Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3744 del 15/02/2018


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Civile Ord. Sez. 2 Num. 3744 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: CRISCUOLO MAURO

ORDINANZA
sul ricorso 1898-2017 proposto da:
CAVARRETTA FRANCESCO ANSELMO, elettivamente domiciliato
in ROMA, LARGO DEI LOMBARDI 4, presso lo studio
dell’avvocato ALESSANDRO SGRO’, rappresentato e difeso
dagli avvocati GIUSEPPE GERVASI, ANNA MARZIANO giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente nonchè contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587;
– intimato –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO,
depositatO il 19/07/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
del 19/12/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

;5)

ca

.

Data pubblicazione: 15/02/2018

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO
Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d’appello di Salerno in
data 16/2/2014 l’odierno ricorrente chiedeva la condanna del
Ministero della Giustizia all’equa riparazione per l’irragionevole
durata del procedimento penale, in relazione al periodo dal 31

perquisizione e contestuale sequestro di una serie di conti
correnti intestati al Cavarretta ed alle società a lui facenti capo,
nonché di somme di denaro, quote societarie ed autoveicoli, in
relazione ai reati di cui agli artt. 416 bis, 648 bis, 323, 316 bis,
640 bis e 648 c.p., sino alla data del 4/6/2013 allorquando era
intervenuto il provvedimento di archiviazione da parte del GIP
presso il Tribunale di Catanzaro, cui aveva fatto seguito anche
il provvedimento di dissequestro.
Con decreto del 20/1/2015 il Consigliere delegato della Corte
d’Appello, rigettava la domanda, ritenendo che, poiché non era
stata esercitata l’azione penale, il ricorrente non aveva mai
assunto la qualità di imputato, cui la legge riconnette il diritto
all’equo indennizzo.
Avverso tale provvedimento proponeva opposizione il
ricorrente e, nella resistenza del Ministero, la Corte di Appello
in composizione collegiale, con decreto del 19/07/2016,
confermava il rigetto della domanda, sebbene sulla base di una
diversa motivazione.
Infatti, dopo avere dato atto che la giustificazione addotta nel
decreto impugnato non era più sostenibile alla luce della
sentenza della Corte Costituzionale n. 184 del 23 luglio 2015,
che nelle more del giudizio aveva affermato che era
incostituzionale la previsione di legge nella parte in cui
escludeva l’indennizzo anche per il periodo in cui l’indagato, in
seguito ad un atto dell’autorità giudiziaria, aveva avuto

Ric. 2017 n. 01898 sez. 52 – ud. 19-12-2017 -2-

giugno 2006, allorquando gli era stato notificato il decreto di

conoscenza del procedimento penale a suo carico, sicchè nella
fattispecie l’attore era stato reso edotto della pendenza del
procedimento a suo carico sin dalla data della notifica del
decreto di sequestro del 31/10/2006, tuttavia non risultava che
durante tutta la durata delle indagini preliminari fosse mai

sottoposizione a vincolo cautelare di beni di ingente valore.
Riteneva quindi che l’estensione del diritto all’indennizzo anche
al semplice indagato, sebbene nelle condizioni di cui sopra,
implicava anche l’applicazione dell’art. 2 co. 2 quinquies lett. e)
della legge n. 89/2001.
Per la cassazione di questo decreto il ricorrente ha proposto
ricorso affidato ad un motivo.
L’intimato Ministero non ha svolto difese in questa fase.
Con il motivo di ricorso si denunzia la violazione e falsa
applicazione degli artt. 25, 73 e 111 Cost., dell’art. 11 delle
preleggi, dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 2 co. 2 quinquies lett.
e) della legge n. 89/2001.
Si deduce che una volta intervenuta la sentenza della Corte
Costituzionale n. 184 del 2015 che ha esteso a determinate
condizioni anche all’indagato il diritto all’equo indennizzo, la
soluzione alla quale sono pervenuti i giudici di merito di fatto
rende applicabile in maniera retroattiva la previsione in tema di
istanza di accelerazione di cui all’art. 2 co. 2 quinquies lett. e),
ed anche nei procedimenti, quale quello in esame, in cui alla
data di entrata in vigore della novella della legge n. 89/2001, il
termine di durata ragionevole del processo era già ampiamente
maturato. In tal modo si è data applicazione retroattiva ad una
norma successiva in violazione del principio di tendenziale
irretroattività dello ius superveniens.

