Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3721 del 25/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3721 Anno 2016
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 21313-2010 proposto da:
STRANO

ROBERTO

STRRRT75M02F611T,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA RENO 21, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO RIZZO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2015
4641

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

4ree-

studio

dell’avvocato

FIORILLO

LUIGI,

che

la

Data pubblicazione: 25/02/2016

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 10142/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/03/2010 r.g.n.
9962/2006;

udienza del 02/12/2015 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
Avvocato FIORILLO LUIGI;
Jag’
41,

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

R.G. 21313/2010
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

kpa

Con sentenza n. 22303 del 15-12-2005 il Giudice del lavoro del
Tribunale di Roma (tra l’altro) rigettava la domanda proposta da Roberto

declaratoria di nullità del termine apposto al contratto di lavoro intercorso
tra le parti per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di
assenze per ferie” dal 7-7-2000 al 30-9-2000, con le pronunce
conseguenziali.
Lo Strano proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con l’accoglimento della domanda.
La società si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Roma, con sentenza depositata il 9-3-2010,
rigettava l’appello e compensava le spese.
Per la cassazione di tale sentenza lo Strano ha proposto ricorso con
due motivi.
La società ha resistito con controricorso.
Infine lo Strano ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando nullità del procedimento
e della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in sostanza lamenta che
la Corte di merito ha statuito sulla questione della ultrattività delle
previsioni di cui al ceni del 1994 utilizzando argomentazioni mai dedotte
dalla controparte, giacché la questione sottoposta al vaglio della Corte

1

Strano nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la

atteneva alla corretta interpretazione dell’art. 87 comma II del detto ceni e
non alla possibile ultrattività dello stesso determinata da fatti successivi
alla sua scadenza.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 87

territoriale sarebbe fondato su un “percorso interpretativo contraddittorio
prima che erroneo”, in quanto la Corte di merito, da un lato ha affermato
che Il contratto collettivo, ai sensi dell’art. 87, era scaduto al 31-12-1997,
e dall’altro ha sostenuto la tesi della ultrattività sulla assenza di una
espressa disdetta e sulla presunta presenza di “facta condudentie, così in
sostanza violando lo stesso art. 87.
Entrambi i motivi non meritano accoglimento.
Innanzitutto, essendo stata dedotta l’applicabilità dell’art. 8 del cm!
1994 rientrava nei poteri-doveri del giudice verificare la vigenza della
norma collettiva (v. per tutte Cass. 11-5-2012 n. 7420) in base alle
risultanze processuali.
Va rilevato poi che questa Corte, pur disattendendo la interpretazione
secondo cui le parti collettive, con il secondo comma dell’art. 87 del call
del 1994, abbiano voluto, fin dall’inizio, disporre una ultrattività del
contratto collettivo, ha più volte affermato che ciò non esclude, però, che le
stesse parti collettive abbiano, eventualmente, anche solo per

facta

condudentia, proseguito nella applicazione del contratto collettivo pur dopo
la scadenza fissata (v. Cass. 2-2-2009 n. 2590), di guisa che comunque
ben possono assumere rilevanza il comportamento successivo delle parti

2

del ccnI del 1994, in particolare lamenta che il convincimento della Corte

e

medesime e gli accordi successivamente intercorsi (sul tema specifico v.,
:

fra le altre Cass. 25-5-2012 n. 8288, Cass. 12- 2-2013 n. 3314).
In particolare come è stato più volte chiarito, “l’accordo del 25
settembre 1997, nell’aggiungere l’ipotesi delle esigenze eccezionali, ha

legittimamente operanti le altre ipotesi, tra cui quella dell’assenza per ferie,
previste dall’art. 8 del c.c.n.l. del 1994; tale volontà di ritenere vigente
quest’ultima ipotesi a prescindere da limitazioni di carattere temporale ha
trovato esplicita conferma nell’accordo 27 aprile 1998 che estende al mese
di maggio, limitatamente all’anno 1998, il periodo di ferie di cui all’art. 8
del c.c.n.l. del 1994. Infatti, l’estensione al mese di maggio 1998 del
periodo di ferie previsto dall’art. 8 del c.c.n.l. del 1994 (inizialmente fissato
al periodo giugno-settembre) dimostra l’implicito riconoscimento
dell’operatività dell’ipotesi legittimante la stipulazione di contratti a termine
per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per
ferie anche per i successivi mesi estivi del 1998 (e per i successivi periodi
feriali), a prescindere da ulteriori accordi autorizzatori” (v. Cass. 1-3-2011
n. 4990, Cass. 24-2-2011 n. 4514, Cass. 24-2-2011 n. 4513, Cass. 10-122009 n. 25934, Cass. n. 8288/2012 cit. Cass. n. 3314/2013 cit.).
In sostanza, quindi, come pure è stato precisato, per tale autonoma
tipologia di contratti, le relative assunzioni “hanno continuato ad essere
legittimamente effettuate sino all’entrata in vigore del d.lgs. 6 settembre
2001, n. 368” (v. Cass. 17-3-2014 n. 6097) prima ai sensi dell’art. 8 del

:

confermato la volontà congiunta delle parti stipulanti di ritenere tuttora

ccni del 1994 e poi in forza della (medesima) ipotesi collettiva prevista
dall’art. 25 del cm’ del 2001.
Legittimamente, quindi, e senza incorrere in alcuna violazione dell’art.

F614

112 c.p.c., (essendo stati, peraltro, i detti accordi, già richiamati dallo

cassazione – ed avendo, dal canto suo, la società sempre sostenuto la
perdurante applicazione della norma collettiva de qua oltre il termine del
31-12-1997), la Corte di merito ha ritenuto che nella specie le parti
collettive hanno “per facta condudentia” prorogato l’efficacia delle norme
del contratto collettivo del 1994 sino alla stipula del contratto successivo, in
base alla “pacifica applicazione” delle stesse anche dopo la detta data.
Il ricorso va, pertanto respinto e il ricorrente, in ragione della
soccombenza, va condannato al pagamento delle spese in favore della
contro ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare alla
controricorrente le spese, liquidate in euro 100,00 per esborsi e euro
3.000,00 per compensi, oltre spese generali e accessori di legge.
Roma 2 dicembre 2015

stesso attore nel ricorso introduttivo — vedi pag. 2 e ss. del ricorso per

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