Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3757 del 07/02/2022

Cassazione civile sez. lav., 07/02/2022, (ud. 08/07/2021, dep. 07/02/2022), n.3757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19118-2016 proposto da:

C.U., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLA

RICCIOTTI, N. 9, presso lo studio dell’avvocato MARIATERESA ELENA

POVIA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E RICERCA, in persona del

Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso il cui Ufficio domicilia in ROMA, alla

VIA DEI PORTOGHESI, n. 12;

– controricorrente –

e sul ricorso 17983-2018 proposto da:

C.U., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NICOLA

RICCIOTTI, N. 9, presso lo studio dell’avvocato MARIATERESA ELENA

POVIA, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E RICERCA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 8586/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 26/01/2016 R.G.N. 2431/2012 per il ricorso n.

19118/2016;

avverso la sentenza n. 5599/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA

depositata il 06/12/2016 R.G.N. 3219/2016 per il ricorso n.

17983/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

08/07/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.

 

Fatto

PREMESSO

che:

1. Con sentenza n. 5599/2017, pubblicata il 6 dicembre 2017, la Corte d’appello di Roma ha accolto il ricorso proposto da C.U., già docente nell’Istituto Cine-TV “Roberto Rossellini” di (OMISSIS) (classe di concorso 18/A), per la revocazione della sentenza n. 8586/2015, che ne aveva respinto, per intervenuta prescrizione, la domanda di condanna del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca alla restituzione di differenze retributive e al risarcimento dei danni da mobbing, in relazione al comando (per sei ore) disposto, nell’a.s. 1998/1999, presso altro istituto scolastico a (OMISSIS).

1.1. Al riguardo la Corte ha rilevato come il termine prescrizionale fosse stato interrotto dalla ricorrente con riferimento alla richiesta di restituzione delle differenze retributive, pari alla somma che, stante il rifiuto della stessa di ottemperare al comando, era stata oggetto di detrazione da parte dell’Amministrazione; ha considerato, invece, prescritto, per decorso del termine quinquennale, il diritto al risarcimento dei danni da mobbing.

1.2. La Corte ha, tuttavia, con la medesima sentenza, ritenuto comunque infondate le domande, poiché lo smembramento della cattedra e la destinazione ad altro istituto era l’effetto di una diversa determinazione dell’organico di diritto dell’istituto di appartenenza per l’anno scolastico 1998/1999, a sua volta conseguenza di un legittimo mutamento dei corsi in essere; mentre, quanto all’esistenza di mobbing, era da ritenere che ne difettasse la prova, alla luce dei requisiti elaborati dalla giurisprudenza ai fini della configurabilità di tale condotta.

2. Avverso detta sentenza n. 5599/2017 la C. ha proposto ricorso per cassazione (R.G. 17983/2018), affidandosi a sei motivi.

3. Il Ministero è rimasto intimato.

4. La C. ha proposto altresì ricorso per cassazione (R.G. 19118/2016) avverso la sentenza n. 8586/2015, pubblicata il 26 gennaio 2016, della Corte d’appello di Roma, con due motivi, cui ha resistito con controricorso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

5. In entrambi i procedimenti la ricorrente ha depositato memorie.

6. Nel proc. R.G. 17983/2018 il Procuratore Generale ha presentato proprie conclusioni scritte, chiedendo il rigetto del ricorso avverso la sentenza n. 5599/2017.

7. A seguito di istanza di riunione, depositata dalla ricorrente, il proc. R.G. 17983/2018 è stato rinviato a nuovo ruolo per consentirne la trattazione unitamente al procedimento R.G. 19118/2016.

8. Entrambi sono stati chiamati all’adunanza camerale dell8 luglio 2021.

Diritto

RILEVATO

che:

9. Con il ricorso nei confronti della sentenza di appello n. 8586/2015 la C. deduce la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 360 c.p.c., n. 4, e la violazione di varie norme di legge (artt. 112,113,115,116,410 c.p.c.; art. 118 disp. att. c.p.c.; artt. 2043,2087,2943 e ss. c.c.; L. n. 300 del 1970, art. 9; art. 28 Cost.), in sostanza dolendosi di una motivazione meramente apparente o apodittica sul decorso della prescrizione e della omessa valutazione degli atti che l’avevano interrotta.