Ric. 2017 n. 01898 sez. 52 – ud. 19-12-2017 -3-

stata avanzata un’istanza di accelerazione, malgrado la

Inoltre sarebbe stato applicato l’art. 2 co. 2 quinquies lett. e)
ancorchè tale previsione fosse stata ormai abrogata dalla legge
n. 208/2015
Il ricorso è fondato e pertanto deve essere accolto.
Ai sensi dell’art. 2, comma 2-quinquies, lettera e), della legge

n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n.
134 del 2012, «Non è riconosciuto alcun indennizzo: (…) e)
quando l’imputato non ha depositato istanza di accelerazione
del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento
dei termini cui all’articolo 2-bis».
La disposizione de qua, in forza del medesimo art. 55, comma
2, si applica «ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo
giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto», e postula che l’istanza di
accelerazione venga presentata nel procedimento penale
allorquando questo abbia appena superato la durata
ragionevole stabilita dall’art. 2.
Successivamente, con la legge n. 208 del 2015, in vigore dal
1° gennaio 2016, il legislatore ha modificato la disciplina
dell’equa riparazione, introducendo l’istituto dei rimedi
preventivi quale condizione per la possibilità di proporre la
domanda di equa riparazione (art. 1-bis, comma 2, della legge
n. 89 del 2001, introdotto dalla citata legge n. 208 del 2015),
ha abrogato l’art. 2, comma

2-quinquies,

lettera

e),

prevedendo che «l’imputato e le altre parti del processo penale
hanno diritto di depositare, personalmente o a mezzo di
procuratore speciale, un’istanza di accelerazione almeno sei
mesi prima che siano trascorsi i termini di cui all’articolo 2,
comma 2-bis» (art. 1-ter, comma 2, della legge n. 89 del
2001, introdotto dalla legge n. 208 del 2015), ma, in risposta a

Ric. 2017 n. 01898 sez. 52 – ud. 19-12-2017 -4-

n. 89 del 2001, come introdotto dall’art. 55 del decreto-legge

quanto evidenziato nella terza parte del motivo di ricorso, deve
escludersi che la novella del 2015 sia applicabile alla vicenda in
esame.
Ed, invero alla luce di quanto previsto dall’art. 6 co. 2 bis della
legge n. 89/2001, sempre come modificato dalla legge n.

ottobre 2016 ecceda i termini ragionevoli di cui all’articolo 2,
comma 2-bis, e in quelli assunti in decisione alla stessa data
non si applica il comma 1 dell’articolo 2″, non è possibile
invocare le conseguenze derivanti dal mancato esperimento dei
rimedi preventivi.
Tornando quindi alla previsione di cui all’art. 2 co. 2 quinquies
lett. e) nella formulazione scaturente dalla novella del 2012,
ritiene la Corte che la stessa non sia applicabile
temporis

ratione

alla fattispecie, in quanto nessuna disposizione

transitoria prevede espressamente la sua applicabilità nei
procedimenti pendenti che, alla data di entrata in vigore della
legge di conversione n. 134 del 2012 (11 settembre 2012),
abbiano superato la ragionevole durata.
La soluzione interpretativa offerta dalla Corte d’appello,
secondo cui in assenza di istanza di accelerazione nel
procedimento penale la domanda di equa riparazione sarebbe
sostanzialmente improponibile, appare errata e non coerente
con il dato letterale della disposizione citata.
Né appare possibile assimilare l’istanza de qua alla diversa
ipotesi della istanza di prelievo nel procedimento
amministrativo, in quanto è sufficiente rilevare che, la
formulazione dell’art. 54, comma 2, del decreto-legge n. 112
del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del
2008, modificata nel 2010 ad opera dell’art. 3, comma 23,
dell’Allegato 4 al d.lgs. n. 104 del 2010 (poi oggetto di

Rtc. 2017 n. 01898 sez. 52 – ud. 19-12-2017 -5-

208/2015, che prevede che “Nei processi la cui durata al 31

correzione ad opera del d.lgs. n. 195 del 2011), prevede
esplicitamente che “La domanda di equa riparazione non è
proponibile se nel giudizio dinanzi al giudice amministrativo in
cui si assume essersi verificata la violazione dell’art. 2, comma
1, della legge 24 marzo 2001, n. 89, non è stata presentata

del processo amministrativo, né con riguardo al periodo
anteriore alla sua presentazione”, sicchè appare evidentemente
preclusa la possibilità di una equiparazione delle due discipline,
l’una, propria del giudizio amministrativo, esistente sin dal
1907; l’altra, introdotta nel 2012, e prevista per il solo
processo penale, finalizzata unicamente ad introdurre una
condizione per poter ottenere l’equa riparazione per il caso in
cui il procedimento penale si sia irragionevolmente protratto.
Osta alla possibilità di applicare l’art. 2-quinquies, lettera e) ai
procedimenti pendenti che, alla data di entrata in vigore della
legge n. 134 del 2012, avessero già superato la ragionevole
durata, l’ulteriore considerazione secondo cui il termine per la
presentazione della istanza sarebbe decorso, per tali giudizi,
non dal superamento della durata ragionevole, ma dalla
entrata in vigore della legge di conversione, con evidente
mutamento dei presupposti applicativi della disposizione
stessa.
Peraltro se

