Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3742 del 13/02/2017

Cassazione civile, sez. VI, 13/02/2017,  n. 3742

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 30231/2014 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NATALE

KREKICH 25, presso lo studio dell’Avvocato FRANCESCA MONASTRA,

rappresentata e difesa dall’avvocato BIAGIO BRUNO, giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

I.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA 262/264, presso lo studio dell’avvocato STEFANO OLIVA,

rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE MOGAVERO, giusta

mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

nonchè da:

avverso la sentenza n. 1331/2014 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 25/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

05/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ACIERNO;

udito l’Avvocato Maurizio Moro per delega dell’Avvocato Biagio Bruno

difensore della ricorrente che si riporta agli atti;

udito l’Avvocato Pasquale Mogavero difensore del resistente che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che è stato depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 30231/2014:

“Nel 2013, il Tribunale di Palermo rigettava la domanda avanzata dalla sig.ra C. nei confronti del marito sig. I. volta ad ottenere l’annullamento del matrimonio per essere stata ingannata sull’esistenza di una malattia (orchide epididimite) della quale il sig. I. era affetto e che, pregiudicando la procreazione ed il normale svolgimento della vita coniugale, aveva viziato il suo consenso al matrimonio, che non avrebbe prestato se fosse stata a conoscenza dell’infermità.

In sede d’Appello, la sig.ra C. impugnava la decisione per i seguenti motivi:

1) Il Tribunale aveva erroneamente applicato il disposto dell’art. 122 c.c., in quanto doveva essere attribuito il giusto rilievo, come chiedeva la norma, alle condizioni personali dell’attrice, il cui consenso al matrimonio era stato indubbiamente viziato dalla mancata conoscenza della malattia della quale era affetto il sig. I., dato che la sig.ra C. aveva contratto il matrimonio essenzialmente in vista della prole;

2) Non era stato adeguatamente valutato l’impatto che la conoscenza della patologia della quale era affetto il sig. I. aveva avuto in concreto sulla sig.ra C..

Il giudice d’Appello, confermando la sentenza gravata, respingeva il ricorso sulla base delle seguenti argomentazioni: la lettura della norma che ha fatto l’appellante è parziale, dato che tale incidenza soggettiva dell’errore presuppone che esso riguardi l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di un’anomalia o deviazione sessuale tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale. Nel sistema delineato dall’art. 122 c.c., l’errore essenziale che consente al coniuge l’impugnazione del matrimonio non è collegato alle reazioni soggettive che la scoperta della malattia preesistente al matrimonio può determinare nel coniuge che ne era all’oscuro, ma riguarda esclusivamente il verificarsi di una malattia di gravità tale da incidere sulle relazioni intersoggettive in generale e da vanificare la vita coniugale in particolare, secondo le normali aspettative del coniuge in errore. Quella manifestata dal convenuto non è una malattia tale da impedire il normale svolgimento della vita coniugale. Dunque non rileva la particolare incidenza che la conoscenza della malattia avrebbe avuto sulla volontà dell’altro coniuge.

Peraltro dalle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio svolta nel primo grado del giudizio era emerso che la malattia era insorta subito dopo il matrimonio e non prima. Avverso tale pronuncia veniva proposto ricorso per Cassazione dalla sig.ra C. affidato al seguente unico motivo:

1) Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 122 c.c. e all’art. 346 c.p.c.: il ricorrente evidenziava una errata interpretazione ed applicazione dell’art. 122 c.c. e di ciò si aveva immediata conferma procedendo alla lettura integrale della sentenza, nella quale si afferma che il giudice debba procedere alla valutazione della rilevanza dell’infermità, ma ciò riguardo alle aspettative del coniuge in errore, tenendo presenti le sue condizioni e tutte le circostanze obbiettive emergenti dagli atti. La ratio della disciplina delle nullità matrimoniali risiede nella necessità di valorizzare l’aspetto della percezione della patologia, anzichè quello della effettiva qualificazione clinica.

Il sig. I. ha resistito con controricorso.

Il ricorso è manifestamente infondato. Risulta che la ricorrente abbia solo parzialmente censurato quanto affermato dalla sentenza del Giudice d’Appello, il quale ha ampiamente illustrato la questione in fatto e in diritto.

L’art. 122 c.p.c., afferma che l’essenzialità dell’errore sulle qualità personali sussiste qualora l’errore riguardi, tra gli altri, l’esistenza di una malattia fisica o psichica o di una anomalia o deviazione sessuale, tali da impedire lo svolgimento della vita coniugale. E’ orientamento consolidato di questa Corte (Cass. 4876 del 2006; 3407 del 2013) che il coniuge che impugna il matrimonio per errore ai sensi del predetto art. 122, è tenuto a provare l’esistenza di una malattia fisica o psichica dell’altro coniuge e la mancata conoscenza della stessa prima della celebrazione del matrimonio, alla influenza di detta mancata conoscenza sul proprio consenso, mentre è rimesso al giudice l’apprezzamento della rilevanza della infermità ai fini dell’ordinario svolgimento della vita familiare. Nel caso di specie, la mancata conoscenza da parte della sig.ra C. della malattia di cui era affetto il marito prima della celebrazione del matrimonio non sussiste dal momento che risulta che il sig. I. sia risultato affetto dalla predetta malattia solo in costanza di matrimonio. Inoltre, sia il giudice di primo grado prima che quello di secondo grado poi, hanno ampiamente riportato le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, neanche minimamente contestate dal ricorrente, secondo cui l’orchiepididimite è un processo flogistico delle vie seminali che, trattato con comuni antibiotici, regredisce abitualmente senza esiti sulla capacità fecondativa dell’uomo.

L’esame obiettivo e gli accertamenti eseguiti sul sig. I. non mostrano condizioni tali da impedire la procreazione in assoluto. Pertanto, tale malattia non costituisce un impedimento al normale svolgimento della vita coniugale.

In conclusione ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere respinto”.

Il collegio condivide senza rilievi la relazione, rigetta il ricorso ed applica il principio della soccombenza in ordine alle spese processuali.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e per l’effetto condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio da liquidarsi in Euro 3.000,00 per compensi e Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge. Dispone che, in caso di diffusione della presente ordinanza in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella ordinanza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 5 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 13 febbraio 2017

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