10. Con il ricorso nei confronti della sentenza n. 5599/2017, nel capo in cui la Corte territoriale aveva rigettato l’appello nel merito, la ricorrente deduce:

10.1. con il primo motivo, la violazione dell’art. 2909 c.c., non avendo la Corte, in violazione del giudicato interno, rilevato che la sentenza n. 8586/2015 aveva accertato la esistenza del fatto illecito e che tale accertamento non aveva formato oggetto di ricorso incidentale da parte dell’Amministrazione;

10.2. con il secondo, la violazione degli artt. 1218,2087 e 2946 c.c., per avere la Corte ritenuto la prescrizione quinquennale e non decennale;

10.3. con il terzo, la violazione degli artt. 1223,2059,2087 e 2729 c.c., dell’art. 115c.p.c., e dell’art. 32 Cost., sostenendosi che la documentazione prodotta, valutata insieme al comportamento processuale del Ministero, avrebbe dovuto condurre diversamente da quanto ritenuto in sentenza – ad accertare la sussistenza nella specie di condotte vessatorie da parte dell’Amministrazione e il nesso di causalità tra le stesse e il pregiudizio alla salute sofferto dalla ricorrente;

10.4. con il quarto, la violazione dell’art. 1460 c.c., avendo la sentenza impugnata rilevato che la ricorrente non aveva preso servizio presso l’istituto scolastico di (OMISSIS), e da ciò tratto erroneamente la conseguenza della illegittimità della sua condotta: era, al contrario, dimostrato, attraverso i documenti prodotti, che la ricorrente si era messa, fin da subito, a disposizione per il completamento dell’orario di cattedra presso la sua sede di lavoro, chiedendo di essere adibita all’insegnamento di materie affini, a fronte di un comando (verbale) della Preside dell’Istituto “Rossellini” palesemente illegittimo;

10.5. con il quinto, la violazione del D.Lgs. n. 297 del 1994, artt. 469 e 482, del D.M. 17 febbraio 1997, n. 109, della Ordinanza Ministeriale n. 332 del 1996, art. 5, e del C.C.N.L. 4 agosto 1995, art. 41, comma 3: la ricorrente censura, in particolare, la sentenza per non aver considerato che, ai sensi del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 482, nei casi in cui siano modificati gli ordinamenti scolastici, le materie di insegnamento e gli orari delle classi degli alunni, i docenti che si trovino eventualmente in soprannumero, perché docenti di materie non più previste, o comunque diversamente denominate o raggruppate, sono assegnati a materie o gruppi di materie affini, conservando a tutti gli effetti lo stato giuridico ed economico in godimento; che la condizione soprannumeraria, con la riduzione conseguente delle ore di insegnamento, era l’effetto della condotta illecita posta in essere dalla Preside, che, nel predisporre il “prospetto previsionale” per l’anno scolastico 1998/1999, aveva comunicato deliberatamente al Sistema Informatico un fatto non vero, ossia che nel precedente a.s. era presente nella scuola un docente collegato alla classe di concorso 22/A; che il CCNL di settore avrebbe consentito di far coprire alla ricorrente ore di insegnamento disponibili in classi collaterali, ma che ciò non era avvenuto nonostante espressa richiesta e senza alcuna motivazione;

10.6. con il sesto motivo, la violazione degli artt. 115,116 c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e dell’art. 2697 c.c., per non avere la Corte valutato, in ordine all’onere della prova, che il Ministero non aveva ottemperato all’ordine del Tribunale di depositare taluni documenti, né aveva depositato note autorizzate;

11. Il ricorso R.G. 17983/2018 deve essere preliminarmente riunito, in applicazione analogica dell’art. 335 c.p.c., al ricorso R.G. 19118/2016.

11.1. E’ invero consolidato il principio, per il quale “La riunione delle impugnazioni, che è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può altresì essere facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie” (Sez. U n. 1521/2013).

12. Ciò premesso, si deve, in primo luogo, rilevare che il ricorso R.G. n. 19118/2016 è inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse ad impugnare, poiché la sentenza n. 8586/2015 ha pronunciato solo sulla eccezione di prescrizione quinquennale proposta dal Ministero, come risulta dalla sua motivazione, e la successiva sentenza n. 5599/2017 ha accolto l’istanza di revocazione, sul rilievo del mancato accertamento dell’esistenza di plurimi atti interruttivi.

13. Quanto al ricorso R.G. 17983/2018, si osserva quanto segue.

14. Il primo motivo è infondato.

14.1. La sentenza n. 8586/2015 si è limitata infatti, e con tutta evidenza, a prendere in considerazione l’eccezione di prescrizione sollevata dal Ministero, accogliendola (pur senza esaminare gli atti interruttivi, così da incorrere nell’errore revocatorio poi dedotto) e unicamente sulla fondatezza della stessa pervenendo al rigetto del gravame: nessun accertamento risulta compiuto circa la sussistenza del fatto illecito, né questo potrebbe essere ipotizzato sulla base di parole ed espressioni, come quelle sottolineate nel motivo in esame, che emergono nel contesto argomentativo come puri riferimenti alla domanda proposta.

15. Il secondo motivo è inammissibile, poiché la Corte, oltre a considerarla prescritta (per decorso del termine quinquennale), ha ritenuto la domanda di risarcimento danni altresì infondata nel merito, con motivazione ampia e non adeguatamente censurata.

16. Il terzo motivo è anch’esso inammissibile, sollecitando, dietro il velo della denuncia di violazione di norme di legge, una rilettura e una differente valutazione del materiale di prova, che è attività di competenza esclusiva del giudice di merito.

16.1. D’altra parte, deve essere riaffermato il principio, per il quale “In tema di prova presuntiva, è incensurabile in sede di legittimità l’apprezzamento del giudice del merito circa la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione, rimanendo il sindacato del giudice di legittimità circoscritto alla verifica della tenuta della relativa motivazione, nei limiti segnati dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5” (Cass. n. 1234/2019, fra le molte conformi).

16.2. Deve, inoltre, essere riaffermato il principio, secondo il quale “In tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non può porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione” (Cass. n. 1229/2019, fra le molte conformi).

17. Ad analoga conclusione deve pervenirsi con riguardo al quarto motivo.

17.1. I motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, questioni che siano già comprese nel giudizio d’appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio (Cass. n. 907/2018, fra molte); mentre la ricorrente non riporta i passi degli atti di causa in cui la questione della riconducibilità della propria condotta all’ambito di applicazione dell’art. 1460 c.c., sarebbe stata posta, nuovamente tendendo, con il motivo in esame, ad una diversa ricostruzione dei fatti rispetto a quella oggetto di accertamento da parte della Corte di merito.

18. Anche il quinto e il sesto motivo non possono trovare accoglimento.

19. Il quinto propone anch’esso una rivalutazione e un nuovo apprezzamento di fatto ed inoltre non censura la sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame dei fatti, da cui sarebbe possibile desumere una condotta arbitraria della Preside dell’Istituto “Roberto Rossellini”, né per omesso esame della richiesta della ricorrente di ottenere il completamento dell’orario in classi collaterali.

20. Il sesto motivo è inammissibile, oltre che per la genericità della sua formulazione, per le medesime considerazioni già svolte a proposito della denuncia di violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c.; alle quali deve aggiungersi il richiamo al principio, secondo il quale “La violazione del precetto di cui all’art. 2697 c.c., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti (sindacabile, quest’ultima, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti del “nuovo” art. 360 c.p.c., n. 5)”: Cass. n. 13395/2018.

21. In conclusione, il ricorso R.G. 17983/2018 deve essere respinto.

22. Le spese di lite relative al ricorso R.G. 19118/2016 devono essere compensate; non vi è luogo invece a pronuncia sulle spese con riferimento al ricorso R.G. 17983/2018, essendo l’Amministrazione rimasta intimata.

23. Quanto al ricorso n. 17983/2018, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater) della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Sez. U n. 4315/2020).

24. Deve invece essere escluso il versamento del doppio del contributo unificato per il ricorso n. 19118/2016 (Cass. n. 20697/2021).

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi recanti i nn. 19118/2016 e 17983/2018, dichiara inammissibile il ricorso n. 19118/2016 e rigetta quello recante il n. 17983/2018; compensa le spese relativamente al ricorso n. 19118/2016; nulla spese riguardo al ricorso n. 17983/2018.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente (n. 17983/2018), dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 luglio 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

 

 

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