Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3734 del 15/02/2018


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3734 Anno 2018
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: SABATO RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 478-2015 proposto da:
BIRONDI ANGELO LUIGI, elettivamente domiciliato in ROMA,
LARGO MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato EVA
RAFFAELLA DESANA, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato PAOLO MONTALENTI;
– ricorrente contro

2017
544

CONSOB – COMMISSIONE NAZ.PER LA SOCIETÀ E LA BORSA
80204250585,

elettivamente

domiciliato

in

ROMA,

V.MARTINI GIOVANNI BATTISTA 3, presso lo studio
dell’avvocato SALVATORE PROVIDENTI, che lo rappresenta e
difende unitamente agli avvocati MARIA LETIZIA ERMETES,

Data pubblicazione: 15/02/2018

ANNUNZIATA PALOMBELLA, CLEMENTINA LUISA MARIA SCARONI;
– controricorrente nonchè contro

BONZANO MANUEL CARLO SILVIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 1941/2014 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 27/02/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
SABATO;
uditi gli Avvocati DESANA Eva Raffaella, MONTALENTI
PAOLO, difensori del ricorrente che hanno chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato PALMISANO Paolo, con delega depositata
in udienza dell’Avvocato PALOMBELLA Nunziata, difensore
del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di MILANO, depositata il 26/05/2014;

27.2.2017 n. 19 00478-15 FN
Fatti di causa
1. La Commissione nazionale per le società e la borsa – Consob
ha notificato ad Angelo Luigi Birondi lettera datata 2 febbraio 2012
con cui gli ha contestato l’illecito previsto dall’art.

187-bis, comma 1

lett. a), del d. Igs, n. 58 del 1998, in tema di abuso di informazioni

privilegiate da parte di c.d. insider trader, per aver egli – utilizzando
l’informazione privilegiata relativa alla promozione di o.p.a. non
finalizzata al delisting su azioni Realty Vailog s.p.a. promossa dal
socio di riferimento della predetta, Industria e Innovazione s.p.a., in
base a protocollo di intesa per l’integrazione delle due società
mediante fusione per incorporazione inversa, resa nota il 29
settembre 2009 – disposto l’acquisto di 226.600 azioni della specie tra
il 22 giugno e il 23 settembre 2009 concordato con Manuel Carlo
Silvio Banzano a valere su un conto intestato a quest’ultimo. Analoga
contestazione è stata effettuata a Manuel Carlo Silvio Banzano.
Avendo il signor Birondi presentato deduzioni e, a seguito di
comunicazione dell’avvio dell’istruttoria per la decisione, presentato
memorie difensive, la Consob in composizione collegiale, accogliendo
proposta del proprio ufficio preposto alle sanzioni, ha ritenuto
definitivamente accertata la commissione, da parte dei signori Birondi
e Banzano, degli illeciti contestati mediante delibera n. 18442 del 16
gennaio 2013 notificata all’interessato il 25 gennaio 2013, con essa
applicando – per quanto rileva nei confronti del signor Birondi sanzione amministrativa pecuniaria di euro duecentomila, nonché la
sanzione accessoria di cui all’art.

187-quater, comma primo, del d.

Igs. cit. per la durata di mesi dodici. A carico del signor Banzano sono
state disposte le medesime sanzioni ed altresì, ai sensi dell’art. 187octies, comma terzo, lett. d) del d. Igs. cit., la confisca di beni
oggetto di precedente sequestro.

J,/

2. Con atto notificato il 26-29 marzo 2013 Angelo Luigi Birondi ha
impugnato la predetta delibera innanzi alla corte d’appello di Milano.
Ha agito analogamente anche Manuel Carlo Silvio Banzano.
3.

