Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3732 del 15/02/2013


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 3732 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ABATE Michele Giuseppe, rappresentato e difeso, in forza
di procura a margine del ricorso, dall’Avv. Maria Laura
Passanante, elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’Avv. Floriana Alessandrini in Roma, via Tibullo, n.
10

;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro
tempore,

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n.
12;

geg ps.
n(.1

Data pubblicazione: 15/02/2013

- controricorrente
per la cassazione del decreto della Corte d’appello di
Caltanissetta in data 18 luglio 2011.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza

Dott. Alberto Giusti;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Maurizio Irelardi, che ha
concluso per il rigetto del ricorso.
Ritenuto

che la Corte d’appello di Caltanissetta,

con decreto in data 18 luglio 2011, ha rigettato il ricorso per equa riparazione proposto, ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, da Michele Giuseppe Abate per
l’eccessiva durata di un procedimento di esecuzione forzata immobiliare a suo carico, svoltosi dinanzi al Tribunale di Marsala, iniziato con atto di pignoramento del
28 aprile 1994, ancora pendente alla data del ricorso
per equa riparazione, depositato 1’8 luglio 2010;
che la Corte territoriale ha rilevato che per un
certo periodo (fino all’ottobre 2000) il procedimento è
rimasto in stato di quiescenza per l’omesso deposito, da
parte del creditore procedente, della documentazione ipocatastale relativa agli immobili pignorati e il certificato di destinazione urbanistica; e giudicata congrua
una durata di cinque anni per la procedura immobiliare,

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pubblica del 12 dicembre 2012 dal Consigliere relatore

ritenuta di media complessità, ha sottolineato che durante le operazioni di vendita (riguardanti circa dieci
immobili), delegate ad un professionista esterno con ordinanza del 10 aprile 2006, si sono verificati inciden-

di alcuni aggiudicatari provvisori, con conseguente revoca dell’aggiudicazione, e dall’essere due aste andate
deserte;
che la Corte territoriale ha posto a carico del ricorrente le spese di lite;
che per la cassazione del decreto della Corte
d’appello l’Abate ha proposto ricorso, sulla base di due
motivi;
che il Ministero ha resistito con controricorso.
Considerato

che con il primo motivo (violazione

dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001, degli artt. 6, 8
e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali nonché degli
artt. 2056 e 1226 cod. civ. e omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione) il ricorrente si duole che
la Corte d’appello non abbia ravvisato alcun periodo di
irragionevole durata, a fronte di una procedura esecutiva in corso da circa sedici anni;
che il motivo è solo in parte fondato;

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ti, causati dal mancato versamento del prezzo da parte

che, innanzitutto, corretta è la statuizione della
Corte territoriale là dove si esclude che sia addebitabile all’apparato giustizia il periodo in cui è stato
omesso il deposito, da parte degli interessati, della

la vendita;
che, infatti, l’irragionevole durata di un processo
esecutivo (soggetto alla disciplina anteriore alla riforma di cui all’art. l della legge 3 agosto 1998, n.
302) non dà titolo ad equa riparazione per la parte in
cui è imputabile all’inerzia dei creditori nel depositare la documentazione necessaria alla vendita del bene
pignorato e all’intempestività del debitore nel sollecitare l’ordinanza di estinzione (Cass., Sez. I, 7 dicembre 2011, n. 26376);
che deve quindi confermarsi la decisione di merito
là dove si afferma che la quiescenza del processo fino
all’entrata in vigore della legge n. 302 del 1998, di
fatto proseguita almeno fino all’anno 2000, è da attribuire all’inerzia dei creditori e non possa computarsi
come tempo irragionevole imputabile all’apparato della
giustizia;
che, invece, in ordine alla valutazione del periodo
successivo al deposito della documentazione ipocatasta-

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documentazione ipocatastale necessaria per procedere al-

le, ha errato la Corte d’appello a ritenere congrua, in
concreto, la durata di cinque anni;
che questa conclusione muove dall’erroneo presupposto che sarebbe ragionevole “un periodo di cinque anni

particolari aspetti di complessità”, laddove, secondo
gli standard derivanti dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell’uomo, un procedimento civile,
anche esecutivo, di media difficoltà che si svolge dinanzi al tribunale deve esaurirsi nell’arco di tre anni;
che, d’altra parte, correttamente la Corte del merito ha escluso che sia addebitabile all’amministrazione
della giustizia il ritardo nel completamento della procedura di esecuzione derivante dalla revoca
dell’aggiudicazione provvisoria (per il mancato versamento del prezzo da parte degli aggiudicatari) e dal
fatto che alcune aste sono andate deserte;
che, cassato il decreto impugnato, la causa può essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto;
che, nel caso di specie, determinato in due anni e
mezzo il periodo di irragionevole durata (dall’ottobre
2000 all’aprile 2006, detratti tre anni) e applicato il
criterio di liquidazione del danno non patrimoniale invalso nella giurisprudenza di questa Corte (750 euro per

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per la definizione di una procedura esecutiva priva di

ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole), si deve riconoscere al
ricorrente l’indennizzo di euro 1.875 a titolo di danno
non patrimoniale, oltre agli interessi legali dalla do-

il Ministero della giustizia;
che le spese del giudizio, sia di merito che di legittimità, vanno compensate nella misura di 1/2, stante
l’accoglimento soltanto parziale della domanda del ricorrente, e, per la restante parte, vanno poste, nella
misura liquidata in dispositivo, a carico del Ministero,
in base al principio di soccombenza.
PER QUESTI

moTrvI

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione;

cassa il decreto impugnato in relazione alla

censura accolta e,

decidendo nel merito,

condanna il Mi-

nistero della giustizia al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di euro 1.875, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo;

condanna il Ministero

al rimborso di 1/2 delle spese del giudizio di merito,
previa compensazione della restante parte, spese che si
liquidano, nell’intero, in curo 806, di cui euro 311 per
diritti ed euro 445 per onorari, oltre ad accessori di
legge, nonché di 1/2 di quelle del giudizio di cassazione, previa compensazione della restante parte, spese che

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manda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato

si liquidano, nell’intero, in euro 393, di cui euro 100
per esborsi, oltre ad accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione civile della Corte suprema di Cassazio-

ne, il 12 dicembre 2012.

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