Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3745 del 25/02/2016


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 3745 Anno 2016
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: FERNANDES GIULIO

ORDINANZA
sul ricorso 19744-2013 proposto da:
DI CESARE AURELIO DCSRLA38M22M255N, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PRATI FISCALI 284, presso lo
studio dell’avvocato LORENZO MARGIOTTA, rappresentato e
difeso dagli avvocati ANTONIETTA LIBERATA PACE, ANNA
RITA DI LORETO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati LIDIA

Data pubblicazione: 25/02/2016

CARCAVALLO, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO,
SERGIO PREDEN giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 553/2013 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
16/12/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;
udito l’Avvocato Antonella Patteri difensore del controricorrente che
si riporta agli scritti.

FATTO E DIRITTO
La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 16
dicembre 2015, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della relazione
redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
“Con sentenza del 10 maggio 2013 la Corte di appello di L’Aquila
dichiarava improponibile la domanda proposta da Di Cesare Aurelio
nei confronti dell’INPS intesa al riconoscimento del diritto di esso
ricorrente al beneficio di cui alla legge n. 257 del 1992, art. 13, comma
8, della maggiorazione contributiva per esposizione all’amianto nel
periodo in cui aveva lavorato presso lo stabilimento Sitindustrie di
Sulmona.
La Corte territoriale, accogliendo l’appello incidentale proposto
dall’INPS e rigettando quello principale del Di Cesare, rilevava che la
fattispecie in esame ricadeva “ratione temporis” nel regime anteriore a
quello introdotto dall’art. 47, co.1°. del d.Lgs. n. 269/2003 in cui la
previa domanda all’INPS era richiesta a pena di improponibilità del
ricorso giurisdizionale. Pertanto, avendo il Di Cesare — pensionato con
decorrenza 14.12.1998 – presentato domanda solo all’INAIL il 13
marzo 2003 e non anche all’INPS, il ricorso era improponibile.
Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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L’AQUILA del 18/04/2013, depositata il 10/05/2013;

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il Di Cesare
affidato a tre motivi.
L’INPS resiste con controricorso.
Con il primo motivo di ricorso di ricorso viene dedotta violazione del
principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112

avanzata in via incidentale-pregiudiziale dall’INPS”.
Il motivo è infondato in quanto, come emerge dalla lettura del ricorso,
l’INPS aveva eccepito sin dalla memoria di costituzione innanzi al
Tribunale la improponibilità della domanda per mancanza della
domanda all’INPS e, poi, tale eccezione era stata posta a fondamento
dell’appello incidentale. Correttamente, quindi, la Corte di merito ha
deciso su detta eccezione, peraltro, rilevabile anche d’ufficio con
l’unico limite del giudicato.
Con il secondo motivo viene dedotta violazione dell’art. 47 D.P.R. n.
639/1970 erroneamente applicato dalla Corte di Appello alla
fattispecie in esame che concerneva il riconoscimento di una maggiore
contribuzione in conseguenza della esposizione qualificata al rischio
amianto.
Si evidenzia, altresì, che il ricorrente aveva presentato in data 17
giugno 2005 domanda per il riconoscimento del beneficio in questione
in via amministrativa all’INPS di Sulmona , documento questo inserito
nel fascicolo di primo grado, oltre che circostanza non contestata
dall’INPS. Dunque, al momento del deposito del ricorso innanzi al
Tribunale — 29 ottobre 2007 – non era decorso il termine triennale di
decadenza previsto dal menzionato art. 47 d.P.R. n. 639/1970 cit..
Con il terzo motivo si deduce carenza di motivazione per non avere il
giudice del gravame considerato la domanda inoltrata dal Di Cesare
all’INPS e di cui sopra.
Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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c.p.c. per avere la Corte di Appello “…dichiarata fondata la domanda

Con il quarto motivo viene lamentata violazione degli artt. 421 e 437
c.p.c. per non avere la Corte di Appello esercitato i propri poteri
officiosi che le avrebbero consentito di disporre la produzione in
giudizio della predetta domanda amministrativa all’INPS, ove
effettivamente mancante.

