Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3735 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. II, 15/02/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 15/02/2011), n.3735

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

P.L., rappresentato e difeso, in forza di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Passaro Amedeo, per legge

domiciliato presso la Cancelleria civile della Corte di cassazione,

piazza Cavour, Roma;

– ricorrente –

contro

SI.GE. Strutture Generali di Gentile Salvatore & C. s.a.s.,

in

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso,

dagli Avv. Rispoli Luigi e Maurizio Coppa, elettivamente domiciliata

in Roma, alla via Portuense, n. 104, presso Antonia de Angelis;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 709 in data 26

febbraio 2009;

Udita, la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25 novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che il consigliere designato ha depositato, in data 2 agosto 2010, la seguente proposta di definizione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ.: “Con sentenza n. 709 del 26 febbraio 2009, la Corte d’appello di Napoli ha accolto l’appello proposto da P. L. e, in riforma della sentenza del Tribunale di Napoli n. 6816 dell’8 giugno 2004, previa dichiarazione di risoluzione del contratto di compravendita per notar Porta di Napoli dell’11 giugno 1996 intercorso tra il P. e la SI.GE. s.a.s., ha condannato quest’ultima alla restituzione della somma corrisposta dal primo a favore della suddetta societa’, oltre Euro 23.000,00 ed interessi, nonche’ al pagamento delle spese del doppio grado.

Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello il P. ha proposto ricorso, sulla base di due motivi.

Ha resistito, con controricorso, l’intimata societa’. Il primo motivo denuncia “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, in relazione all’art. 112 cod. proc. civ.”. Esso si chiude con il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se e’ legittima l’omissione nel dispositivo della impugnata sentenza della Corte d’appello di Napoli della condanna alla restituzione del prezzo effettivamente pagato di Euro 154.937,06, come richiesto e come provato documentalmente, peraltro giammai contestato dalla convenuta soc. SI.GE. in luogo del prezzo dichiarato nell’atto per notar Porta di Napoli dell’11 giugno 1996 in Euro 92.962,24”.

Il motivo e’ inammissibile.

Il mezzo solo apparentemente denuncia un vizio di omessa pronuncia.

Il giudice d’appello, infatti, non ha omesso il provvedimento di condanna alla restituzione della somma di danaro in conseguenza della dichiarazione di risoluzione del contratto di compravendita. Quel che il ricorrente censura e’, in realta’, un vizio in iudicando, per avere la Corte d’appello condannato la societa’ convenuta alla restituzione della somma di danaro indicata in contratto (L. 180 milioni, pari ad Euro 92.962,24), anziche’ al rimborso della maggiore somma (L. 300 milioni, pari ad Euro 154.937,06) che sarebbe Stata in effetti corrisposta.

Ma, sotto questo profilo, il prospettato vizio di motivazione in effetti articolato e’ carente di autosufficienza, giacche’ il motivo di ricorso non riporta specificamente, trascrivendole e riportandole per intero, quali risultanze probatorie – denotanti un versamento del prezzo maggiore rispetto a quello dichiarato – la Corte d’appello avrebbe male o insufficientemente valutato.

Il secondo motivo (violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 1226 cod. civ.) si conclude con il quesito “se la sentenza della Corte d’appello di Napoli qui impugnata e’ legittima nella determinazione del danno in Euro 23.000,00, stante l’omissione di qualsivoglia spiegazione sia della fonte di convincimento dell’esistenza in concreto del danno risarcibile, sia della oggettiva impossibilita’ di determinarlo nel suo esatto ammontare, sia dei criteri logici seguiti per la sua indicazione”. Il motivo e’ inammissibile.

La sentenza impugnata, sul punto, e’ cosi motivata: “Per quanto concerne, poi, il risarcimento del danno conseguente all’accertata risoluzione contrattuale, in assenza di prova (documentale) da parte dell’istante, questo Collegio, un volta accertato il legittimo diritto del predetto, ritiene di procedere ad una valutazione equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. . . . Sicche’, sulla base dei principi generali dettati in materia di risoluzione contrattuale, nonche’ del tempo trascorso dall’epoca in cui fu stipulato l’atto di compravendita dell’immobile in oggetto (circa 13 anni), al P. spettano all’attualita’ complessivi Euro 23.000,00, comprensivi anche degli accessori di legge decorrenti dalla domanda originariamente proposta”.

Ora, a fronte della motivazione seguita dal giudice del merito – non incongrua rispetto al caso concreto, tenuto conto della condanna alla restituzione per l’importo di Euro 92.962,24 (e non di Euro 154.937,06, come preteso dal ricorrente), ne’ palesemente sproporzionata, dato il tempo trascorso – il ricorrente si limita a denunciarne genericamente l’insufficienza, senza indicare ne’ in base a quali diversi criteri la Corte d’appello avrebbe dovuto seguire per procedere alla relativa valutazione ne’ quali elementi probatori egli abbia offerto alla Corte territoriale per procedere ad una diversa liquidazione. Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio”.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione ex art. 380-bis cod. proc. civ., alla quale non sono stati mossi rilievi critici;

che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dal controricorrente, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA