Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3753 del 15/02/2018


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Civile Sent. Sez. L Num. 3753 Anno 2018
Presidente: DI CERBO VINCENZO
Relatore: TRICOMI IRENE

SENTENZA

sul ricorso 15140-2014 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE/l SASSARI, in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la Cancelleria della
Corte di Cassazione, rappresentata e difesa
daltAvvocato
2017

DIEGO

GIOVANNI

LUMBAU,

che

la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –

4347

contro
MARTNELLI LUIGI,

elettivamente domiciliato

in ROMA,

VIA DEI GRACCHI 123, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 15/02/2018

RAIMONDO

DETTORI,

rappresentato

e

difeso

dall’avvocato PAOLO MORGANA, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 204/2013 della CORTE D’APPELLO
CAGLIARI – SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/11/2017 dal Consigliere Dott. IRENE
TRICOMI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto.

03/10/2013 R.G.N. 423/2012;

R.G. n. 15140 del 2014

FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, con la sentenza
n. 204 del 2013 accoglieva per quanto di ragione l’appello proposto da Marinelli Luigi
nei confronti della ASL n. 1 di Sassari, avverso la sentenza n. 1042 emessa tra le
parti dal Tribunale di Sassari in data 23 luglio 2012, e in parziale riforma della stessa
ha condannato l’ASL n. 1 di Sassari a corrispondere all’appellante la somma di euro
8.581,73 per differenze retributive, da maggiorare di interessi dalla maturazione al
saldo.

2. La Corte d’Appello affermava che era pacifico lo svolgimento di mansioni
superiori da parte del lavoratore e il diritto al relativo trattamento retributivo ex art
52 del d.lgs. n. 165 del 2001.
Il criterio di quantificazione indicato dall’appellante si era ispirato all’art. 28
del contratto collettivo di settore che prevedeva che la differenza retributiva andava
calcolata sulla sola busta paga base prevista per le mansioni effettive e per quelle di
inquadramento formale. Tale disposizione era stata rigorosamente applicata dal
CTU.
3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre la ASL n.1 di Sassari.
4. Resiste il Marinelli con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE
1. In via preliminare va ricordato che l’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del
2001, stabilisce che: “al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l’assegnazione
del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al lavoratore è
corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore (…)”
L’art. 28, commi 1, 6 e 7, del CCNL Comparto sanità 1998-2001 del 1999,
rubricato “Mansioni superiori” prevede:
“l. Il presente articolo completa la disciplina delle mansioni prevista dai
commi 2, 3 e 4 dell’art. 56 del d.lgs n. 29 del 1993 per la parte demandata alla
contrattazione. (…)
6. Il dipendente assegnato alle mansioni superiori indicate nel comma 2 ha
diritto alla differenza tra i trattamenti economici iniziali previsti per la posizione
rivestita e quella corrispondente alle relative mansioni nella tabella 9 e 9 bis, fermo
rimanendo quanto percepito a titolo di retribuzione individuale di anzianità , di fascia
retributiva nella propria posizione nonché di indennità specifica professionale ove
spettante per il profilo ma non prevista per la posizione superiore. Ove questa sia
prevista, il relativo importo è assorbito per la durata delle mansioni dall’indennità
attribuita al profilo di riferimento.
7. Per quanto non previsto dal presente articolo resta ferma la disciplina
dell’art. 56 del d.lgs. 29/1993».

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R.G. n. 15140 del 2014

2. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta la violazione e/o falsa applicazione
delle norme di diritto e del CCNL, in particolare art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 e
art. 28 del CCNL Comparto sanità 1998-2001 del 7 aprile 1999.
Al lavoratore per la prestazione di mansioni superiori spetta la differenza tra
il trattamento previsto per qualifica superiore e quanto dallo stesso percepito in forza
dell’inquadramento contrattuale.
Non potrebbe trovare applicazione il citato art. 28 del CCNL di settore, in
quanto lo stesso si riferisce solo alla adibizione legittima alle mansioni superiori

mentre nulla prevede per l’ipotesi di cui all’art. 52, comma 5, del d.lgs. n. 165 del
2001.
3. Il motivo è inammissibile.
4. Il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.,
dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art.
366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono
violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed
esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate
affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in
contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione
delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla
corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento
della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di
errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole
norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle
soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste
dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito
di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non
attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle desumibili dalla
motivazione della sentenza impugnata (Cass., n. 24298 del 2016).
5. Nella specie, il ricorrente si limita a denunciare il contrasto della decisione
di appello con la disciplina legale, senza tuttavia offrire argomenti, anche in
relazione alla rilevanza, in ordine alle diverse voci che, secondo la

sua

prospettazione, in un caso (disciplina convenzionale) o nell’altro (disciplina legale),
andrebbero a comporre il trattamento riconosciuto per le mansioni superiori, al fine
di censurare sotto il profilo giuridico la soluzione adottata, anche a seguito di CTU,
dal giudice di appello con la statuizione di accertamento e condanna, con conseguente
inammissibilità del motivo di ricorso.
6. Il ricorso, pertanto, è inammissibile.
7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
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R.G. n. 15140 del 2014

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento
delle spese di giudizio che liquida in euro 200,00 per esborsi, euro 4.000,00 per
compensi professionali, oltre spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente , dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
del comma 1-bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’8 novembre 2017.

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