Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3719 del 14/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/02/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 14/02/2020), n.3719

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 20799 del ruolo generale dell’anno

2018, proposto da:

REGIONE BASILICATA, (P.I.: (OMISSIS)), in persona del Presidente

della Giunta Regionale, legale rappresentante pro tempore

rappresentato e difeso dall’avvocato Maddalena Bruno (C.F.: BRN MDL

62S53 F052U);

– ricorrente –

nei confronti di:

G.F., (C.F.: (OMISSIS));

V.M.I., (C.F.: (OMISSIS));

G.C., (C.F.: (OMISSIS));

G.L.T., (C.F.: (OMISSIS));

G.S., (C.F.: (OMISSIS));

rappresentato e difeso dall’avvocato Roberto De Paola (C.F.: DPL RRT

49603 A399C);

– controricorrenti –

nonchè

GESTIONE LIQUIDATORIA DELL’AZIENDA SANITARIA U.S.L. N. (OMISSIS) DI

(OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Potenza n.

478/2018, pubblicata in data 11 maggio 2018;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 24 ottobre 2019 dal consigliere Augusto Tatangelo.

Fatto

RILEVATO

che:

G.F., G.C., G.L.T. e G.S., nonchè V.M.I., in base ad un titolo di formazione giudiziale, hanno promosso l’esecuzione forzata nei confronti della Gestione Liquidatoria dell’Azienda Sanitaria U.S.L. n. (OMISSIS) di (OMISSIS), pignorando i crediti di questa nei confronti della Regione Basilicata. Resa la dichiarazione di quantità, il giudice dell’esecuzione ha proceduto all’assegnazione delle somme pignorate.

La Regione Basilicata ha proposto opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione, ai sensi dell’art. 617 c.p.c..

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Potenza.

Ricorre la Regione Basilicata, sulla base di un unico motivo. Resistono con controricorso i G. e la V..

Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’altro ente intimato.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2.

Il Collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RITENUTO

che:

1. Non può prendersi in considerazione la memoria (connota spese allegata) inviata dai controricorrenti a mezzo posta (cfr. in proposito Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8835 del 10/04/2018, Rv. 648717 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 7704 del 19/04/2016, Rv. 639477 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 182 del 04/01/2011, Rv. 616374 – 01: “l’art. 134 disp. att. c.p.c., comma 5, a norma del quale il deposito del ricorso e del controricorso, nei casi in cui sono spediti a mezzo posta, si ha per avvenuto nel giorno della spedizione, non è applicabile per analogia al deposito della memoria, perchè il deposito di quest’ultima è esclusivamente diretto ad assicurare al giudice ed alle altre parti la possibilità di prendere cognizione dell’atto con il congruo anticipo – rispetto alla udienza di discussione ritenuto necessario dal legislatore, e che l’applicazione del citato art. 134, finirebbe con il ridurre, se non con l’annullare, con lesione del diritto di difesa delle controparti”) e, di conseguenza, le argomentazioni in essa contenute.

2. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia “Violazione (o falsa applicazione) dell’art. 617, – “Forma dell’opposizione”, comma 11, e art. 618 c.p.c., – “Provvedimenti del giudice dell’esecuzione” (ex art. 360 c.p.c., n. 3), in relazione all’art. 112 c.p.c., “Corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato””.

Secondo l’ente ricorrente, la propria dichiarazione resa al giudice dell’esecuzione, quale terzo pignorato, era di contenuto negativo mentre il giudice la avrebbe invece valutata come positiva, procedendo sulla base di questa errata interpretazione, all’assegnazione delle somme pignorate. Precisa che a fondamento dell’opposizione agli atti esecutivi aveva dedotto proprio tale erronea interpretazione della dichiarazione di quantità e sostiene che il giudice del merito dell’opposizione non aveva preso in considerazione tale censura, ma aveva invece ritenuto di procedere direttamente all’accertamento della sussistenza del credito pignorato, questione che esulava dall’oggetto del giudizio.

Il ricorso è inammissibile.

Nella sentenza impugnata si dà in verità espressamente atto del fatto che la regione aveva reso una dichiarazione di quantità negativa e si afferma che il giudice dell’esecuzione aveva invece ritenuto la sussistenza del credito pignorato.

Il pignoramento risulta notificato in data 31 dicembre 2013 (lo afferma la stessa ricorrente alla pag. 1 del ricorso), onde nella fattispecie era applicabile l’art. 549 c.p.c., nella formulazione introdotta con la L. 24 dicembre 2012, n. 228, per cui “se sulla dichiarazione sorgono contestazioni, il giudice dell’esecuzione le risolve, compiuti i necessari accertamenti, con ordinanza. L’ordinanza produce effetti ai fini del procedimento in corso e dell’esecuzione fondata sul provvedimento di assegnazione ed è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’art. 617”.

Secondo la ricorrente, il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza impugnata, non avrebbe in realtà risolto le contestazioni insorte sulla dichiarazione di quantità, in applicazione della disposizione appena richiamata, come evidentemente ritenuto dal tribunale, ma avrebbe semplicemente (ed erroneamente) ritenuto la dichiarazione di contenuto positivo.

Nel ricorso non è però specificamente richiamato (in via diretta, mediante riproduzione della parte rilevante dell’atto, ovvero in via indiretta, mediante la precisa individuazione della suddetta parte rilevante, in relazione all’atto precisamente localizzato nell’ambito del fascicolo processuale) il contenuto della dichiarazione di quantità, quello delle contestazioni eventualmente insorte in ordine alla stessa nel corso del procedimento esecutivo e, soprattutto, il contenuto dell’ordinanza del giudice dell’esecuzione (di cui è precisata la localizzazione nell’ambito del fascicolo processuale, ma non è individuata la parte rilevante del suo contenuto, che dovrebbe costituire sostegno delle allegazioni di parte ricorrente), in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Ciò non consente alla Corte di verificare se sia nel merito fondato o meno l’assunto posto alla base del ricorso stesso, e cioè che la valutazione del giudice dell’esecuzione non sia stata diretta a risolvere le contestazioni insorte in ordine alla dichiarazione di quantità, in conformità alla formulazione all’epoca vigente dell’art. 549 c.p.c., e, quindi, anche ad accertare l’eventuale sussistenza del credito oggetto del pignoramento, ma esclusivamente a valutare se la dichiarazione di quantità fosse stata di segno positivo o negativo. La Corte dovrebbe ricercare ciò potrebbe supportare la censure svolta, così integrando il motivo.

Neanche le argomentazioni contenute nella memoria depositata dalla regione ricorrente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 2, (che peraltro sarebbero sotto tale profilo inevitabilmente tardive) consentono d’altra parte di superare l’indicato difetto di specificità delle censure mosse avverso la decisione impugnata.

3. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Per le spese del giudizio di cassazione si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna la regione ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità in favore dei controricorrenti, liquidandole in complessivi Euro 8.700,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dell’ente ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del cit. art. 13, comma 1-bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2020

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