Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3744 del 13/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 13/02/2017,  n. 3744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al n. R.G.

5159/2016 proposto da:

C.D., CA.MA., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA CHISIMAIO 29, presso lo studio dell’avvocato OLIVIA POLIMANTI,

rappresentati e difesi dall’avvocato ANNA LAURA POSA giusta procura

prodotta in atti;

– ricorrenti –

contro

BANCA POPOLARE DI ANCONA S.P.A.;

– intimata –

sulle conclusioni scritte del P.G. in persona del Dott. Sergio Del

Core che così si esprime: “va dichiarato inammissibile o comunque

rigettato il ricorso”;

avverso la sentenza n. 25/2016 del TRIBUNALE di MACERATA, emessa

V11/01/2016 e depositata il 12/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

ANTONIO GENOVESE;

per regolamento di competenza avverso la sentenza del Tribunale di

Macerata del 12 gennaio 2016;

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20 gennaio 2017 dal Consigliere relatore Dott. Francesco Antonio

Genovese;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che i signori C.D. e Ca.Ma. (d’ora in avanti, solo: gli investitori) hanno proposto regolamento di competenza, con atto notificato il 12 febbraio 2016, avverso la sentenza del Tribunale di Macerata (comunicata a mezzo PEC il 13 gennaio 2016) con la quale, decidendo sulle domande proposte contro la Banca Popolare di Ancona SpA (d’ora in avanti, solo: la Banca), di restituzione delle somme e di risarcimento danni per l’investimento – operato nel marzo/maggio 1999 – nell’acquisto di obbligazioni emesse dalla Repubblica Argentina, ha dichiarato la “improponibilità” della domanda per essere la controversia devoluta agli arbitri rituali, per la previsione nel contratto quadro stipulato con la Banca (all’art. 13) di una clausola compromissoria, compensando tra le parti le spese processuali;

che avverso tale ordinanza hanno proposto ricorso per regolamento necessario di competenza i risparmiatori, deducendo che il Tribunale avrebbe deciso erroneamente, non avvedendosi che ai risparmiatori, qualificabili consumatori ai sensi dell’art. 3 cod. consumo di cui al D.Lgs. n. 206 del 2005, doveva applicarsi l’art. 33, dello stesso codice che consentirebbe di derogare alla competenza dell’AG solo dando la prova (altrimenti da intendersi raggiunta come contraria) di una specifica trattativa ed opportuna informazione tra le parti, pena la sua natura vessatoria e la conseguente nullità della clausola;

che la controparte non ha svolto difese in questa fase;

che nelle conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 ter c.p.c., il pubblico ministero ha concluso per la l’inammissibilità o il rigetto del ricorso;

Letta la memoria di parte ricorrente.

Considerato che il regolamento è ammissibile, perchè proposto nei confronti di una sentenza affermativa della competenza arbitrale in ragione dell’esistenza di una clausola compromissoria contenuta nel contratto quadro stipulato tra i risparmiatori e la Banca (all’art. 13);

che, infatti, tale pattuizione risulta trascritta e riportata per intero nel corpo della decisione impugnata con il regolamento; che, non è oggetto di contestazione, la mancata espressa negoziazione di detta clausola (contenuta in un modulo o formulario bancario) e della sua separata sottoscrizione;

che, in ogni caso, “l’indagine sulla portata di una clausola compromissoria, ai fini della risoluzione di una questione di competenza, rientra nei poteri del supremo collegio, ed in tale materia la corte suprema e anche giudice di fatto” (Sez. 3, Sentenza n. 2721 del 1963 e Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 19546 del 2015, resa in sede di regolamento di competenza);

che, attraverso il suo esame, la clausola in questione devrebbe essere dichiarata nulla alla luce del risalente (ma ancora attuale) principio di diritto secondo cui “l’efficacia della clausola compromissoria, in quanto clausola vessatoria, è subordinata alla specifica approvazione per iscritto nei soli casi in cui detta clausola sia inserita in contratti con condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti (art. 1341 c.c., comma 1) ovvero conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari (art. 1342 c.c., comma 1)” (Sez. 1, Sentenza n. 4351 del 1993; Sez. 1, Sentenza n. 8407 del 1996);

che, a tale risultato si perviene, a fortiori, sulla base della successiva (e qui applicabile) disciplina della materia impressa dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 206 del 2005, (codice del consumo), dovendosi attribuire “la qualifica di consumatore di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 3, – rilevante ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui all’art. 33 del citato D.Lgs. – (..) alle sole persone fisiche allorchè concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata” (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 5705 del 2014);

che, infatti, in relazione a tali tipi di rapporti, va ricordato che “il foro del consumatore, sebbene esclusivo, è di natura derogabile, in forza di quanto previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. u)”, ma tale deroga è possibile “sempre che si dimostri l’esistenza di una specifica trattativa tra le parti, sicchè la prova di tale circostanza costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola di deroga, ponendosi l’esistenza della trattativa come un prius logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 17083 del 2013);

che, nella specie, non si tratta neppure di una deroga del foro del consumatore ma di una limitazione ancor più gravosa, ossia della “deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria”, di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. t), per essere competenti gli arbitri;

che, al pari della deroga della competenza del foro del consumatore, anche per tale ipotesi (la “deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria” tout court) la prova di tale circostanza “costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola”, ponendosi l’esistenza della trattativa come un prius logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola; che, pertanto, mancando una prova siffatta (la questione non è stata neppure sfiorata dal giudice a quo) deve concludersi per la natura vessatoria della clausola e conseguentemente per la sua nullità, sicchè la sentenza impugnata è errata nella parte in cui ha affermato la legittimità di essa e, conseguentemente, in base ad essa, ha declinato la propria competenza per quella del collegio arbitrale;

che la decisione deve essere cassata con l’affermazione dei due seguenti principi di diritto:

“In tema di arbitrato tra banca e consumatore, la deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria in favore degli arbitri, in forza di quanto previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. t), è possibile alla condizione che si dimostri l’esistenza di una specifica trattativa tra le parti, e la prova di tale circostanza costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola arbitrale di deroga, ponendosi l’esistenza della trattativa come un prius logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola”;

La validità della clausola compromissoria in tema di arbitrato tra banca e consumatore (nella specie: contenuta nel cd. contratto quadro) è subordinata alla specifica negoziazione ed approvazione per iscritto, onde nei casi in cui essa sia inserita in contratti contenenti condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti (il professionista), la stessa deve essere dichiarata nulla perchè, in forza di quanto previsto dal D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, comma 2, lett. t), la deroga alla competenza dell’autorità giudiziaria al di fuori di tali condizioni è da considerarsi vessatoria e contraria alla disciplina di protezione del consumatore”;

che, di conseguenza, deve essere accolto il ricorso, cassata la sentenza impugnata e dichiarata la competenza del Tribunale ordinario di Macerata, in luogo degli arbitri, a decidere delle domande proposte dai due risparmiatori, dinanzi al quale rimette le parti, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase, previa riassunzione della causa nel termine di legge.

PQM

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e dichiarata la competenza del Tribunale ordinario di Macerata, in luogo degli arbitri, a decidere della domanda proposta dai due risparmiatori, rimette le parti innanzi a detto Tribunale, anche per la regolamentazione delle spese di questa fase, previa riassunzione della causa nel termine di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta – 1 Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2017

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