La corte d’appello di Milano con provvedimento cautelare

depositato il 4 luglio 2013 ha respinto istanza di sospensione; indi con

definitiva le opposizioni.
4. Per la cassazione del predetto provvedimento definitivo della
corte d’appello di Milano ha proposto ricorso Angelo Luigi Birondi
articolando sei motivi, illustrati da memoria, anche nei confronti di
Manuel Carlo Silvio Banzano. Ha resistito la Consob con controricorso
illustrato anch’esso da memoria. Non ha svolto attività Manuel Carlo
Silvio Banzano.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con un primo motivo di ricorso il ricorrente censura, ai sensi
dell’art. 360 primo comma n. 3 cod. proc. civ., il provvedimento della
corte d’appello di Milano per «violazione e falsa applicazione dell’art.
187-septies, comma 2, t.u.f., dell’art. 24, comma 1, I. n. 262 del
2005, nonché dell’art. 6 della c.e.d.u. per assenza di idoneo
contraddittorio nel procedimento sanzionatorio», in particolare in
quanto erroneamente la corte territoriale avrebbe ritenuto che la
mancata trasmissione all’incolpato della relazione dell’ufficio interno
della Consob preposto alle sanzioni amministrative e la mancata
audizione degli interessati avanti alla Commissione non
integrerebbero alcuna violazione del contraddittorio, essendo invece
tale applicazione delle norme predette in contrasto, tra l’altro, con le
statuizioni rese dalla corte e.d.u. con la sentenza del 4 marzo 2014,
Grande Stevens e altri c. Italia.
1.1. Il motivo è infondato, in quanto basato su una lettura della
sentenza della corte e.d.u. predetta (che ha segnato, in riferimento
all’Italia, un mutamento di prospettiva rispetto a quanto ritenuto per

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provvedimento depositato il 26 maggio 2014 ha rigettato in via

la Francia con sentenza della medesima corte 20 gennaio 2011,
Vernes c. Francia) che non tiene conto che le caratteristiche del
procedimento amministrativo sanzionatorio dell’epoca previsto
dall’art. 187-septies del d.lgs. n. 58 del 1998 sono state ritenute non
in contrasto con l’art. 6 della c.e.d.u., quando – come stabilito dalla

139, 149 e 151) – pur avendo le sanzioni natura sostanzialmente
penale il provvedimento con cui le stesse vengono irrogate sia
assoggettato – come, appunto, quello adottato ex art. 187-septies
cit., anche nel testo vigente ratione temporis –

a un sindacato

giurisdizionale pieno, attuato nell’ambito di un giudizio che assicura le
garanzie del giusto processo (sia ex art. 6 c.e.d.u. che ai sensi
dell’art. 111 Cost.); deve sul punto notarsi, in aggiunta, che nel caso
di specie – come si evince dalla p. 12 del provvedimento impugnato,
intestato peraltro “sentenza”, la corte d’appello abbia ritenuto
assoggettato il contenzioso ex art.

187-septies t.u.f. al rito civile

ordinario, con pieno dispiegarsi di tutte le garanzie del contraddittorio
che lo connotano.
1.2. A tale lettura, del resto, questa corte ha già dato continuità
(v. Cass. n. 8210 del 22/04/2016 e n. 770 del 13/01/2017) ritenendo
che, in tema di sanzioni che, pur qualificate come amministrative,
abbiano natura sostanzialmente penale, la garanzia del giusto
processo, ex art. 6 della c.e.d.u., può essere realizzata,
alternativamente, nella fase amministrativa – nel qual caso, una
successiva fase giurisdizionale non sarebbe necessaria – ovvero
mediante l’assoggettamento del provvedimento sanzionatorio adottato in assenza di tali garanzie – a un sindacato giurisdizionale
pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva ed attuato attraverso un
procedimento conforme alle richiamate prescrizioni della convenzione,
il quale non ha l’effetto di sanare alcuna illegittimità originaria della
fase amministrativa giacché la stessa, sebbene non connotata dalle

