Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3720 del 17/02/2010

Cassazione civile sez. trib., 17/02/2010, (ud. 08/01/2010, dep. 17/02/2010), n.3720

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. MELONCELLI Achille – rel. Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Comune di Priolo Gargallo, di seguito “Comune”, in persona del

sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avv. Patti Salvatore,

presso il quale è elettivamente domiciliato in Siracusa, Via Filisto

36/c;

– ricorrente –

contro

la Polimeri Europa spa, di seguito “Società”, già Polimeri Europa

srl, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e

difesa dall’avv. Reale Santo ed elettivamente domiciliata presso

l’avv. Giuseppe Bianchetti, in Roma, Via GB. Martini 2 e, ai fini

dell’art. 135 disp. att. c.p.c. presso l’avv. Santo Reale, in

Siracusa, Viale Montedoro 54;

– intimato e controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale (CTR) di

Palermo, Sezione staccata di Siracusa, 15 dicembre 2003, n. 18,

depositata il 19 gennaio 2004;

udita la relazione sulla causa svolta nell’udienza pubblica dell’8

gennaio 2010 dal Cons. Achille Meloncelli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DE

NUNZIO Wladimiro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Gli atti introdottivi del giudizio di legittimità.

1.1. Il ricorso del Comune.

1.1.1. Il 2 marzo 2005 è notificato alla Società un ricorso del Comune per la cassazione della sentenza descritta in epigrafe, che ha rigettato l’appello del Comune contro la sentenza della Commissione tributaria provinciale (CTP) di Siracusa a 270/04/2000, che aveva accolto il ricorso della Società contro l’avviso di accertamento della Tarsu 1996-1999.

1.1.2. Il ricorso del Comune è sostenuto con sette motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, anche in ordine alle spese processuali.

1.2. Il controricorso della Società.

Il 12 ottobre 2005 è notificato al Comune il controricorso, integrato con memoria, della Società, che conclude per il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.

2.1 fatti di causa.

I fatti di causa sono i seguenti:

a) il 10 novembre 1999 è notificato alla Società l’avviso di accertamento prot. n. (OMISSIS), con il quale il Comune, a seguito di verificazione dell'(OMISSIS), determina in mq. 19.530 l’area dello stabilimento della Società soggetta a Tarsu, di cui mq. 13.689 ricadenti nell’ambito degli stabilimenti in cui si producono rifiuti ordinari e/o assimilabili e mq. 5841 ricadenti nell’ambito delle aree scoperte tassate al 50%; con lo stesso atto si liquida per ciascun anno d’imposta – 1996, 1997, 1998 e 1999 – una maggior somma di L. 192.966.000; la somma pretesa, maggiorata delle sanzioni e degli interessi, ammonta a L. 1.295.177.000;

b) il ricorso della Società è accolto dalla CTP;

c) l’appello del Comune è, poi, respinto dalla CTR con la sentenza ora impugnata per cassazione.

3. La motivazione della sentenza impugnata.

La sentenza della CTR, oggetto del ricorso per cassazione, è così motivata:

a) l’accertamento è illegittimo, perchè “fondato su accesso eseguito presso l’immobile da incaricati del Comune impositore senza l’osservanza delle condizioni e modalità all’uopo fissate dal D.L. n. 507 del 1993, art. 73 per mancata spedizione di preavviso dell’accesso, per mancato contraddittorio …”;

b) inoltre, “il Comune non è stato in grado di smentire la circostanza secondo la quale non è stato istituito alcun servizio di raccolta rifiuti sui luoghi, circostanza che priva il Comune del diritto di richiedere la tassa in oggetto …; infatti, la Tarsu è dovuta dalle aziende solo se queste usufruiscono concretamente del servizio pubblico, come stabilito dal D.L. n. 507 del 1993, art. 59”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. La preliminare dichiarazione d’inammissibilità del controricorso della Società Il controricorso della Società al ricorso del Comune, che è stato notificato il 2 marzo 2005, è stato notificato al ricorrente soltanto il 12 ottobre 2005 e quindi, ben oltre il termine di quaranta giorni risultante dalla combinazione delle disposizioni normative contenute negli art. 370 c.p.c., comma 1 e art. 369 c.p.c., comma 1. Esso è, pertanto, tardivo e, quindi, inammissibile.

