Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3741 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 15/02/2011, (ud. 30/11/2010, dep. 15/02/2011), n.3741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LA TERZA Maura – rel. Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 27826/2009 proposto da:

C.R.B. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DEL FANTE 10, presso lo studio

dell’avvocato DE JORIO Filippo, che la rappresenta e difende, giusta

mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso

l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli

avvocati VALENTE Nicola, SERGIO PREDEN, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 16/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

13/01/09, depositata il 20/05/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. MAURA LA TERZA;

udito l’Avvocato De Jorio Filippo, difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti e chiede il rinvio;

è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che condivide

la relazione scritta e si rimette alla Corte per il rinvio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con la sentenza del 20 maggio 2009 la Corte d’appello di Venezia rigettava la domanda proposta da C.R.B. nei confronti dell’Inps per ottenere l’erogazione della indennità integrativa speciale in misura integrale sulla pensione diretta erogata dall’Inps con decorrenza dal primo gennaio 1994, essendo titolare anche di pensione Inpdap ai superstiti su cui veniva corrisposta la indennità integrativa speciale; la Corte adita, infatti, attraverso il richiamo ad una complessa normativa, alle sentenza della Corte Costituzionale e della Corte dei Conti, negava il diritto al percepimento della indennità integrativa speciale sulle due pensioni in godimento;

Avverso detta sentenza ricorre la soccombente con un motivo.

L’Inps resiste con controricorso;

La ricorrente, dopo ampia trattazione della questione in diritto con il richiamo a leggi e giurisprudenza, con l’unico motivo, denunzia violazione della L. n. 724 del 1994, art. 15, comma 3, tuttora in vigore;

Letta la relazione resa ex art. 380 bis cod. proc. civ., di inammissibilità del ricorso; Lette le memorie depositate da entrambe le parti;

Ritenuto che i rilievi di cui alla relazione sono condivisibili, perchè manca totalmente in ricorso il quesito di diritto, pur essendo stata denunziata la violazione di norme di legge; in relazione al quesito di diritto, l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, (applicabile, ai sensi dell’art. 27, comma 2, di detto decreto, ai ricorsi per cassazione proposti avverso sentenze rese pubbliche in data successiva all’entrata in vigore del decreto stesso, come nella specie) stabilisce che l’illustrazione di ciascun motivo di ricorso proposto ai sensi del precedente art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3, e 4, debba concludersi, a pena d’inammissibilità del motivo, con la formulazione di un quesito di diritto. Attraverso questa specifica norma, in particolare, il legislatore si propone l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere. La formulazione del quesito funge da prova necessaria della corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati. Ne consegue non solo che la formulazione del quesito di diritto previsto da detta norma deve necessariamente essere esplicita, in riferimento a ciascun motivo di ricorso (cfr., in tal senso, Sez. un., n. 7258 del 2007, e Cass. n. 27130 del 2006), ma anche che essa non deve essere generica ed avulsa dalla fattispecie di cui si discute (cfr. Sez. un. n. 36 del 2007), risolvendosi altrimenti in un’astratta petizione di principio, perciò inidonea tanto ad evidenziare il nesso occorrente tra la singola fattispecie ed il principio di diritto che il ricorrente auspica sia enunciato, quanto ad agevolare la successiva enunciazione di tale principio, ad opera della Corte, in funzione nomofilattica. Inoltre la Corte, con la sentenza 26 marzo 2007 n. 7258 delle sezioni unite, ha affermato che la disposizione non può essere interpretata nel senso che il quesito di diritto si possa desumere implicitamente dalla formulazione del motivi di ricorso, perchè una tale interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione tacita della norma;

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro trenta, oltre millecinquecento Euro per onorari, con accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

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