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corte e.d.u. medesima con detta sentenza del 4 marzo 2014 (§ 138,

garanzie di cui al citato art. 6, è comunque rispettosa delle relative
prescrizioni, per essere destinata a concludersi con un provvedimento
suscettibile di controllo giurisdizionale.
2. Con il secondo motivo il ricorrente, ai sensi dell’art. 360 primo
comma n. 3 e 5 cod. proc. civ., lamenta da parte del provvedimento

comma 2, t.u.f., dell’art. 24, comma 1, I. n. 262 del 2005, nonché
dell’art. 6 della c.e.d.u. per assenza di separazione tra funzioni
istruttorie e decisorie in capo alla Consob», per una commistione
risultante dalla regolamentazione secondaria dell’organizzazione
dell’autorità medesima, nonché ulteriormente «omesso esame» del
fatto costituito da una «anticipazione di giudizio del presidente della
Consob nel procedimento sanzionatorio», nel corso della fase
istruttoria, allorché – nel richiedere al procuratore della repubblica di
Milano autorizzazione a procedere a sequestro – aveva dichiarato
«accertato» l’abuso di informazioni rilevanti, poi oggetto della
delibera sanzionatoria cui il presidente aveva partecipato.
Ha specificato il ricorrente che l’intervento anzidetto della corte
e.d..u. dovrebbe convincere questa corte ad abbandonare la linea
interpretativa di cui a Cass. Sez. U. n. 20935 del 30/09/2009, cui
invece si era attenuta la corte ambrosiana nel rigettare le
corrispondenti ragioni di opposizione.
2.1. Atteso che, come lo stesso ricorrente deduce, i fatti posti alla
base dell’opposizione hanno formato oggetto di pronuncia da parte
della corte di merito (in particolare, per quanto attiene alla posizione
del presidente della Consob come «sostanzialmente neutrale», con
argomento giuridico assorbente rispetto ad approfondimenti ulteriori),
è infondata la doglianza in quanto fondata sul n. 5) dell’art. 360
primo comma cod. proc. civ.; né può immaginarsi che, a fronte della
detta pronuncia, la corte avrebbe dovuto soffermarsi, come il
ricorrente richiede, ad accertare dal punto di vista probatorio il

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impugnato una «violazione e falsa applicazione dell’art. 187-septies,

comportamento procedimentale del presidente della Consob, stante
l’assorbimento predetto. Ad ogni buon conto, come deduce la
controricorrente, questa corte ha chiarito che l’omesso esame di
elementi istruttori, in quanto tale, non integra l’omesso esame circa
un fatto decisivo previsto dalla norma citata, quando il fatto storico

giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze
probatorie astrattamente rilevanti” (Cass. Sez. U. n. 8053 del
07/04/2014).
2.2. Dal punto di vista della censura per violazione di legge, essa
è infondata.
2.3. Per quanto attiene, in particolare, al profilo dell’assenza di
separazione tra funzioni istruttorie e decisorie in capo alla Consob,
quale organo amministrativo con al vertice un presidente, deve darsi
per scontato – diversamente da quanto assume la Consob (p. 46 del
controricorso) – che al § 137 della sentenza del 4 marzo 2014 cit. la
corte e.d.u. abbia ritenuto – senza che sia necessario, in proposito,
che questa corte di legittimità esamini il tema, alla luce di quanto in
prosieguo – che, essendo l’ufficio

insider trading (così all’epoca),

l’ufficio sanzioni e la commissione collegiale suddivisioni dello stesso
organo amministrativo, che agiscono con al vertice uno stesso
presidente, ciò si traduca nel consecutivo esercizio di funzioni di
indagine e di giudizio in seno ad una stessa istituzione, non essendo
in materia penale (quale la corte e.d.u. qualifica, ai fini della
convenzione, l’oggetto della lite – diversamente da quanto ritenuto
dalla controricorrente) tale cumulo compatibile con le esigenze di
imparzialità richieste dall’articolo 6 § 1 della convenzione (la corte
richiama mutatis mutandis – in quanto in materia penale in senso
stretto – i fondamentali propri arresti Piersack c. Belgio del 1 ottobre
1982 e De Cubber c. Belgio del 26 ottobre 1984). Tuttavia – e la
considerazione di ciò esime da osservazioni in argomento – la stessa

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rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal

corte e.d.u., nella predetta sentenza, al paragrafo successivo, § 138,
ritiene che le constatazioni che precedono, relative alla mancanza di
imparzialità oggettiva della Consob, non siano comunque sufficienti
per poter concludere che il complessivo sistema sanzionatorio sia in
contrasto con l’articolo 6 della convenzione atteso che, come già

