Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3749 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/02/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 14/02/2020), n.3749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10431-2018 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (c.p. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) IN FALLIMENTO, in persona del suo curatore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA OVIDIO N. 32, presso lo studio

dell’avvocato CHIARANTANO BRUNO, rappresentata e difesa

dall’avvocato RIJLI SALVATORE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 273/5/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE depositata il 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. CAPOZZI

RAFFAELE.

Fatto

RILEVATO

che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza della CTR di Catanzaro, di rigetto del suo appello avverso una decisione della CTP di Reggio Calabria, che aveva accolto l’impugnazione del contribuente fallimento s.a.s. “(OMISSIS)” avverso una cartella di pagamento di Euro 53.031,36 per ILOR 1994 ed IVA 1995, notificata il 7 marzo 2005.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato ad un unico motivo, con il quale la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 17 e 25 e del D.L. n. 106 del 2005, art. 1, commi 5-bis e ter, convertito nella L. n. 156 del 2005, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto erroneamente la CTR aveva ritenuto che la notifica della cartella impugnata fosse avvenuta oltre i termini di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17 (oggi abrogato), e art. 25 (e cioè dopo l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello della consegna dei ruoli); invero la questione del termine di decadenza per la notifica delle cartelle di pagamento era stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale, che, con sentenza n. 280 del 2005, aveva dichiarato costituzionalmente illegittimo il citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, così come modificato dal D.Lgs. n. 193 del 2001, nella parte in cui non prevedeva alcun termine decadenziale entro il quale notificare la cartella al contribuente; ed in attuazione di detta pronuncia, il legislatore aveva emesso il D.L. n. 106 del 2005, convertito nella L. n. 156 del 2005, con il quale era stato modificato il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, assoggettando, a far data dall’entrata in vigore della legge di conversione n. 156 del 2005 (10 agosto 2015), a termini di decadenza la notifica di tutte le cartelle, comprese quelle derivanti dal procedimento di accertamento di tributi tramite emissione e notifica di avvisi di accertamento od in rettifica; tuttavia, nella specie, la cartella di pagamento di cui è causa, notificata al curatore del fallimento ricorrente il 7 marzo 2005, era conseguente ad avviso di accertamento ILOR 1994, notificato il 28 dicembre 2000 ed ad avviso di accertamento IVA 1995, notificato il 14 dicembre 2000, entrambi divenuti definitivi per mancata impugnazione; e poichè la norma sopra descritta non aveva efficacia retroattiva e trovava applicazione solo con riferimento agli accertamenti divenuti definitivi dopo l’entrata in vigore della legge di conversione n. 156 del 2005 (10 agosto 2005), nella specie la pretesa fiscale, consolidatasi per omessa impugnazione, era da qualificare come un qualsiasi diritto di credito, sottoposto all’ordinario termine prescrizionale decennale di cui all’art. 2946 c.c.;

che l’intimata si è costituita con controricorso, con il quale ha formulato eccezioni inammissibili rispetto al tipo di atto difensivo proposto;

che l’unico motivo di ricorso proposto dall’Agenzia ricorrente è fondato;

che, invero, nella specie in esame, la cartella di pagamento impugnata è stata notificata al fallimento contribuente il 7 marzo 2005 ed è conseguente a due avvisi di accertamento, ritualmente notificati al contribuente il 14 e 28 dicembre 2000 e divenuti definitivi per mancata opposizione;

che, pertanto, alla specie non può applicarsi la disciplina transitoria, di cui al D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 36, comma 2, come modificato dal D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-ter, lett. b , n. 2, convertito con modifiche nella L. n. 156 del 2005, nè la disciplina dettata in via generale dal citato D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-bis, avendo tali discipline ad oggetto solo le liquidazioni d’imposta effettuate a seguito di controlli automatizzati delle dichiarazioni;

che neppure può trovare applicazione la disciplina “a regime”, di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, così come introdotta dal citato D.L. n. 106 del 2005, convertito con modifiche nella L. n. 156 del 2005, disciplina riferita anche alle cartelle emesse, come quella in esame, a seguito di accertamento d’ufficio, valendo detta disciplina solo per le cartelle di pagamento notificate in epoca successiva alla data di entrata in vigore della citata legge di conversione L. n. 156 del 2005 (10 agosto 2005), mentre la cartella di pagamento in esame è stata notificata il 7 marzo 2005; neppure può applicarsi alla specie il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1, nella versione anteriore, che prevedeva come termine per la notifica di una cartella l’ultimo giorno del quarto mese successivo a quello di consegna dei ruoli, essendo stata detta versione modificata dal D.Lgs. n. 193 del 2001, art. 1, in vigore dal 9 giugno 2001, con la soppressione di detto termine; ed avendo la Corte Costituzionale con sentenza n. 280 del 2005 dichiarato incostituzionale il citato D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 1 nella versione modificata dal D.Lgs. n. 193 del 2001; non può invero ritenersi che, a seguito di detta pronuncia di illegittimità costituzionale, si sia verificata la reviviscenza della norma in precedenza vigente (cfr. in termini, Cass. n. 19544 del 2011);

che, conclusivamente, nel caso in esame, nel quale l’imposta è stata liquidata a seguito di ordinario accertamento dell’ufficio, il contribuente è da ritenere essere stato adeguatamente tutelato, essendo venuto a conoscenza del credito erariale mediante la notifica dell’atto impositivo presupposto; ed è noto che l’esercizio del potere di accertamento e rettifica dell’ufficio è assoggettato a specifici termini di decadenza; in tali casi invero permane netta la distinzione fra la fase di accertamento e la fase della riscossione del credito; e la pretesa fiscale, consolidatasi in seguito ad omessa impugnazione giudiziale, si atteggia come un qualsiasi diritto di credito, il cui esercizio è assoggettato all’ordinario termine prescrizionale decennale, di cui all’art. 2946 c.c., risultando in tal modo adeguatamente assicurata la certezza del diritto e la stabilità dei rapporti giuridici (cfr. Cass. n. 3976 del 2017);

che pertanto l’unico motivo di ricorso dell’Agenzia delle entrate va accolto; la decisione della CTR va cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo proposto dal fallimento della s.a.s. “(OMISSIS)”, tenuto a rifondere alla ricorrente Agenzia delle entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, apparendo invece equo compensare interamente fra le parti le spese dei gradi di merito, in considerazione delle modifiche legislative intervenute in corso di giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso introduttivo proposto dal fallimento della s.a.s. “(OMISSIS)”, che condanna alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Agenzia delle entrate, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito, dichiarando interamente compensate fra le parti le spese relative al grado di merito.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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