E’ infondato alla luce dei principi affermati da questa Corte in
plurime decisione nelle quali è stato affrontato il parallelo problema
dell’applicazione a fattispecie analoghe a quella in esame della
decadenza prevista dal D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, nel testo
sostituito dal D.L. n. 384 del 1992, art. 4, convertito nella L. n. 438 del
1992 (cfr. Cass. ord. 3 febbraio 2012, n. 1629 ed in senso conforme
Cass. sent. 30 maggio 2012, n. 8650, id. Cass. sent. 14 agosto 2012, n.
14471; Cass. ord. 4 dicembre 2013, n. 27148; Cass. ord. 4 marzo 2014,
nn. 5008 e 5009; Cass. ord. 25 febbraio 2014, n. 4484).
È stato, così, affermato il principio che la suddetta decadenza
dall’azione giudiziaria trova applicazione anche per le controversie
aventi ad oggetto il riconoscimento del diritto alla maggiorazione
contributiva per esposizione all’amianto, siano esse promosse da
pensionati ovvero da soggetti non titolari di alcuna pensione, così da
doversi ritenere incluso, nella previsione di legge, anche l’accertamento
relativo alla consistenza dell’anzianità contributiva utile ai fini in
questione, sulla quale, all’evidenza, incide il sistema più favorevole di
calcolo della contribuzione in cui si sostanzia il beneficio previdenziale
previsto dalla L. n. 257 del 1992, art. 13, comma 8.
Si è, altresì, chiarito, con specifico riferimento alle domande giudiziarie
avanzate da soggetti già pensionati, che non sono applicabili i principi
affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n.
12720/2009, poiché ciò che si fa valere non è il diritto al ricalcolo della
Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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Il secondo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.

prestazione pensionistica, ovvero alla rivalutazione dell’ammontare dei
singoli ratei erroneamente (o ingiustamente) liquidati in sede di
determinazione amministrativa, bensì il diritto a un beneficio che,
seppure previsto dalla legge “ai fini pensionistici” e ad essi, quindi,
strumentale, è dotato di una sua specifica individualità e autonomia,

propri e distinti da quelli in presenza dei quali era sorto (o sarebbe
sorto) – in base ai criteri ordinari – il diritto al trattamento
pensionistico. È stato, al riguardo, così precisato: “È opportuno anche
rilevare che dal sistema è ricavabile l’onere degli interessati di proporre
all’istituto gestore dell’assicurazione pensionistica la domanda di
riconoscimento del beneficio per esposizione all’amianto, nonostante
incertezze lessicali del legislatore (cfr. Cass. n. 15008/2005)” ed anche
chiarito che neppure è validamente invocabile il principio di
imprescrittibilità del diritto a pensione, in quanto “tale particolarissimo
regime non si estende a tutte le singole azioni relativa alla costituzione
della posizione contributiva. E del carattere sostanzialmente costitutivo
del procedimento amministrativo e dell’azione in giudizio diretto al
riconoscimento del beneficio contributivo per esposizione all’amianto
sembra non potersi dubitare, stante i vincoli sostanziali, temporali e
procedurali posti dalla legislazione in materia”.
A tale orientamento non può validamente opporsi che la legge n.
257/92 non prevede espressamente la necessità di presentazione della
domanda amministrativa, a differenza di quanto dispone, con
riferimento all’I.N.A.I.L., il D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 47,
convertito nella L. 24 novembre 2003, n. 326.
Esiste, infatti, la norma generale prevista dalla L. n. 533 del 1973, art.
7, (cui è sotteso l’interesse pubblico “ad una sollecita e meno costosa
definizione di determinate controversie” – Cass. Sez. U., 5 agosto 1994,
Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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operando sulla contribuzione ed essendo ancorato a presupposti

n. 7269 – che impone alla parte privata di compulsare ante causam l’ente
erogatore, cioè la controparte, avviando così un procedimento
amministrativo necessario che lasci all’amministrazione uno .spatium

deliberandi di 120 giorni.
La tesi della generale indispensabilità dell’istanza amministrativa in

