Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3736 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. II, 15/02/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 15/02/2011), n.3736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

F.L. e S.L., rappresentati e difesi, in

forza di procura speciale in calce al ricorso, dagli Avv. SVAMPA

Alfonsina e Francesco Crisci, elettivamente domiciliati nello studio

di quest’ultimo in Roma, Via degli Scipioni, n. 8;

– ricorrente –

contro

L.L., R.R., D.P., T.B.

S., F.G., G.M., L.C.,

R.L., la prima già liquidatore e legale rappresentante

nonchè socio della Cooperativa edilizia Vicarius a r.l., gli altri

già soci della medesima cooperativa, tutti rappresentati e difesi,

in forza di procura speciale a margine del controricorso, dall’Avv.

ANTONETTI Marco, elettivamente domiciliati nel suo studio in Roma,

Via Ulpiano, n. 29;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 3622 in data 17

settembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 3

dicembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentiti gli Avv. Alfonsina Svampa e Marco Antonetti;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso: “concordo con la

relazione”.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 6 agosto 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.: ” F.L. e S.L., proprietari di un appartamento nello stabile condominiale di (OMISSIS), hanno convenuto in giudizio la cooperativa edilizia Vicarius a r.l. per vederla condannare al ripristino dello stato dei luoghi di proprietà e di uso esclusivo del condominio, in modo specifico alla ricostruzione di parte del muro di confine, di un vano di proprietà condominiale, della aiuola limitrofa e di parte del muro di cinta, nonchè alla ripavimentazione del cortile del fabbricato e della sede viaria accessibile da (OMISSIS), alla riparazione del relativo cancello di ingresso, interventi resi necessari a causa degli abbattimenti cui la società aveva proceduto durante l’esecuzione dei lavori per la realizzazione di posti auto interrati e scoperti e del danneggiamento della sede viaria per il passaggio di mezzi pesanti e macchinari, nonchè al risarcimento del danno.

Nella resistenza della società convenuta, l’adito Tribunale di Roma respingeva tutte le domande.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 17 settembre 2008, riformando in parte la decisione impugnata, ha dichiarato cessata la materia del contendere limitatamente alla questione del vano di proprietà condominiale (locale “ex immondizie”), mentre ha respinto nel resto il gravame.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello hanno proposto ricorso il F. e la S., sulla base di un unico mezzo.

Hanno resistito, con controricorso, L.L., già liquidatore e legale rappresentante della cooperativa edilizia, nonchè R. R. e gli altri ex soci della medesima cooperativa.

L’unico motivo denuncia, in relazione all’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, omessa, errata e/o insufficiente motivazione, nonchè contraddittoria con i documenti di causa, circa un fatto decisivo per il giudizio, completamente travisato.

Il motivo è inammissibile, perchè non è stato osservato l’onere imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ..

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189; Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741).

In altri termini, il prescritto quesito di sintesi deve sostanziarsi in una parte del motivo che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non è possibile ritenere questo requisito rispettato quando, come nella specie, solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli – all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis cod. proc. civ. – che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma omessa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichi quali sono le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente inidonea a sorreggere la decisione.

Sussistono le condizioni per la trattazione del ricorso in Camera di consiglio”.

Letta la memoria depositata dai ricorrenti.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che le critiche ad essa rivolte con la memoria non colgono nel segno;

che questa Corte regolatrice, infatti – alla stregua della stessa letterale formulazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto, con decorrenza dal 2 marzo 2006, dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 e abrogato con decorrenza dal 4 luglio 2009 dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, ma applicabile ai ricorsi proposti avverso le sentenze pubblicate tra il 3 marzo 2006 e il 4 luglio 2009 (cfr. L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5) – è fer-missima nel ritenere che a seguito della novella del 2006 nel caso previsto dall’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, allorchè, cioè, il ricorrente denunci la sentenza impugnata lamentando un vizio della motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria e le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione;

che ciò importa in particolare che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (cfr., ad esempio, Cass., sez. un., 1 ottobre 2007, n. 20603);

che, al riguardo, ancora è incontroverso che non è sufficiente – al contrario di quanto ritengono i ricorrenti – che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente destinata;

che non si può dubitare che allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (in termini, Cass., Sez. 3^, 30 dicembre 2009, n. 27680);

che nella specie l’unico motivo di ricorso, formulato ex art. 360 c.p.c., n. 5, è totalmente privo di tale momento di sintesi, iniziale o finale, costituente un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo;

che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al rimborso delle spese processuali sostenute dai controricorrenti in solido, che liquida in complessivi Euro 3.200,00 di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA