Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3733 del 15/02/2011

Cassazione civile sez. II, 15/02/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 15/02/2011), n.3733

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.E., rappresentato e difeso, per procura speciale a

margine del ricorso, dall’Avvocato Zampardi Marcello, elettivamente

domiciliato in Roma, via Guido reni n. 2, presso lo studio

dell’Avvocato Valerio Vianello;

– ricorrente –

contro

R.A., R.C., M.R., rappresentati e

difesi, per procura speciale a margine del controricorso, dagli

Avvocati Gemelli Antonino e Pietro Saija, elettivamente domiciliato

presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Gianturco n. 1;

– controricorrenti –

avverso la sentenza non definitiva della Corte d’appello di Messina

n. 616/08, depositata in data 27 novembre 2008;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

25 novembre 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

sentito, per il ricorrente, l’Avvocato Marcello Zampardi;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso in senso conforme alla relazione.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che P.E. ha impugnato per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Messina n. 616 del 2008, depositata il 27 novembre 2008, con la quale e’ stato rigettato il gravame da esso ricorrente proposto avverso la sentenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto n. 321 del 2000 – che aveva accolto la domanda di M.R. di essere dichiarata proprietaria esclusiva dell’immobile di cui alla particella 565 del fg. 18 del Comune di (OMISSIS) e aveva condannato P.E. al rilascio di detto immobile – ed e’ stato accolto l’appello incidentale proposto da R.A. e R.C. avverso la indicata sentenza, con conseguente declaratoria che i detti appellanti incidentali erano proprietari del fabbricato sito in (OMISSIS), part. 564, fg. 18 per intervenuta usucapione, con condanna del P. al rilascio dell’immobile stesso;

che P.E. formula un unico motivo di ricorso, con il quale denuncia violazione e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5;

che resistono, con controricorso, R.A., R. C. e M.R.;

che essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., ai sensi di tale norma e’ stata redatta relazione, che e’ stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il relatore designato, nella relazione depositata il 2 agosto 2010, ha formulato la seguente proposta di decisione:

“… Il ricorso appare inammissibile per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6 applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, ai sensi del quale i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilita’, dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1), 2) , 3) e 4), e, qualora il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Nel caso di specie, il ricorrente ha dedotto un vizio di contraddittorieta’ della motivazione su un punto decisivo della controversia; motivo in relazione al quale si deve rilevare che, secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite, “in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiche’ secondo l’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita’, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita’” (Cass., S.U., n. 20603 del 2007). In particolare, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, deve consistere in una parte del motivo che si presenti a cio’ specificamente e riassuntivamente destinata, di modo che non e’ possibile ritenerlo rispettato allorquando solo la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo riveli, all’esito di un’attivita’ di interpretazione svolta dal lettore e non di una indicazione da parte del ricorrente, deputata all’osservanza del requisito del citato art. 366 bis, che il motivo stesso concerne un determinato fatto controverso, riguardo al quale si assuma o-messa, contraddittoria od insufficiente la motivazione e si indichino quali sono le ragioni per cui la motivazione e’ conseguentemente inidonea sorreggere la decisione (Cass., n. 16002 del 2007).

Ulteriormente si rileva un deficit di autosufficienza del ricorso, dal momento che nella esposizione del motivo si fa riferimento a deposizioni e atti dei quali non viene riprodotto testualmente il contenuto. In ogni caso, le deduzioni del ricorrente attengono alla valu-tazione delle prove compiuta dalla Corte d’appello e si risolvono nella richiesta di un nuovo apprezzamento delle stesse risultanze, peraltro non compiutamente riportate.

Sussistono, pertanto, le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio;

che il Collegio condivide la richiamata proposta di decisione, alla quale non sono state rivolte critiche di sorta;

che il ricorso va quindi rigettato;

che, in applicazione del principio della soccombenza, il ricorrente deve essere condannato alla rifusione delle spese del giudizio di legittimita’, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte suprema di Cassazione, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 15 febbraio 2011

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