la

norma

introdotta

nel

2012,

come

sostanzialmente confermato anche dalla novella del 2015,
laddove l’istanza di accelerazione è stata trasformata in un
rimedio preventivo, assegna alla istanza de qua una funzione
acceleratoria, tale finalità ha una sua ragione d’essere solo nel
caso in cui il termine non sia ancora maturato ovvero sia
decorso da appena trenta giorni poiché in tal modo la
presentazione dell’istanza potrebbe essere lo stimolo per

Rtc. 2017 n. 01898 sez. 52 – ud. 19-12-2017 -6-

l’istanza di prelievo di cui all’articolo 71, comma 2, del codice

assicurare una sollecita definizione del giudizio, impedendo
quindi il verificarsi del pregiudizio da durata irragionevole del
processo.
La norma quindi conserva una sua logica se interpretata in
un’ottica di prevenzione del danno, intesa cioè quale strumento

utilizzo implica la perdita del diritto all’indennizzo.
Effetti totalmente distorsivi avrebbe la sua estensione al
diverso caso in cui, già alla data di entrata in vigore della legge
del 2012, sia decorso il termine di cui all’art. 2.
In tal caso il pregiudizio derivante dalla durata eccessiva del
giudizio si è già radicato nel patrimonio o comunque si è
manifestato nei suoi effetti nei confronti della parte del
processo, e quindi la mancata presentazione della istanza di
accelerazione non potrebbe incidere anche sul danno già
maturato. Alla parte verrebbe quindi imputata un’inerzia per
una condotta che prima della riforma non era esigibile,
mancando nell’ordinamento processuale penale una specifica
disciplina dell’istanza di accelerazione così come configurata
dal legislatore.
D’altronde le varie ipotesi di cui all’art. 2 co. 2 quinquies vanno
a sanzionare condotte colpevoli della parte, o per essere ab
origine connotate da un abuso del processo, ovvero per avere
successivamente consentito di abusare dello strumento
processuale.
In tale prospettiva l’inerzia deve connotarsi per una
colpevolezza del ricorrente, e conforta tale esegesi la
previsione di chiusura di cui alla lett. f) dell’art. 2 co. 2
quinquies, che sanziona le condotte abusive che abbiano
determinato una dilatazione dei tempi del processo.

Ric. 2017 n. 01898 sez. 52 – ud. 19-12-2017 -7-

in grado di impedire una dilatazione del processo, il cui omesso

Risulta, dunque, evidente l’errore nel quale è incorsa la Corte
d’appello nell’escludere il diritto all’equa riparazione per la
irragionevole durata del procedimento penale presupposto nel quale la durata ragionevole era stata superata da tempo a causa della mancata presentazione della istanza di

vigore della legge n. 134 del 2012.
Resta, ovviamente, ferma la possibilità del giudice di merito di
valutare il comportamento dell’imputato nel giudizio
presupposto al fine di desumerne elementi significativi ai fini
della determinazione dell’indennizzo.
Il ricorso va quindi accolto, dandosi continuità a quanto in
precedenza già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n.
26627/2016; Cass. n. 23448/2016) con conseguente
cassazione del decreto impugnato e con rinvio alla Corte
d’appello di Salerno, in diversa composizione la quale
procederà a nuovo esame alla luce del seguente principio di
diritto: «in tema di equa riparazione per la irragionevole durata
di un procedimento penale, la disposizione di cui all’art. 2,
comma 2-quinquies, lettera e), della legge n. 89 del 2001 – a
tenore della quale non è riconosciuto alcun indennizzo “quando
l’imputato non ha depositato istanza di accelerazione del
processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei
termini cui all’articolo 2-bis” – non è applicabile in relazione
alle domande di equa riparazione relative a procedimenti penali
che, alla data di entrata in vigore della stessa, avessero già
superato la durata ragionevole di cui all’art. 2-bis della
medesima legge».
Al giudice di rinvio è rimessa altresì la regolamentazione delle
spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.

Ric. 2017 n. 01898 sez. 52 – ud. 19-12-2017 -8-

accelerazione nel termine di trenta giorni dalla entrata in

La Corte accoglie il ricorso principale e, per l’effetto, cassa il
decreto impugnato e rinvia la causa, anche per le spese del
giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Salerno, in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda

dicembre 2017.

Il Presidente

/(iu

onario Giudiziario
eria NERI

DEPOSITATO IN CANCELLERIA
Roma,

1 5 FEB. 218

L(CL

Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 19

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