Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3727 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. I, 12/02/2021, (ud. 12/11/2020, dep. 12/02/2021), n.3727

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11176/2019 proposto da:

P.J., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’Avvocato

Franco Beretti, in forza di procura speciale allegata al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, (OMISSIS), in persona del Ministro

pro-tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della CORTE di APPELLO di BOLOGNA, depositata il

16/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/11/2020 dal Consigliere SCORDAMAGLIA IRENE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Bologna, con la sentenza pubblicata il 16 gennaio 2019, ha respinto l’appello proposto da P.J., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza del 16 novembre 2017, con la quale il Tribunale di Bologna aveva rigettato la sua domanda di protezione internazionale, già presentata alla competente Commissione territoriale e del pari respinta.

1.2. La Corte territoriale ha posto a fondamento del diniego sia della protezione internazionale maggiore che di quella complementare le seguenti ragioni: 1) che le dichiarazioni dell’appellante non erano credibili quanto alla ragione dell’espatrio, genericamente indicato nel timore di essere ucciso dai familiari che l’avevano ingiustamente accusato di avere avvelenato il nonno; 2) che non vi era traccia di allegazioni quanto all’esposizione diretta e personale dell’appellante al rischio di subire un pregiudizio per effetto della situazione di generale instabilità esistente in Nigeria, tanto più che, comunque, nella regione di sua provenienza, l’Ibon State, non era presente alcuna situazione suscettibile di essere considerata ai fini della concessione della protezione sussidiaria; 3) che, del pari, la riscontrata assenza di credibilità quanto al racconto della sua storia personale era tale da rendere il richiedente immeritevole del diritto alla protezione umanitaria.

2. Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di P.J. è affidato a tre motivi.

2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in quanto la Corte d’appello avrebbe esercitato il suo potere di legittimo ed insindacabile scrutinio della situazione generale della Nigeria e, in particolare, della regione di provenienza del richiedente protezione, senza neppure dar conto di quali fossero le fonti qualificate internazionali compulsate, che, invece, per rimanere a quelle più attendibili (Reports EASO 2018, Amnesty International 2016/2017; Human Rights Watch 2017), davano conto della situazione di diffusa insicurezza esistente in Nigeria, anche nelle regioni del Sud-Est.

2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione o la falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, non avendo la Corte territoriale esaminato la ricorrenza in capo al richiedente dei requisiti per beneficiare della protezione umanitaria alla stregua dei presupposti delineati dalle norme indicate.

2.3. Con il terzo motivo si denunzia la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, commi 1 e 1.1, – come richiamato dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, – ovvero dell’art. 10 Cost., comma 3, considerato il principio d’inespellibilità dello straniero, anche alla luce della nuova fattispecie della protezione speciale che ha determinato l’ampliamento dell’area applicativa del citato art. 10.

3. L’intimata Amministrazione dell’Interno non si è difesa con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è improcedibile.

2. Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 10266 del 27/04/2018 (Rv. 648132), hanno affermato che: “Nel giudizio di cassazione, cui – ad eccezione delle comunicazioni e notificazioni a cura della cancelleria il D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16, conv. con modif. in L. n. 221 del 2012 – non è stato ancora esteso il processo telematico, è necessario estrarre copie analogiche degli atti digitali ed attestarne la conformità, in virtù del potere appositamente conferito al difensore dalla L. n. 53 del 1994, art. 6 e art. 9, commi 1-bis e comma 1-ter”. Dunque, occorre ribadire che:”In tema di ricorso per cassazione, ove la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con modalità telematiche, è necessario che il difensore del ricorrente, destinatario della suddetta notifica, estragga copia cartacea del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e dei suoi allegati (relazione di notifica e provvedimento impugnato) ed attesti, con propria sottoscrizione autografa, la conformità agli originali digitali della copia formata su supporto analogico, ai sensi del L. n. 53 del 1994, art. 9, commi 1-bis e 1-ter, depositando nei termini quest’ultima presso la cancelleria della Suprema Corte” (Sez. 6, n. 30765 del 22/12/2017, Rv. 647029).

3. A ciò deve aggiungersi che le stesse Sezioni Unite, con la sentenza n. 8312 del 25 marzo 2019, hanno affermato che: “Il deposito in Cancelleria, nel termine di venti giorni dall’ultima notifica, di copia analogica della decisione impugnata redatta in formato elettronico e firmata digitalmente (e necessariamente inserita nel fascicolo informatico) senza attestazione di conformità del difensore D.L. n. 179 del 2012, ex art. 16-bis, comma 9-bis, convertito dalla L. n. 221 del 2012, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità ove l’unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche tardivamente costituitosi) depositi copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non disconosca la conformità della copia informale all’originale della medesima decisione. Mentre se alcune o tutte le parti rimangano intimate o, comunque, disconoscano la conformità all’originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata, per evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità sarà onere del ricorrente depositare l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata sino all’udienza di discussione o all’adunanza in camera di consiglio”.

4. Va preso atto che al suddetto onere non si è adempiuto da parte del difensore di P.J., dal momento che la copia analogica della sentenza impugnata, formata e notificata digitalmente, non è corredata dall’attestazione di conformità all’originale, sottoscritta dal difensore, nè dalla copia del messaggio di posta elettronica certificata e dei suoi allegati.

5. Poichè l’intimato Ministero dell’Interno e rimasto tale e il difensore del ricorrente non ha depositato, entro la data dell’odierna adunanza in camera di consiglio, l’asseverazione di conformità all’originale della copia analogica della decisione impugnata, il proposto ricorso non può che essere dichiarato improcedibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara improcedibile il ricorso. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello

dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 12 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021

 

 

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