8210 del 22/04/2016 e n. 770 del 13/01/2017), la garanzia del giusto
processo, ex art. 6 della c.e.d.u., è realizzata, alternativamente
rispetto alla fase amministrativa (nel qual caso, una successiva fase
giurisdizionale non sarebbe necessaria), mediante l’assoggettamento
del provvedimento sanzionatorio a un sindacato giurisdizionale pieno,
come avvenuto nel caso di specie. Tanto, dunque, rendendo di per sé
il motivo privo di fondamento, esime questa corte da ulteriori
valutazioni circa l’effettiva ritenuta insufficienza di distinzione tra
funzioni istruttorie e decisorie nell’autorità di regolazione di cui
trattasi.
2.4. Ad analoga conclusione deve pervenirsi per quanto attiene
all’ulteriore doglianza – ove il ricorrente abbia inteso anche a tal
riguardo dedurre una violazione di legge – relativa alla «anticipazione
di giudizio del presidente della Consob nel procedimento
sanzionatorio». Può però soggiungersi, per completezza, trattandosi
di esplicazione da parte del presidente della Consob di attività
(sequestro) con finalità strumentali e cautelari (peraltro, previa
autorizzazione di un organo indipendente qual è il procuratore della
repubblica nell’ordinamento italiano) rispetto al merito della sanzione,
che tale situazione, anche nella materia penale, viene esaminata caso
per caso dalla corte e.d.u. al fine di valutare la mancanza di
imparzialità oggettiva ai sensi dell’art. 6 della convenzione, essendo
principio consolidato quello per cui il semplice fatto che siano già
state assunte decisioni prima della deliberazione finale (ad es. perfino
in materia di custodia cautelare in carcere, in ciò a differenza del

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sopra esplicato da altro angolo visuale (v., di nuovo, anche Cass. n.

sistema italiano) non possa essere considerato di per sé elemento
sufficiente per generare un ragionevole timore di mancanza di
imparzialità, essendo rilevante piuttosto la portata e la natura di
queste decisioni (v. ad es. sentenze 24 febbraio 1993, Fey c. Austria,
§ 30; 16 dicembre 1992, Sainte-Marie c. Francia, § 32; 24 agosto

vista della custodia cautelare richieda una chiara prova di
responsabilità (come nel sistema italiano), anche nell’ambito
convenzionale si può ritenere l’incompatibilità del decisore (sentenza
29 maggio 1989, Hauschildt c. Danimarca, §§ 49-52). Da tale quadro
quindi – anche a voler assumere come riferimento gli standard più
rigorosi della materia penale – si desume che non può farsi
discendere tout court dal cumulo successivo di funzioni decisorie
(cautelari e nel merito) la lamentata difformità dai principi della
c.e.d.u.; onde – quand’anche si volesse prescindere dall’esistenza
della fase giurisdizionale sicuramente garantita ex art. 6 della
convenzione – la doglianza, per come formulata, e in assenza di
qualsiasi deduzione circa la natura e l’ambito delle valutazioni in
concreto effettuate dal presidente della Consob, deve ritenersi
destituita di fondamento.
3. Con il terzo motivo il ricorrente, sempre ai sensi dell’art. 360
primo comma n. 3 e 5 cod. proc. civ., deduce una «violazione e falsa
applicazione dell’art. 187-septies, comma 1, t.u.f. per superamento
del termine per la contestazione degli addebiti», nonché «omessa
valutazione della conoscenza dei fatti posti a base della contestazione
già a dicembre 2010». Secondo il ricorrente – a fronte della
previsione dell’art. 187-septies, che obbliga la Consob a contestare gli
addebiti agli interessati entro 180 giorni dall’accertamento erroneamente la corte d’appello avrebbe fatto decorrere detto
termine dall’ultimo atto di indagine della Consob (3 gennaio 2012 – p.
24 del provvedimento impugnato – allorché furono tenute audizioni