5. Il primo motivo d’impugnazione.

5.1. La censura del ricorrente.

5.1.1. La rubrica del primo motivo d’impugnazione.

Il primo motivo d’impugnazione è introdotto dalla seguente rubrica:

“Violazione e falsa applicazione art. 112. c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 24, art. 360 c.p.c., n. 3”.

5.1.2. La motivazione addotta a sostegno del primo motivo d’impugnazione.

Il Comune ricorrente sostiene, al riguardo, che la Società non avrebbe mai dedotto in giudizio di non aver ricevuto il preavviso di accesso D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ex art. 73 ma avrebbe solo “incidentalmente e labialmente dedotto, in modo assolutamente inidoneo peraltro, che la rilevazione non fosse stata effettuata in contraddittorio. Ha cioè, al più, rilevato una irregolarità successiva al momento del preavviso di accesso, quella dell’esecuzione del sopralluogo senza contraddittorio”. Sarebbe così rimasto precluso alla CTP e alla CTR di pronunciarsi sul punto, cosicchè “illegittima è la sentenza di secondo grado laddove la Commissione d’ufficio ed in assenza di alcun rilievo ha ritenuto per tale ragione illegittimo l’atto di accertamento”.

5.1.3. La norma di diritto indicata dal Comune.

Il Comune si limita ad elencare in rubrica alcune disposizioni normative ed indica, implicitamente, attraverso la motivazione, come norma fondante il suo motivo d’impugnazione, quella secondo cui il giudice d’appello non può pronunciarsi d’ufficio su una questione non proposta dal contribuente nel ricorso introduttivo.

5.2.1. Il giudizio della Corte sul primo motivo d’impugnazione.

Il Comune ricorrente ha dato al suo primo motivo d’impugnazione la seguente struttura: nelle pagine 2-7 del suo ricorso per cassazione ha riprodotto testualmente una buona parte del ricorso della Società alla CTP; ha riferito, poi, brevissimamente e non testualmente, del contenuto della sentenza di primo grado e del suo atto d’appello (pagine 7-8 del ricorso per cassazione); infine, ha sostenuto la sua censura con la motivazione che s’è sintetizzata nel p.5.1.2.

Da un motivo d’impugnazione così impostato, la Corte, che non può accedere agli atti di causa, non è posta in condizione di conoscere gli estremi della controversia; infatti, il Comune ricorrente ha doverosamente riferito solo del ricorso introduttivo della Società, ma, in violazione dell’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, ha riferito genericamente della sentenza della CTP e del suo atto d’appello e, comunque, non ne ha riprodotto testualmente quelle parti dalle quali risultasse che la CTR, esprimendosi poi con quel capo di sentenza che s’è qui riprodotto nel p.3.a), abbia davvero pronunciato d’ufficio su una questione che non sarebbe stata sottoposta alla CTP, ma senza mostrare che il giudice di primo grado non si sia su di essa pronunciata. Risulta, pertanto, del tutto insufficiente impugnare una sentenza d’appello per un vizio, nel quale sarebbe incorsa la sentenza di primo grado, senza mostrare, in adempimento dell’onere di autosufficienza del ricorso per cassazione, cioè mediante la riproduzione testuale delle parti rilevanti degli atti processuali, che la sentenza di primo grado è stata adeguatamente impugnata e che il giudice d’appello si è pronunciato violando la norma, formulata nell’art. 112 c.p.c. secondo cui il giudice deve pronunciare non oltre i limiti della domanda. In sostanza, con il primo motivo d’impugnazione si chiede a questa Corte di verificare d’ufficio se la CTR sia mantenuta nei limiti della domanda; ma, se questa domanda venisse accolta, si contravverrebbe al vincolo, fissato nel seguente principio di diritto consolidato nella giurisprudenza di legittimità: se con il ricorso per cassazione si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. ipotizzando l’esistenza di un error in procedendo non rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, che, in quanto giudice anche del “fatto processuale”, ha il potere di esaminare direttamente gli atti processuali, non è vincolata a ricercare autonomamente gli atti rilevanti per la questione proposta, incombendo, invece, sul ricorrente l’onere di indicarli specificamente e autosufficientemente (Corte di cassazione 17 gennaio 2007, n. 978).

