Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 375 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 10/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.10/01/2017),  n. 375

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23109/2014 proposto da:

AGRICOLA C. S.N.C. DI F. C. & C., P.IVA e C.F. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA BARBERINI N. 12, presso lo studio

dell’avvocato MARCO MARIANI, che la rappresenta e difende giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SPOLETO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 111/3/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PERUGIA, emessa il 30/01/2014 e depositata il

21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Con sentenza n. 111/03/2014, depositata il 21 febbraio 2014, non notificata, la CTR dell’Umbria ha rigettato l’appello proposto dalla società indicata in epigrafe nei confronti del Comune di Spoleto per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Perugia, che aveva rigettato il ricorso della contribuente, volto a conseguire l’annullamento degli avvisi di accertamento ai fini ICI per gli anni dal 2005 al 2008 emanati sul presupposto dell’omessa dichiarazione e conseguente omesso versamento di imposta di terreni divenuti fabbricabili.

Avverso la suddetta pronuncia della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’intimato Comune non ha svolto difese.

La ricorrente denuncia, con il primo motivo di ricorso, violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, artt. 2 e 9, D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10, D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando altresì difetto di motivazione in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

La censura, afferente alla denunciata violazione di norme di diritto, è fondata.

La CTR ha ritenuto di escludere in radice in capo ad imprenditore agricolo organizzato in forma societaria il beneficio di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b), in relazione all’art. 9, comma 1 dello stesso decreto, privilegiando il dato letterale di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 58, comma 2, che prevede che “agli effetti dell’applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 9, relativo alle modalità di applicazione dell’imposta ai terreni agricoli, si considerano coltivatori diretti od imprenditori agricoli a titolo principale le persone fisiche iscritte negli appositi elenchi comunali previsti dalla L. 9 gennaio 1963, n. 9, art. 11 (…)”.

La ricognizione del quadro normativo di riferimento operata dal giudice tributario d’appello è tuttavia incompleta, avuto riguardo al fatto che, in relazione alle annualità in contestazione, erano già entrate in vigore le disposizioni di cui al D.Lgs. n. 228 del 2001 e del D.Lgs. n. 99 del 2004, che hanno profondamente inciso sulla stessa configurazione del requisito soggettivo per la fruizione dell’agevolazione, il primo, oltre ad individuare la nuova nozione codicistica (art. 2135 c.c.) d’imprenditore agricolo, stabilendo, per quanto qui interessa, (L. 9 maggio 1975, n. 153, art. 12, quale sostituito del citato D.Lgs. n. 228 del 2001, art. 10, che “Le società sono considerate imprenditori agricoli a titolo principale qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo dell’attività agricola” e, nel caso di società di persone (lett. a) “qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale”; disposizione ora facente parte del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1, a seguito della disposta abrogazione della L. n. 153 del 1975, art. 12, nell’art. 1 del decreto da ultimo citato, che reca la nuova definizione dell’imprenditore agricolo professionale come “colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell’art. 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, dedichi alle attività agricole di cui all’art. 2135 c.c., direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro”.

La sentenza impugnata ha totalmente obliterato la valutazione delle menzionate sopravvenienze normative, onde verificare se le modifiche intervenute abbiano inciso sul requisito soggettivo per la fruizione dell’agevolazione di cui al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 9, da parte di chi eserciti direttamente l’attività agricola sul fondo, citando a sostegno del convincimento espresso un precedente di questa Corte (Cass. n. 14145/2009), non pertinente non solo perchè riferito a fattispecie in cui il beneficio era richiesto da società di capitali, ma soprattutto perchè reso in controversia relativa ad annualità d’imposta anteriore alle modifiche normative apportate con i citati D.Lgs. n. 228 del 2001 e D.Lgs. n. 99 del 2004.

La stessa giurisprudenza di questa Corte, pur non occupandosi ex professo della questione, tenuto conto delle fattispecie in relazione alle quali era stata chiamata a pronunciarsi, ha evidenziato la necessità della verifica dell’incidenza delle succitate disposizioni ai fini del godimento dell’agevolazione ICI di cui al combinato disposto del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. b) e art. 9, da parte di chi svolga l’attività di imprenditore agricolo professionale, se del caso in forma societaria, purchè in possesso dei requisiti prescritti (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 27 giugno 2014, n. 14738; Cass. sez. 5, 11 marzo 2010, n. 5931).

Consegue anche la manifesta fondatezza del secondo motivo di ricorso, con il quale, per quanto qui rileva, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 99 del 2004, come modificato dal D.Lgs. n. 101 del 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la decisione impugnata ha osservato, come concorrente ratio decidendi, che l’unico socio dell’Agricola C. S.n.c. iscritto quale coltivatore diretto ricava i due terzi circa del proprio reddito da fabbricati, circostanza viceversa ininfluente in relazione al disposto succitato del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1 e successive modifiche.

Il ricorso va dunque accolto per manifesta fondatezza, con conseguente rinvio per nuovo esame alla CTR dell’Umbria in diversa composizione, che valuterà se agli atti la contribuente abbia fornito prova idonea quanto alla sussistenza del requisito soggettivo per fruire dell’agevolazione, non essendo a ciò di per sè ostativo lo svolgimento dell’attività agricola da parte di imprenditore agricolo professionale nella forma di società di persone – purchè sussistano i succitati requisiti di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 1 e successive modifiche.

Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, a diversa sezione della CTR dell’Umbria.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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