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1993, Nortier c. Paesi Bassi, § 33); in tal senso, se una decisione in

del ricorrente e del sig. Bonzano nonché quella di soci, esponenti e
dipendenti di Industria e Innovazione s.p.a. e di Alerion Clean Power
s.p.a.) – invece che dal 9 ottobre 2009 o comunque dal 6 agosto
2010, non avendo esaminato il fatto rilevante per cui, comunque, al
più tardi al 14 dicembre 2010 la Consob aveva avuto a disposizione

(epoche, quelle indicate, rispettivamente di una segnalazione di
operazioni sospette della Banca Intermobiliare s.p.a., di una lettera di
Industria e Innovazione s.p.a. e di una segnalazione in materia di
delega ad operare in capo al sig. Birondi della stessa banca).
4. Con il quarto motivo il ricorrente, poi, ai sensi dell’art. 360
primo comma n. 3 e 4 cod. proc. civ., lamenta «violazione e falsa
applicazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 132 c.p.c. e omessa
pronuncia sulle istanze istruttorie” che il ricorrente stesso assume di
aver avanzato relativamente a un ordine di esibizione della
segnalazione di operazioni sospette effettuata dalla Banca
Intermobiliare s.p.a. e di altri documenti, nonché a una istanza di
escussione testi.
Tali istanze sarebbero state «ribadite» nella comparsa
conclusionale del 14 ottobre 2013 dopo essere state formulate nel
procedimento instaurato dal sig. Bonzano.
5.

Il terzo e il quarto motivo – strettamente connessi in quanto

afferenti, da diversi punti di vista, un medesimo nucleo di fatti possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono entrambi
inammissibili.
5.1. Ribadito anche in ordine al profilo di censura ex n. 5 dell’art.
360 cod. proc. civ. inserito nel terzo motivo quanto sopra
considerato, in riferimento a precedente motivo, circa il risultare i
fatti posti alla base dell’opposizione esaminati dalla corte d’appello,
come lo stesso ricorrente indica, per cui l’eventuale omesso esame di
soli elementi istruttori, in quanto tale, non integrerebbe il

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tutti gli elementi necessari e sufficienti per formulare la contestazione

presupposto di ammissibilità (Cass. Sez. U. n. 8053 del 07/04/2014
cit.), deve notarsi come, con entrambi i motivi in quanto basati sul
parametro della violazione di legge sostanziale, il ricorrente tenda ad
ottenere, nella sostanza, una ulteriore valutazione delle istanze
e delle acquisizioni istruttorie, nonché delle argomentazioni sviluppate

legittimità, dinanzi alla quale non si svolge un terzo grado di giudizio
ma può meramente richiedersi l’annullamento delle pronunce
connotate da specifici vizi. Nel caso di specie, in alcun luogo
dell’impugnata sentenza si afferma – né è specificamente indicata dal
ricorrente – una negazione delle regulae iuris sopra dedotte, in
relazione ad esse solo auspicandosi dal ricorrente, inammissibilmente,
un diverso governo al fine di pervenire ad altra soluzione della lite.
5.2. In tema di verifica del momento da cui decorrono i termini di
decadenza per gli addebiti in materia di sanzioni amministrative, la
giurisprudenza di questa corte ha tratto dal quadro normativo la
conclusione che il momento dell’accertamento non deve essere fatto
coincidere, necessariamente e automaticamente, né con il giorno in
cui l’attività accertativa è terminata, né con quello in cui sono state
depositate relazioni o rapporti finali degli incaricati degli
accertamenti, e neppure con la data in cui l’autorità di supervisione
ha investito o riunito il suo organo volitivo per prendere in esame la
situazione: non con il primo, perché la pura «costatazione» dei fatti
non comporta di per sé il loro «accertamento», se occorre una
successiva attività istruttoria e valutativa; non necessariamente con il
secondo o con il terzo, ove i relativi tempi si siano indebitamente
protratti, perché sia la redazione delle relazioni o rapporti sia il loro
esame da parte dell’autorità di supervisione debbono essere compiuti
nel tempo strettamente indispensabile, senza ingiustificati ritardi
derivanti da disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello
svolgimento dei compiti assegnati ai diversi organi.