5.2.2. Valutazione conclusiva del primo motivo d’impugnazione.

In conclusione, il primo motivo d’impugnazione è inammissibile.

6. Il secondo motivo d’impugnazione.

6.1. La censura del ricorrente.

6.1.1. La rubrica del secondo motivo d’impugnazione il secondo motivo è presentato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione artt. 2702 e 2703 cod. civ. e artt. 214 e 215 c.p.c..

Art. 360 c.p.c., n. 3”.

6.1.2. La motivazione addotta a sostegno del secondo motivo d’impugnazione.

A sostegno della censura il Comune afferma: “E’ stato evidenziato nella narrativa in fatto che la stessa ricorrente Polimeri Europa ha prodotto in primo grado, come documento n. 3, la copia della rilevazione effettuata dagli incaricati del Comune … il 11.06.1999, mentre solo con la memoria di costituzione nel grado di appello ha dichiarato di non conoscere la sottoscrizione apposta in calce ad un solo foglio datata 11.06.1999. E’ evidente che tale produzione in giudizio equivale alla produzione effettuata dalla controparte e, in assenza di tempestivo disconoscimento, come nel caso di specie, la scrittura si ha per riconosciuta con l’effetto di fare piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha sottoscritta e della sua qualità. I Giudici di secondo grado, non hanno fatto buon uso delle predette norme che invece li obbligavano a ritenere effettuata in contraddittorio la rilevazione e ciò con ogni conseguenza”.

6.1.3. La norma indicata dal ricorrente.

Il Comune si limita ad elencare in rubrica alcune disposizioni normative ed indica come norme fondanti il suo motivo d’impugnazione, quelle relative all’efficacia della scrittura privata, contenuta nell’art. 2702 c.c., alla sottoscrizione autenticata, contenuta nell’art. 2703 c.c., e al disconoscimento e al riconoscimento della scrittura privata (artt. 214 e 215 c.p.c.).

6.2.1. Il giudizio della Corte sul secondo motivo d’impugnazione.

Il secondo motivo d’impugnazione si appunto contro il capo della sentenza d’appello qui riprodotto nel p.3.b). Esso, tuttavia, è formulato in maniera tale da non poter esser preso in considerazione, perchè mira ad ottenere dalla Corte una nuova valutazione dei fatti di causa e dei mezzi addotti per la loro prova, diversa da quella che il giudice di merito ha fornito nell’esercizio della sua competenza esclusiva, senza che sia in alcun modo censurata l’insufficienza o l’illogicità del giudizio da lui espresso.

6.2.2. Valutazione conclusiva del secondo motivo d’impugnazione.

In conclusione, il secondo motivo d’impugnazione è inammissibile.

7. Il terzo motivo d’impugnazione.

7.1. La censura del ricorrente.

7.1.1. La rubrica del terzo motivo d’impugnazione.

Il terzo motivo d’impugnazione è prospettato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2733 cod. civ..

Art. 360 c.p.c., n. 3”.

7.1.2. La motivazione addotta a sostegno del terzo motivo d’impugnazione.

A sostegno del motivo il Comune così argomenta: “Nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, l’odierna intimata con il primo motivo di ricorso, come in narrativa riportato, ha dichiarato che “per l’anno 1996 l’importo della tassa era già stato corrisposto da Enichem S.p.a. e successivamente a quest’ultima rimborsato da Polimeri Europa Srl per la parte relativa agli immobili di sua proprietà assoggettabili a Tarsu in quanto destinati ad uffici”. Ne deriva che giudizialmente, nel ricorso, ha confessato che il Comune … ha istituito e svolto nella zona in cui insiste il suo stabilimento industriale, il servizio di raccolta dei rifiuti. Nè ha dimostrato che, svolto nell’anno 1996, non l’abbia più svolto in seguito. Ne deriva che pacifico, oltre che dimostrato … è il fatto della istituzione e svolgimento del servizio di raccolta rifiuti nella zona dello stabilimento”.

7.1.3. La norma indicata dal ricorrente.

Il Comune indica come norma fondante il suo motivo d’impugnazione, quella relativa alla confessione giudiziale, contenuta nell’art. 2733 c.c..

7.2. La valutazione della Corte del terzo motivo d’impugnazione.

Il motivo è inammissibile, perchè, a parte la mancanza di autosufficienza del ricorso per cassazione, la censura è rivolta contro un motivo del ricorso introduttivo, del quale non esiste alcuna traccia nella sentenza d’appello.

8. Il quarto motivo d’impugnazione.

8.1. La censura del ricorrente.

8.1.1. La rubrica del quarto motivo d’impugnazione.

Il quarto motivo d’impugnazione è introdotto dalla seguente rubrica:

“Omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione e travisamento dei fatti. Art. 360 c.p.c., n. 5”.

8.1.2. La motivazione addotta a sostegno del quarto motivo d’impugnazione.

Il quarto motivo è sostenuto con la seguente motivazione: “Il Comune … nel corso del giudizio di secondo grado ha documentato il fatto della istituzione e svolgimento del servizio di raccolta rifiuti nella zona in cui insiste lo stabilimento della intimata. Nella narrativa in fatto di questo ricorso sono stati richiamati gli atti prodotti e, sinteticamente, il loro contenuto. Del tutto erroneamente ed immotivatamente il Giudice di secondo grado ha omesso ogni valutazione di tale materiale probatorio, invece idoneo di per sè, e a maggior ragione in uno alla confessione della controparte, come illustrata nel motivo che precede, a dare piena prova di quanto sostenuto. Omessa è altresì la valutazione e ogni conseguente motivazione in ordine alla dichiarazione del legale rappresentante della Setri srl, anch’essa in atti, in ordine all’avvenuta consegna da parte della Polimeri Europa della planimetria dello stabilimento industriale ed in ordine all’esecuzione in contraddittorio del sopralluogo”.

8.1.3. La norma indicata dal ricorrente.

Il ricorrente indica, come norma fondante il suo motivo d’impugnazione, quella secondo cui la sentenza dev’essere validamente motivata.

8.2.1. La valutazione della Corte del quarto motivo d’impugnazione.

Il motivo è inammissibile per inosservanza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, perchè non si riproducono testualmente quelle parti degli atti processuali ritenute rilevanti per la fondatezza dell’ipotesi avanzata, cosicchè la Corte, che non può accedere agli atti di causa, non è posta in condizione di valutare le ragioni fatte valere dal Comune.

Inoltre, il ricorso è inammissibile anche perchè le argomentazioni addotte a suo sostegno attengono ai fatti di causa, il cui accertamento spetta esclusivamente al giudice di merito e il cui operato è censurato con la proposizione cumulativa di tutti i possibili vizi di motivazione della sentenza d’appello. Alla loro prospettazione in sequenza nella rubrica del motivo, tuttavia, non si accompagna alcuna specifica censura dell’omessa motivazione, perchè sul punto controverso una motivazione è stata data dalla CTR (p.3.b)), cosicchè il primo submotivo è infondato. L’annunciata insufficienza della motivazione così come la contraddittorietà della motivazione, poi, non sono in alcun modo argomentate, onde i due submotivi sono privi di motivazione.

Infine, nella rubrica si preannuncia un travisamento dei fatti, che, a parte la mancanza di qualsiasi argomentazione di sostegno, configura un errore di fatto, il quale avrebbe dovuto essere contestato con lo strumento revocatorio.

