Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3752 del 07/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 07/02/2022, (ud. 25/11/2021, dep. 07/02/2022), n.3752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

M.D., nato il (OMISSIS) nella Repubblica democratica del

Congo, elettivamente domiciliato in Oria (BR), C.so Umberto I n. 58,

presso lo studio dell’avv. Rita Labbro Francia (p.e.c.

labbrofrancia.rita.coabrindisi.legalmail.it) che lo rappresenta e

difende per procura speciale in calce al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

nei confronti di:

Ministero dell’interno;

– resistente –

avverso il decreto del Tribunale di Lecce, depositato in data 11

dicembre 2020, R.G. n. 4869/2019;

sentita la relazione in Camera di consiglio del relatore cons.

Loredana Nazzicone.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con ricorso D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, M.D., nato il (OMISSIS) nella Repubblica Democratica del Congo, ha adito il Tribunale di Lecce impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, e di protezione umanitaria.

Il Tribunale, sulla base delle dichiarazioni rese dal ricorrente dinnanzi alla Commissione territoriale competente, ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria.

Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso per cassazione M.D., svolgendo un unico motivo.

L’intimata Amministrazione ha depositato atto di costituzione al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il ricorso è stato assegnato all’adunanza in Camera di consiglio non partecipata, ritenuti i presupposti ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

RITENUTO

che:

1. – L’unico motivo di ricorso è così rubricato: “1. Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 231 del 2007, artt. 3,5,7, nonché vizio di motivazione in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere il tribunale di Lecce inserito nel decreto impugnato clausole di stile ed interi periodi senza riferimenti effettivi alle censure formulate sub a) sul riconoscimento dello status di rifugiato, sub b) sulla richiesta di protezione sussidiaria, sub c) sulla richiesta di protezione umanitaria; motivazione apparente”.

2. – Nel richiedere la protezione internazionale il ricorrente espose di essere fuggito dal proprio paese per ragioni politiche. In particolare, il ricorrente ha dichiarato di svolgere propaganda per il partito (OMISSIS), di essere stato arrestato più volte in seguito alla partecipazione ad alcune manifestazioni e di essere fuggito a (OMISSIS) dove, nel 2013 si univa ai ribelli operanti in quell’area; dopo l’ennesimo arresto, era riuscito a fuggire in Uganda nel 2014, dove, tuttavia, veniva riconosciuto dai membri del partito avversario. Dunque, aiutato dal fratello di un ufficiale che conosceva, era riuscito a espatriare su un volo di linea diretto in Italia.

Il Tribunale ha ritenuto la vicenda narrata dal richiedente non credibile quanto al suo profilo politico e alle modalità con cui si sarebbe avvicinato alla politica, alla ricostruzione degli eventi che lo avrebbero coinvolto e alle circostanze degli arresti e delle conseguenti fughe; ha, invero, ritenuto che dalle dichiarazioni del ricorrente non emerga con chiarezza quale sia il preteso agente persecutore e che, ad ogni modo, il panorama politico, sulla base delle informazioni disponibili, risulta attualmente mutato. Il giudice di merito ha poi ritenuto insussistente una situazione di violenza generalizzata della Repubblica Democratica del Congo sulla base delle COI, ampie, recenti e circostanziate, consultate.

Infine, il Tribunale ha escluso la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, tenuto conto del basso livello di integrazione del ricorrente, essendo stato prodotto solo un contratto di lavoro a tempo determinato della durata di un mese e un attestato di un corso di lingua italiana, nonché della mancanza di situazioni di particolare vulnerabilità e della situazione del paese di origine.

3. – L’unico motivo di ricorso si duole dell’impianto motivazionale del Tribunale, senza tuttavia confrontarsi con l’effettiva motivazione resa dallo stesso.

Il provvedimento del Tribunale, dopo un’attenta analisi normativa e giurisprudenziale ed un accertamento della situazione generale del paese (quanto alla situazione di sicurezza, oltre ad un approfondimento sulle carceri, sulla pena di morte, sul sistema giudiziario, sulla situazione covid-19, sulle elezioni presidenziali), compie altresì una valutazione specifica del caso di specie.

3.1. – Anzitutto, il Tribunale ha escluso la credibilità della vicenda narrata dal ricorrente ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria lett. a) e b).

Dunque, la corte del merito ha ritenuto il ricorrente non credibile, sulla base di ampie e circostanziate argomentazioni: al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a), essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c), ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503) e “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; e v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340).

In particolare, il decreto impugnato è pienamente conforme ai principi espressi da questa Corte (da ultimo, Cass. 24 febbraio 2021, n. 5043), laddove, da un lato, rispetta i canoni legalmente predisposti di valutazione della credibilità del dichiarante D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, e dall’altro lato, espone, all’esito di un esame completo dei fatti di rilievo, una motivazione congrua, effettiva e chiara sul punto, tanto da sottrarsi ad ogni critica, vuoi di violazione di legge ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vuoi di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Fermo restando che, in ogni caso, non è deducibile in sede di legittimità la eventuale mera insufficienza di motivazione o la prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (ex multis, Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340, cit.).

3.2. – In merito alla protezione sussidiaria lett. c), la motivazione resa richiama le fonti consultate, in riferimento alla situazione di sicurezza.

Dunque, il giudice del merito ha ampiamente esaminato e citato le fonti a sostegno della decisione, né sussiste dunque alcuna motivazione apparente, al contrario esponendo il decreto argomenti diffusi e precisi.

3.3. – Quanto alla protezione umanitaria effettua una valutazione relativa alla singola vicenda personale del ricorrente e agli elementi su cui fondare la valutazione dell’integrativa lavorativa e personale del richiedente asilo in Italia. Pertanto, al riguardo il Tribunale ha fatto corretta applicazione delle norme che la regolano, stigmatizzando la mancata allegazione e prova di circostanze concrete idonee a fondarla.

Ne’ il ricorso è specifico nella contestazione delle valutazioni del provvedimento impugnato circa la condizione del richiedente ed il suo difetto di integrazione lavorativa, senza tuttavia che il medesimo fornisca, al di là di generici richiami normativi, indicazioni specifiche che evidenzino una situazione particolare di vulnerabilità.

4. – In definitiva, il giudice del merito ha ritenuto il richiedente non credibile ed ha comunque proceduto ad approfondire la situazione del paese di origine sulla base di documentazione aggiornata, escludendo ogni pericolo per il medesimo, nonché ogni situazione di vulnerabilità anche astrattamente riconducibile nella fattispecie normativa. Pertanto, da un lato il provvedimento impugnato ha compiutamente esaminato la situazione fattuale, dall’altro il ricorrente non fa che riproporre unicamente un giudizio sul fatto, onde il ricorso si palesa inammissibile, in quanto si chiede di ripetere attività preclusa in virtù della funzione di legittimità.

5. – Non occorre provvedere sulle spese di lite, non svolgendo difese l’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2022

 

 

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