Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 372 del 10/01/2017

Cassazione civile, sez. VI, 10/01/2017, (ud. 03/11/2016, dep.10/01/2017),  n. 372

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27684/2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, 11210661002, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FORNOVO 3,

presso lo studio dell’avvocato GUIDO DE SANTIS, rappresentato e

difeso dall’avvocato LUISA TOSI, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 86/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di BOLOGNA, depositata il 09/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO;

udito l’Avvocato Luisa Tosi difensore del controricorrente che si

riporta ai motivi scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c. e dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 86/19/12, depositata il 9 ottobre 2012, non notificata, la CTR dell’Emilia – Romagna ha rigettato l’appello proposto nei confronti del Geom. C.C. dall’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Reggio Emilia, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Reggio Emilia, che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso il silenzio – rifiuto dell’Ufficio sull’istanza di rimborso che il C. aveva presentato per l’Irap versata per gli anni dal 2002 al 2006.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

L’intimato resiste con controricorso.

Con il primo motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2 comma 1 e art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la sussistenza del presupposto impositivo dell’autonoma organizzazione riguardo all’attività svolta dal professionista, geometra, pur essendo stata evidenziata, agli atti di causa, la disponibilità da parte del professionista di tre studi in diverse località e l’effettuazione di compensi a terzi anche con riferimento a personale dipendente.

Con il secondo motivo la ricorrente Agenzia delle Entrate denuncia insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando che la pronuncia impugnata non ha spiegato la ragione per la quale il valore dei beni strumentali e delle spese per collaboratori sia stata ritenuta di irrilevante entità ai fini dell’esercizio dell’attività professionale svolta dal contribuente.

Con il terzo motivo la ricorrente denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avendo la sentenza impugnata totalmente trascurato di considerare, ai fini della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, le circostanze relative all’esistenza di spese per collaboratori e per lo studio personale e polifunzionale ed alla qualità di associato in capo al contribuente.

Va osservato che la CTR, nel confermare la decisione espressa dal giudice di primo grado, ha ritenuto che i compensi a terzi negli importi precisati di Euro 1377,00 nel 2003 e di Euro 867,00 nel 2004, oltre a spese nell’importo di Euro 5500,00 per personale dipendente (non è contestato in fatto trattarsi di un praticante) per il solo 2006 e l’utilizzo di beni strumentali, rivestano nella fattispecie in esame “una rilevanza miniale”, a ciò facendo conseguire l’insussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione come presupposto impositivo del tributo in oggetto.

Ritiene il collegio di non poter condividere le conclusioni di cui alla relazione depositata in atti ex art. 380 bis c.p.c., dovendo procedersi all’esame dei motivi di ricorso in ordine inverso rispetto a quello ivi prospettato.

Invero, nell’ambito dell’esame del primo motivo come sopra sintetizzato, deve rilevarsi che l’accertamento come compiuto dal giudice di merito non ha colto un ulteriore profilo, che non ha costituito oggetto di contestazione tra le parti, che è quello inerente alla disponibilità da parte del professionista, anche in associazione, di tre studi in diverse località.

Ciò posto, deve ritenersi che – diversamente da quanto prospettato nella relazione in punto d’incensurabilità, sotto il profilo del pur dedotto vizio motivazionale di cui al secondo e terzo motivo da parte dell’Amministrazione, accertamento di fatto compiuto dal giudice di merito – il primo motivo colga effettivamente, in relazione al parametro di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, un profilo di falsa applicazione del principio di diritto affermato dalla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte 10 maggio 2016, n. 9451, secondo cui il requisito dell’autonoma organizzazione di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, quale presupposto impositivo dell’Irap, ricorre quando il contribuente: “a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi mansioni di segretaria ovvero meramente esecutive”. Nell’omissione del rilievo della disponibilità di ben tre studi professionali da parte del contribuente la pronuncia impugnata incorre, dunque, in falsa applicazione del succitato principio di diritto, per errata sussunzione nel minimo strutturale di legge, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, comma 1 e art. 3, ai fini della sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione quale presupposto impositivo dell’Irap, così come interpretato dalla citata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte, nonchè, con riferimento al profilo dello svolgimento dell’attività in forma associata, da Cass. sez. unite 14 aprile 2016, n. 7371.

Il ricorso deve essere pertanto accolto in relazione al primo motivo, assorbiti gli altri e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., con rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

La sopravvenienza della citata pronuncia in pendenza del giudizio di legittimità giustifica la compensazione tra le parti delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso in relazione al primo motivo, assorbiti il secondo ed il terzo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente.

Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2017

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