8.2.2. Conclusioni sul quarto motivo d’impugnazione.

In conclusione, il quarto motivo d’impugnazione è in parte infondato e in parte inammissibile.

9. Il quinto motivo d’impugnazione.

9.1. La censura del ricorrente.

9.1.1. La rubrica del quinto motivo d’impugnazione.

Il quinto motivo d’impugnazione è presentato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.. Art. 360 c.p.c., n. 3”.

9.1.2. La motivazione addotta a sostegno del quinto motivo d’impugnazione.

A sostegno del quinto motivo il ricorrente formula la seguente motivazione: “Il giudice di secondo grado, confermando la sentenza della Commissione Tributaria provinciale, ha reiterato l’errore in cui quest’ultima è incorsa nella sentenza di primo grado, laddove ha ritenuto provati gli assunti della ricorrente Polimeri Europa per il fatto che le sue affermazioni non sono state smentite dal Comune …

rimasto contumace in primo grado. Invero nell’ordinamento italiano non esiste una norma che impone di confutare ogni affermazione della controparte nè che esoneri dall’onere della prova per il fatto che la parte convenuta sia rimasta contumace. Esiste, al contrario il principio che, per potersi ritenere pacifici dei fatti, questi devono essere dalla controparte o espressamente ammessi ovvero deve la loro negazione essere incompatibile con le difese dalla stessa assunte. Va da sè che la contumacia è, dunque, assolutamente ininfluente. La sentenza dei primi Giudici, confermata in appello, ha invece al contrario ritenuto che la contumacia del Comune sia stata affermativa dei fatti solo labialmente indicati dalla controparte”.

9.1.3. La norma indicata dal ricorrente.

II ricorrente indica, come norma fondante il suo motivo d’impugnazione, quella secondo cui principio di non contestazione non esime la parte, che sia interessata ad assumere un fatto come costitutivo della sua pretesa, dall’onere di provarne l’esistenza.

9.2. La valutazione della Corte del quinto motivo d’impugnazione.

Il motivo è inammissibile, non solo perchè, al pari dei motivi precedenti, è formulato senza rispettare il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, ma anche perchè esso è privo di rilevanza. Infatti, la norma ipotizzata dal ricorrente, che è esistente nell’ordinamento e che in materia di Tarsu si specifica nel senso che incombe sul contribuente l’onere di provare che parte della superficie disponibile è esente dalla tassa, è inapplicabile alla categoria cui appartiene la fattispecie qui controversa, perchè il Comune muove dal presupposto di fatto, errato, che la CTR abbia giudicato degli stessi fatti di prova valutati dalla CTP, mentre il giudice d’appello si è espresso sulle prove fornite in secondo grado.

10. Il sesto motivo d’impugnazione.

10.1. La censura del ricorrente.

10.1.1. La rubrica del sesto motivo d’impugnazione.

Il sesto motivo d’impugnazione è così rubricato: “Violazione del Capo 3^ D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (art. 62), del D.P.R. n. 512 del 1982, art. 62, comma 4, n. 1. Art. 360 c.p.c., n. 3”.

10.1.2. La motivazione addotta a sostegno del sesto motivo d’impugnazione.

Il Comune sostiene il suo motivo con le seguenti argomentazioni:

