Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3759 del 13/02/2017
Cassazione civile, sez. VI, 13/02/2017, (ud. 10/01/2017, dep.13/02/2017), n. 3759
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – rel. Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. VELLA Paola – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27931/2014 proposto da:
S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL CASALE
STROZZI, 31 presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI SAVONA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCESCO PANI, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 87/16/2013, emessa il 26/09/2013 della
COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BOLOGNA, depositata il
10/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 10/01/2017 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, costituito il contraddittorio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), osserva:
S.G., con atto spedito dall’ufficiale giudiziario mercoledì 26 novembre 2014 e notificato all’Agenzia delle Entrate il 28 novembre 2014, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR dell’Emlia Romagna n. 87 del 10 dicembre 2013, notificata il 25 settembre 2014. L’Agenzia si difende con controricorso eccependo preliminarmente la tardività del ricorso. Il contribuente replica con memoria e, con apposita certificazione, documenta la tempestiva presentazione del ricorso all’ufficiale giudiziario il 21 novembre 2011.
Così superato il rilievo preliminare di tardività, il ricorso deve, comunque, essere dichiarato inammissibile sia pure sotto diversi profili (v. Cass. s.u., 8999/09).
In primo luogo è da escludere l’ipotesi dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, adombrata nel primo motivo declinato sub art. 360 c.p.c., n. 5.
Infatti, contrariamente all’assunto del contribuente, il giudice d’appello esamina, sia pure succintamente, le risultanze penali, ma ne dà una valutazione diversa da quella dell’A.G. penale. Il che è consentito in ragione del doppio binario di separata cognizione dei medesimi fatti su cui si fonda l’accertamento dell’ufficio finanziario, correlato anche al diverso regime probatorio che regola i due processi (Cass. 19786/11, 2938/15). Sicchè l’odierno ricorrente non fa altro che sollecitare una rivalutazione di merito che introduce una inammissibile terza istanza di giudizio (Cass. s.u., 8053/14; v. anche Cass. s.u., 7931/13 in motiv.).
In secondo luogo è da escludere l’ipotesi della violazione o falsa applicazione di norme di diritto.
Mancando ogni specificazione in rubrica delle norme di diritto sostanziali e/o processuali asseritamente disattese dal giudice d’appello, dal contenuto del secondo motivo si ricava che la critica del ricorrente s’incentra essenzialmente sull’art. 2729 c.c., comma 2, che vieta la prova per presunzioni laddove, in via generale, non sia ammessa la prova per testimoni, il tutto in presumibile correlazione all’art. 7 proc. trib. laddove vieta l’ingresso della prova testimoniale nel processo tributario.
Invece il ricorso alle presunzioni è ammissibile, essendo positivamente esclusi dall’art. 7 cit. solo il giuramento e la prova testimoniale e non comportando il divieto di ammissione di quest’ultima la conseguente inammissibilità della prova per presunzioni ai sensi dell’art. 2729 cit., in quanto detto divieto, stante la natura della materia e i mezzi d’indagine a disposizione degli uffici e dei giudici tributari, non è applicabile nel contenzioso tributario (Cass. 12854/1997; conf. 7509/16, 22804/06, 12210/02).
Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1, con ordinanza d’inammissibilità in forma semplificata.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2300 per compensi oltre alle spese prenotate a debito.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater e comma 1-bis.
Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2017