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dalle parti nella fase di merito, ciò che non è esigibile dalla corte di

Ne discende che anche per le violazioni delle norme in materia di
intermediazione finanziaria, come per quelle in altri campi, occorre
secondo la giurisprudenza individuare, secondo le particolarità dei
singoli casi, il momento – successivo alla conclusione delle verifiche in cui ragionevolmente la costatazione avrebbe potuto essere tradotta

per la contestazione (cfr. sul punto, in un quadro normativo che ha
successivamente subito evoluzioni, Cass. Sez. U., 09/03/2007, n.
5395, nonché Cass. 18/03/2008, n. 7257, 08/04/2009, n. 8561,
02/12/2011, n. 25836, 03/05/2016, n. 8687 e 25/01/2017, n. 1890).
La ricostruzione e la valutazione delle circostanze di fatto inerenti
ai tempi occorrenti per la contestazione rispetto all’acquisizione
informativa, e in particolare la stima della congruità del tempo
utilizzato in relazione alla maggiore o minore difficoltà del caso, sono
elementi rimessi al giudice del merito, con apprezzamento
incensurabile in sede di legittimità, al di fuori del sindacato di cui al n.
5 dell’art. 360 primo comma cod. proc. civ. (come detto nel caso di
specie non dedotto in riferimento a fatti il cui esame sia stato
effettivamente omesso).
Ai fini della disamina delle questioni specificamente sollevate,
giova altresì richiamare che questa corte, al fine di sindacare la
tempistica degli atti di indagine e di valutare se taluno di essi sia
superfluo, depurandoli quindi da ingiustificati ritardi derivanti da
disfunzioni burocratiche o artificiose protrazioni nello svolgimento dei
compiti assegnati ai differenti organi nel pur diversificato campo delle
sanzioni amministrative in generale, ha affermato:
– che la valutazione dell’opportunità dell’esercizio dei poteri di
indagine resta rimessa all’autorità competente; il giudice non può
sostituirsi dunque all’organo addetto al controllo nel valutare
l’opportunità dell’esercizio dei poteri di indagine per riscontrare la
sussistenza dell’illecito, ma può e deve apprezzare, in base alle

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in accertamento: momento dal quale deve farsi decorrere il termine

deduzioni dell’amministrazione ed all’esame degli atti relativi
all’accertamento, se sia stato osservato il tempo ragionevolmente
necessario per giungere alla completa conoscenza dell’illecito,
tenendo conto della maggiore o minore difficoltà del caso concreto e
della necessità comunque che tali indagini, pur nell’assenza di limiti

ad es. Cass. 08/08/2005, n. 16642 e 30/05/2006, n. 12830, ove
richiami; v. anche Cass. 13/12/2011, n. 26734 e 03/09/2014, n.
18574); senza «entrare nel merito dell’opportunità» di atti di
indagine, il giudice deve limitarsi a «rilevare se vi sia stata una
ingiustificata e protratta inerzia … durante o dopo la raccolta dei dati
di indagine», tenuto anche conto che «ragioni di economia possono
indurre … a raccogliere ulteriori elementi atti a dimostrare la
sussistenza, accanto a violazioni già risultanti dagli atti raccolti, di
altre violazioni amministrative, al fine di emettere un unic[o]»
provvedimento sanzionatorio (così Cass. n. 16642 del 2005 cit.).
– che la valutazione della superfluità degli atti di indagine va
effettuata con un giudizio ex ante (e in tal senso il giudice deve
«rilevare la evidente superfluità … per essere manifestamente già
accertati tempi, entità e altre modalità delle violazioni» – così Cass. n.
16642 del 2005 cit. – al momento in cui le verifiche sono state
disposte; e tale superfluità va specificamente valutata, come detto,
anche in relazione alla possibile connessione con altre violazioni
ancora da accertare); essendo irrilevante che indagini potenzialmente
fruttuose in via prognostica si rivelino, ex post, inutili.
5.3. Ai fini di cui innanzi, la corte di merito ha ritenuto che sia
impossibile, nel caso di specie, retrodatare l’effettivo accertamento
rispetto alla data del 3 gennaio 2012, allorché l’ultimo atto di
indagine costituito da audizioni fu svolto, avendo sottolineato come
non siano rilevabili ritardi attribuibili a disfunzioni burocratiche e
come, piuttosto, gli accertamenti siano risultati complessi in relazione