“L’estensione delle superfici tassate risulta dalla rituale rilevazione in atti … . A ben vedere, anche il tipo di attività sulle stesse esercitate coincide sia nella rilevazione che nella elencazione del predetto ricorso in primo grado. Ciò che differisce è, all’evidenza, la conseguenza di tale utilizzo, ovverosia se è idoneo a produrre rifiuti e se tali rifiuti sono tassabili. La tassa richiesta, per gli anni in questione, è regolata dalle norme di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, dall’art. 58 all’art. 81. Ne deriva che sono escluse dalla tassazione solo le aree dove effettivamente si producono rifiuti speciali, e che non sussiste alcuna applicabile disposizione di legge che sancisca che TUTTI i rifiuti prodotti nell’ambito di una attività industriale, siano speciali. Il D.P.R. n. 512 del 1982, art. 2, comma 4, n. 1 è esplicito nel disporre che sono rifiuti speciali “i residui derivanti da lavorazioni industriali”. Non, dunque, tutti quelli che si producono, ma solo i residui delle lavorazioni industriali. Ovverosia gli scarti della produzione … . E’ ovvio che, avendo riferimento la tassa in questione ai locali in cui tali rifiuti possono prodursi, questi devono individuarsi esclusivamente nei laboratori produttivi. Orbene, dalla stessa elencazione fatta nel ricorso in primo grado dalla odierna intimata, rimane confermata, in tutti i locali indicati, da un lato la presenza dell’uomo e dall’altro che non si tratta di laboratori produttivi … attesa la dimostrazione da ritenersi pacifica … della estensione delle superfici occupate dalla intimata e dell’attività nelle stesse svolte, correttamente il Comune intimante ha provveduto a sottoporle a tassazione, rimanendo onere della intimata in via di eccezione, dare prova che nelle stesse superfici fosse svolta effettivamente l’attività produttiva idonea a determinare solo la produzione di rifiuti speciali quali residui di lavorazioni industriali ovvero che per natura e destinazione non vi si producessero rifiuti, e in quest’ultimo caso di averne fatta debita denuncia. L’intimata invece, pone le sue difese limitandosi a sostenere che mq. 9748 costituiscono sale di lavorazione e pertanto stante l’attività industriale svoltavi, esenti da tassazione, omettendo di dare la prova che l’attività svoltavi sia idonea a determinare esclusivamente la formazione di residui da lavorazioni industriali, e con ciò non superando la presunzione stabilita dall’art. 62, comma 1 che sono soggette a tassazione tutti i “…

locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibite …””.

10.2. La valutazione della Corte del sesto motivo d’impugnazione.

Il motivo è inammissibile, perchè tutte le argomentazioni attengono a fatti di causa, di cui non esiste menzione nella sentenza impugnata, cosicchè è evidente che il ricorrente mira ad ottenere dalla Corte un nuovo accertamento dei fatti di causa e una nuova valutazione dei mezzi per la loro prova, che spettano esclusivamente al giudice di merito e che la Corte non è, comunque, in grado di effettuare, perchè non può accedere agli atti di causa.

11. Il settimo motivo d’impugnazione.

11.1. La censura del ricorrente.

11.1.1. La rubrica del settimo motivo d’impugnazione.

Il settimo motivo, che è proposto in via subordinata, è presentato sotto la seguente rubrica: “Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 59. Art. 360 c.p.c., n. 3”.

11.1.2. La motivazione addotta a sostegno del settimo motivo d’impugnazione.

A suo favore così si argomenta: “In virtù del predetto articolo, in ogni caso in cui il servizio di raccolta, sebbene istituito, non è svolto nella zona ove si trova l’immobile tassato ovvero è svolto con modalità non regolari, la tassa è ugualmente dovuta sebbene in misura non superiore al 40% della tariffa. Pertanto in ogni caso i Giudici di merito pur qualora avessero ritenuto che il servizio di raccolta non fosse svolto, ugualmente avrebbero dovuto ritenere applicabile la tassa sebbene con la predetta limitazione”.

11.2. La valutazione della Corte del settimo motivo d’impugnazione.

Il motivo è inammissibile, anzitutto, perchè esso non è redatto nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione; infatti, non vi si riproducono testualmente quelle parti dell’atto d’appello, dalle quali risulti se e con quale impostazione la questione della misura della Tarsu sia stata sottoposta alla CTR. Inoltre, dal momento che nella sentenza d’appello non figura alcun riferimento alla questione, essa, in mancanza di idonea prospettazione in sede d’impugnazione, si presenta come nuova.

12. Conclusioni.

12.1. Sul ricorso.

Le precedenti valutazioni comportano il rigetto del ricorso.

12.2. Sulle spese processuali.

Poichè il controricorso della Società è inammissibile per tardività nulla deve disporsi sulle spese processuali relative al giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2010

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