primo grado, di rigetto, per difetto di legittimazione attiva, della sua opposizione avverso la cartella esattoriale che aveva ingiunto alla Tecnolegno s.a.s. di Lumelli Piera Marina & c. di pagare all’INPS Euro 360.186,41 per contributi previdenziali omessi nel periodo dall’ottobre 1985 all’agosto 1998.

In sintesi, la ricorrente sostiene l’erroneità della sentenza, in quanto, essendo ormai sciolta la società per la mancata ricostituzione di una pluralità di soci e per intervenuto fallimento, chiuso con decreto del 14.7.2006, l’unica legittimata ad opporsi alla cartella esattoriale sarebbe colei che ha ricevuto l’atto, quale ex socia accomandataria, al fine di non essere coinvolta personalmente in ordine agli effetti di un atto nullo in quanto emesso nei confronti di una società disciolta.

Resistono alle domande sia l’INPS, anche quale mandatario della S.C.CI. s.p.a. e la Equitalia Sestri s.p.a. con separati controricorsi.

Il procedimento, in quanto promosso con ricorso avverso una sentenza depositata successivamente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, e antecedentemente alla data di entrata in vigore della L. 18 giugno 2009, n. 69 è regolato dall’art. 360 c.p.c., e segg., con le modifiche e integrazioni apportate dal D.Lgs. citato.

Il ricorso è inammissibile e va pertanto trattato in Camera di consiglio per essere respinto.

In esso, contenente censure relative alla violazione di norme di diritto, difetta la formulazione del quesito di diritto, necessario ai fini dell’ammissibilità del ricorso, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis al caso in esame a norma del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e art. 27, comma 2, prima della sua abrogazione, operata a decorrere dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d) il quale, per quanto qui interessa, recita:

“Nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto”.

In proposito si ricorda che è stato ripetutamente affermato da questa Corte che “il legislatore, nel porre a carico del ricorrente l’onere della sintetica ed esplicita enunciazione del nodo essenziale della questione giuridica di cui egli auspica una certa soluzione, rende palese come a questo particolare strumento impugnatorio sia sottesa una funzione affatto peculiare: non solo quella di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata (in un senso, ovviamente, che il ricorrente prospetta a sè più favorevole), ma anche quella di enucleare – con valenza più ampia e perciò nomofilattica il corretto principio di diritto ai quale ci si deve attenere in simili casi. L’interesse personale e specifico del ricorrente deve, insomma, coniugarsi qui con l’interesse generale all’esatta osservanza e all’uniforme interprefazione della legge” (cfr., per tutte, Cass. sez. 1^, 22 giugno 2007 n. 14682)”.

E’ seguita la rituale notifica della suddetta relazione, unitamente all’avviso della data della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide il contenuto della relazione, uniformandosi alla giurisprudenza pressochè unanime di questa Corte.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., con le normali conseguenze in ordine a regolamento delle spese di giudizio, operato in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare a ciascuno dei due resistenti le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 30,00 per esborsi ed Euro 5.000,00, oltre accessori di legge, per onorari.

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

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