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temporali predeterminati, avvengano entro un termine congruo (così

anche alle diverse posizioni coinvolte (pp. 24 e 25). Deriva da tale
valutazione che, come detto in nessun modo ponendosi contro le
regulae iuris governanti la fattispecie, la corte di merito abbia
delibato la questione su basi squisitamente fattuali, cui – in sostanza
– il ricorrente, sotto l’apparente deduzione di violazione di norme,

consente di acclarare, per altro verso, l’inammissibilità del terzo
motivo e, per alcuni profili, del quarto.
5.4. Alla p. 28 della sentenza la corte di merito indica altresì le
ragioni per le quali viene negata al ricorrente l’ammissione delle
istanze istruttorie di natura documentale, siccome proposte solo in
comparsa conclusionale. Nel ricorso, peraltro, non si indicano i luoghi
ove le istanze istruttorie, anche ulteriori, siano state più
tempestivamente proposte (indicandosi, piuttosto, essere state esse
formulate dal sig. Banzano nella sua memoria di costituzione – p. 19
del ricorso). Tale carenza del quarto motivo di ricorso lo rende di per
sé inammissibile, in quanto quando con il ricorso per cassazione siano
denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della
sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a
mezzi istruttori ritualmente richiesti, il ricorrente ha l’onere di indicare
specificamente i mezzi istruttori, trascrivendo le circostanze che
costituiscono oggetto di prova (cfr. ad es. Cass. n. 4178 del
22/02/2007, n. 15952 del 17/07/2007, n. 4980 del 04/03/2014).
Tale rilievo consente alla corte di esentarsi:
a)

dal valutare l’eventuale inammissibilità per altri versi del

quarto motivo, in quanto formulato ex nn. 3 e 4 dell’art. 360 primo
comma cod. proc. civ. e denunciante «omessa pronuncia sulle istanze
istruttorie»;
b)

dal valutare l’eventuale inammissibilità in riferimento alla

circostanza che, pur in assenza delle altre necessarie indicazioni
specifiche, il ricorrente abbia comunque indicato che i mezzi istruttori

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contrappone inammissibili alternative parimenti fattuali; ciò che

furono tempestivamente dedotti non dal medesimo, ma dal sig.
Banzano, senza alcunché sia stato precisato in ordine alla posizione
assunta dal ricorrente al riguardo nelle preclusioni probatorie che la
corte di merito ha ritenuto verificatesi.
6. Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art.

applicazione dell’art. 6, comma 11, d. Igs. 150 del 2011, dell’art. 187bis, comma 4, t.u.f. e degli artt. 2727, 2729 e 2697 c.c. nonché
dell’art. 6, comma 2, c.e.d.u.», oltre «omesso esame delle
dichiarazioni contrarie dei soggetti in possesso dell’informazione
privilegiata», in quanto la corte d’appello di Milano avrebbe omesso di
rendere motivazione in ordine alla circostanza per cui le dichiarazioni
rese da alcuni soggetti e prodotte dal ricorrente (sigg. Giuseppe
Garofano, Giulio Antonello e Federico Caporale, i quali seppur non
indicati dalla Consob come

insider primari sarebbero secondo il

ricorrente i soggetti in possesso dell’informazione riservata) «non
valessero a superare le mere presunzioni utilizzate dalla Consob per
ritenere provata I ‘acquisizione in capo all’esponente della pretesa
informazione privilegiata».
6.1 A parte il riferimento incongruo – tra le norme violate – all’art.
6 del d.lgs. 150/2011 in procedimento che, senza che sia stata mossa
censura in argomento, la corte d’appello ha dichiarato retto dal rito
ordinario (p. 12 s. del provvedimento, intestato “sentenza”), il
motivo, in entrambe le sue formulazioni riferite ai nn. 3 e 5 dell’art.
360 primo comma cod. proc. civ., è inammissibile in quanto tendente
a sollecitare, per il tramite del rilievo dei presunti vizi, la corte di
cassazione a riesaminare le risultanze istruttorie sulla cui base i
giudici di merito, con apprezzamento insindacabile, hanno definito la
controversia. A fronte di una motivazione in ordine alle risultanze
istruttorie che si prolunga dalla p. 28 alla p. 50 del provvedimento
impugnato, l’omissione della menzione di un elemento istruttorio – di

– 13


oltre frontespizio

360 primo comma n. 3 e 5 cod. proc. civ., «violazione e falsa

cui peraltro il ricorrente non assume la decisività, dimostrando che la
sua considerazione avrebbe verosimilmente mutato il risultato
valutativo (cfr. ad es. Cass. n. 4178 del 22/02/2007 cit.) – non inficia
la motivazione e non costituisce violazione di legge né omesso esame
circa un fatto decisivo, quando il fatto storico rappresentato (e cioè il

considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di
tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti (Cass. Sez. U. n.
8053 del 07/04/2014).
7. Con il sesto motivo il ricorrente lamenta, infine, ai sensi
dell’art. 360 primo comma n. 3 e 5 cod. proc. civ., «omesso esame
delle dichiarazioni degli intermediari finanziari sul profilo di rischio di
Bonzano», ravvisando tale vizio nella circostanza che la corte
d’appello abbia ritenuto il sig. Bonzano in possesso di un profilo di
rischio medio-basso (pp. 45 e 46 della sentenza, ove si richiamano le
dichiarazioni dello stesso sig. Bonzano), e ciò «in contrasto con le
risultanze tratte dai documenti forniti dagli stessi intermediari
finanziari». Secondo il ricorrente, «ove le dichiarazioni delle banche
presso cui Bonzano era profilato, così come i documenti relativi alla
sua situazione patrimoniale, fossero state adeguatamente valutate
dalla corte, i giudici sarebbero giunti ad una ben diversa conclusione
circa l’asserita anomalia dell’operazione di acquisto, che sarebbe stata
radicalmente esclusa».
7.1. Anche tale motivo è inammissibile, per le medesime ragioni
sopra ritenute sub 6.1. Anche in questo caso il ricorrente sollecita,
mediante un presunto vizio afferente la motivazione, la corte di
legittimità a riesaminare le risultanze istruttorie. Alle pp. 45 ss. il
provvedimento impugnato fornisce approfondite spiegazioni circa
l’esperienza del sig. Bonzano quale investitore, per cui – peraltro
nuovamente in assenza di qualsiasi dimostrazione di decisività, solo
asserita – la mera omessa considerazione delle profilazioni del

– 14

oltre frontespizio

possesso dell’informazione privilegiata) sia stato comunque preso in

Bonzano (peraltro a fronte delle dichiarazioni dello stesso in atti) mai
potrebbe costituire un omesso esame circa un fatto decisivo, essendo
stato il fatto storico rappresentato (e cioè l’esperienza finanziaria del
sig. Bonzano, elemento non scevro di profili valutativi) ampiamente
preso in considerazione dal giudice (Cass. Sez. U. n. 8053 del

8. Dovendosi in definitiva rigettare il ricorso, va condannato il
ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del
giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo. Ai sensi dell’art.
13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 va dato atto del sussistere dei
presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del
co. 1-bis dell’art. 13 cit.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a
favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in euro diecimila per compensi ed euro 200 per esborsi, oltre
spese generali nella misura del 1 5% e accessori di legge. Ai sensi
dell’art. 13 co. 1-quater d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto del sussistere
dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma del
co. 1-bis dell’art. 13 cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda
sezione civile, il 27 febbraio 2017.
Il consigliere estensore
AfJ\r \rk

(R. Sabato)

(S. Petitti)

kl Pirio Giudizierie
V43NEl

tEPOSITATO IN CELLA
Roma,

15 FEL 2011

07/04/2014 cit.).

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