Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3727 del 17/02/2010
Cassazione civile sez. trib., 17/02/2010, (ud. 21/01/2010, dep. 17/02/2010), n.3727
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico – Presidente –
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –
Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso
l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende per
legge;
– ricorrente –
contro
C.F.;
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Campania (Napoli), Sez. n. 7, n. 282/07/04, del 18 ottobre 2004,
depositata il 26 ottobre 2004, non notificata.
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 21 gennaio 2010
dal Cons. Dr. Raffaele Botta;
Preso atto che nessuno è presente per le parti;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FEDELI Massimo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne l’impugnazione del silenzio rifiuto formatosi in ordine ad una istanza di rimborso IRAP proposta dal contribuente in relazione alla propria attività di medico convenzionato con il S.S.N. svolta senza il requisito necessario della autonoma organizzazione.
La Commissione adita rigettava il ricorso e l’appello del contribuente era accolto, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per Cassazione con due motivi. Il contribuente non si è costituito.
Diritto
MOTIVAZIONE
Con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto l’eccepito difetto di legittimazione passiva dedotta dall’Ufficio, in quanto la domanda di rimborso era stata presentata al competente Ufficio di (OMISSIS), ufficio al quale il ricorso originario era stato correttamente notificato, mentre l’appello era stato notificato all’Ufficio di Napoli (OMISSIS), erroneamente indicato nel frontespizio della sentenza di prime cure.
Il motivo non è fondato sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui: “La notifica da parte del contribuente dell’impugnazione presso un ufficio della locale Agenzia delle Entrate non territorialmente competente, perchè diverso da quello che ha emesso l’atto impositivo, non comporta nè la nullità nè la decadenza dall’impugnazione, sia per il carattere unitario dell’Agenzia delle Entrate, sia per il principio di effettività della tutela giurisdizionale che impone di ridurre al massimo le ipotesi d’inammissibilità, sia per la natura impugnatoria del processo tributario, che attribuisce la qualità di parte all’organo (e non alle singole articolazioni organizzative) che ha emesso l’atto o il provvedimento impugnato. (Nel caso di specie la Corte ha ritenuto valida ed efficace la notificazione dell’appello effettuata all’Ufficio di Milano (OMISSIS) dell’Agenzia delle Entrate, anzichè all’ufficio di Milano (OMISSIS), che aveva partecipato al giudizio di primo grado ed aveva emesso l’atto impositivo)” (Cass. n. 15718 del 2009;
v. anche Cass. n. 29465 del 2008).
Con il secondo motivo di ricorso, l’amministrazione denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, censurando la sentenza impugnata sulla base dell’affermazione che “una libera professione abituale comporta, in ogni caso, la soggettività passiva ai fini IRAP”.
Il motivo non è fondato sulla base dell’orientamento di questa Corte secondo cui: “In tema di IRAP, a norma del combinato disposto dell’art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’esercizio delle attività di lavoro autonomo di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1, (nella versione vigente fino al 31 dicembre 2003) e all’art. 53, comma 1, del citato D.P.R. (nella versione vigente dal 1 gennaio 2004) è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Costituisce onere del contribuente che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta dare la prova dell’assenza delle predette condizioni” (Cass. n. 3677 del 2007). Nel caso di specie il giudice di merito ha accertato in fatto che non vi è stato impiego di “grossi capitali”, nè di personale dipendente: e sul punto non vi è nel ricorso alcuna adeguata censura.
Pertanto il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese, stante la mancata costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 gennaio 2010.
Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010