previdenziale e nell’assistenza sociale; nei confronti sia dell’I.N.P.S. sia
degli altri enti erogatori; anche nel caso in cui ad agire sia il datore di
lavoro per questioni concernenti i contributi assicurativi) è, del resto,
assolutamente prevalente (cfr. ex multis : Cass. 28 novembre 2003, n.
18265; Cass. 12 marzo 2004, n. 5149; Cass. 24 giugno 2004, n. 11756;
Cass. 27 dicembre 2010, n. 26146; Cass. 30 gennaio 2014, n. 2063; si
veda, per l’improponibilità della domanda proposta dal datore di
lavoro nei confronti dell’ente previdenziale, avente ad oggetto il
rimborso di contributi non dovuti ove il giudizio sia stato instaurato
senza la preventiva presentazione della domanda amministrativa, Cass.
21 dicembre 2001, n. 16153).
In conformità del sopra richiamato orientamento giurisprudenziale ed
in base ai principi generali va, dunque, ritenuto che la domanda
giudiziale di rivalutazione contributiva per esposizione all’amianto
proposta da soggetto iscritto (o pensionato) debba essere preceduta, a
pena di improponibilità, da quella amministrativa rivolta all’ente
competente a erogare la prestazione. Presupposto logico e fattuale di
tale ragionamento è la necessità che l’assicurato porti a conoscenza
dell’Istituto “fatti” la cui esistenza è nota solo all’interessato (si
consideri, del resto, che la necessità della domanda è stata ritenuta
anche in materia di ripetizione di contributi indebitamente versati così Cass. 21 dicembre 2001, n. 16153 – ed in ogni caso in cui occorra

Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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relazione a tutte le controversie di cui all’ari 442 c.p.c., (nella materia

fare conoscere all’ente i presupposti del diritto alla prestazione – così
Cass. 5 ottobre 2007, n. 20892 -).
La domanda giudiziale deve, quindi, essere presentata all’I.N.P.S.,
unico ente legittimato a concedere il beneficio previdenziale in parola;
ne’ può fondatamente sostenersi una sostanziale fungibilità rispetto a

funzionale dell’una rispetta all’altra. Mentre la domanda all’I.N.P.S. è,
infatti, necessaria per l’erogazione del beneficio previdenziale, quella
rivolta all’I.N.A.I.L. mira unicamente a fornire al lavoratore la prova
dell’esposizione all’amianto. Si richiama, a conforto, la costante
giurisprudenza della Suprema Corte con la quale, a partire dalla
sentenza 28 giugno 2001 n. 8859 (e, successivamente, 25 febbraio 2002
n. 2677, 19 giugno 2002 n. 8937, 29 novembre 2002 n. 17000), si è
costantemente affermato che nella causa introdotta dal lavoratore per
ottenere accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione, ai fini
pensionistici, del periodo lavorativo nel quale è stato esposto
all’amianto, avvalendosi della disposizione di cui alla L. 27 marzo 1992,
n. 257, art. 13, comma 8, nel testo modificato dal D.L. 5 giugno 1993,
n. 169, art. 1, comma 1, e dalla relativa legge di conversione 4 agosto
1993 n. 271, l’I.N.A.I.L. difetta di legittimazione passiva (ad causavi), in
quanto soggetto del tutto estraneo al rapporto, di natura previdenziale,
che dà titolo a una siffatta domanda, posto che la norma da cui trae
fondamento il diritto azionato finalizza il beneficio da essa previsto consistente nell’incremento dell’anzianità contributiva, attraverso il
meccanismo della ipervalutazione di periodi lavorativi soggetti
all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti
dalla esposizione all’amianto – ad agevolare il perfezionamento dei
requisiti per le prestazioni pensionistiche (l’ammontare delle quali
dovrà essere determinato computando, se spettante, la maggiorazione
Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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tale domanda di quella inoltrata all’I.N.A.I.L. attesa al diversità

di legge) e a consentire, perciò, una più rapida acquisizione del relativo
diritto, non già a facilitare l’accesso alle (diverse) prestazioni oggetto
del regime assicurativo che fa carico all’I.N.A.I.L..
La mancanza di preventiva domanda all’I.N.P.S. conduce pertanto
inevitabilmente ad mancata valutazione da parte della Corte di

15/1/2007, n. 732).
E’ inammissibile perché privo del requisito dell’autosufficienza nella
parte in cui si lamenta che il giudice del gravame non aveva
considerato la domanda proposta dal ricorrente all’INPS il 17 giugno
2005.
Vale ricordare che in tema di ricorso per cassazione, ai fini del rituale
adempimento dell’onere, imposto al ricorrente dall’art. 366, primo
comma, n. 6, cod. proc. civ., di indicare specificamente nel ricorso
anche gli atti processuali su cui si fonda e di trascriverli nella loro
completezza con riferimento alle parti oggetto di doglianza, è
necessario che, in ossequio al principio di autosufficienza, si provveda
anche alla loro individuazione con riferimento alla sequenza dello
svolgimento del processo inerente alla documentazione, come
pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile
l’esame ( Cass. n. 8569 del 09/04/2013; Cass.17915 del 30/07/2010;
Cass. Sez. U, n. 23019 del 31/10/2007, tra le varie).
Ed infatti non viene trascritto il contenuto della domanda ma,
soprattutto, non viene indicato dove e quando la stessa è stata prodotta
nel corso dei precedenti gradi di merito né ove è rinvenibile tra gli atti
di causa (all’uopo non può valere la generica indicazione
dell’inserimento del detto documento nel fascicolo di primo grado).
Del pari inammissibili perché non autosufficienti — nei termini sopra
detti — sono il terzo motivo ed il quarto motivo di ricorso.
Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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Appello una pronuncia di improponibilità dell’azione (cfr. Cass.

In particolare, con riferimento al quarto, va evidenziato che l’INPS ha,
sin dalla costituzione in primo grado, eccepito al improponibilità del
ricorso per mancanza della domanda amministrativa sicché non può
fondatamente affermarsi che non fosse stata specificamente contestata
l’esistenza della domanda asseritamente presentata il 17 giugno 2005.

che, nel caso in esame, non si tratterebbe di colmare eventuali lacune
della risultanze istruttorie di causa, bensì a sopperire alla mancata
produzione di un documento inteso a dimostrare la ricorrenza di una
condizione di proponibilità dell’azione ( ex multis, Cass. n. 5878 del
11/03/2011; vedi anche Cass. n. 547 del 15/01/2015 ) . Peraltro la
censura è anche in palese contraddizione con il secondo ed il terzo
motivo di ricorso.
Alla luce di quanto esposto si propone il rigetto del ricorso con
ordinanza, ai sensi dell’art. 375 cod. proc. civ., n. 5.”.
Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in
Camera di consiglio.
Il Di Cesare ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui si
evidenzia che dal contenuto dell’atto di costituzione nel giudizio di
appello dell’INPS emergeva che la domanda di riconoscimento dei
benefici per l’esposizione all’amianto presentata ad esso Istituto era
contenuta nel fascicolo di parte dell’appellante ragion per cui aveva
errato la Corte di Appello a dichiarare improponibile la domanda.
Sottolinea, altresì, che sebbene non fosse stato indicato in ricorso con
precisione dove, nel fascicolo di parte, era rinvenibile detta domanda,
tuttavia, l’esiguità dei documenti in esso contenuti rendeva, comunque,
agevole la verifica della sua esistenza.

Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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Quanto al mancato esercizio dei poteri officiosi non può non rilevarsi

Osserva il Collegio che la memoria ha una funzione illustrativa e
chiarificatrice delle ragioni giustificatrici dei motivi già debitamente
enunciati nel ricorso e non già di integrare quelli originariamente
inammissibili (da ultimo e per tutte: Cass. 3780 del 25/02/2015; Cass.
n. 26670 del 18/12/2014) ragion per cui la trascrizione ( peraltro solo

appello non può valere ad integrare il contenuto del ricorso. Inoltre, la
stessa difesa del Di Cesare ammette che nel ricorso non era stato
indicato dove e quando detta domanda era stata prodotta e, in
particolare, dove era rinvenibile nel fascicolo di parte.
Alla luce di quanto esposto, il Collegio ritiene che i rilievi di cui alla
menzionata memoria ex art. 380 bis c.p.c. non valgano a scalfire il
contenuto sopra riportato della relazione che è pienamente
condivisibile e, quindi, rigetta il ricorso.
Il consolidarsi solo in epoca recente della giurisprudenza di
legittimità soprarichiamata giustifica la compensazione delle spese del
presente giudizio.
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art.
13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio, introdotto dall’art. 1, comma
17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013). Tale
disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data
successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al
momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la
ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774
del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo
del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30
maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art.1, comma 17, legge 24
Ric. 2013 n. 19744 sez. ML – ud. 16-12-2015
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per brani) del contenuto della memoria di costituzione dell’INPS in

dicembre 2012, n. 228, non è collegato alla condanna alle spese, ma al
fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa
per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Roma, 16 dicembre 2015.
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presente giudizio.

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