Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3717 del 25/02/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 3717 Anno 2016
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 20932-2010 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2015
contro

4634

BINI
r

PAOLO C.E.

BNIPLA48C06E625S,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio

dell’avvocato

SERGIO

VACIRCA,

che

lo

Data pubblicazione: 25/02/2016

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO
LALLI, giusta delega in atti;
tr

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1203/2009 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 30/09/2009 R.G.N.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/12/2015 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato BUTTAFOCO ANNA per delega verbale
Avvocato PESSI ROBERTO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

71/2007;

R.G. n. 20932/10
Ud. 2 dic. 2015

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 30
settembre 2009, in riforma della pronuncia di rigetto di primo grado,
ha dichiarato la nullità del termine apposto al contratto stipulato tra
Poste Italiane s.p.a. e Bini Paolo e la sussistenza di un rapporto a
tempo indeterminato sin dalla data della stipula dello stesso,
disponendo la riammissione in servizio del lavoratore e la condanna
della società al pagamento delle retribuzioni maturate a decorrere
dalla data di messa in mora sino all’effettivo ripristino del rapporto.
Il contratto era stato stipulato dal 2 settembre 2002 al 30
settembre 2002 “per esigenze tecniche, organizzative e produttive,
anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di
riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale
riposizionamento di risorse nel territorio, anche derivanti da
innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti alla introduzione e/o
sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonché alla
attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre
2001, 11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002,
congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il
personale nel periodo estivo”.
La Corte anzidetta ha osservato che il contratto individuale
conteneva, a sostegno dell’assunzione, una pluralità di previsioni
generalissime che non trovavano sul piano formale una chiara
giustificazione; che la società non aveva indicato in modo
circostanziato i nominativi dei personale che il lavoratore avrebbe
dovuto sostituire; che risultavano dunque violate “le esigenze
minime di trasparenza e di immodificabilità che il d. Igs. n. 368 citato
ha lasciato inalterate”; che, anche a voler ritenere ammissibile la
“molteplicità di motivazioni” indicate nel contratto, il richiamo da

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

2

parte della società agli accordi del 2001 e del 2002 era scarsamente
conferente e non assolveva agli obblighi di trasparenza.
Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la società
sulla base di cinque motivi. Il lavoratore resiste con controricorso. Le
parti hanno depositato memorie ex art. 378 cod. proc. civ.
MOTIVI DELLA DECISIONE

falsa applicazione dell’art. 1 D. Lgs. n. 368 del 2001, deduce che la
Corte territoriale, nel ritenere generica la causale apposta al
contratto, non ha tenuto conto che le esigenze di carattere tecnico,
organizzativo e produttivo erano state specificate nella lettera di
assunzione con il richiamo, oltre che alle esigenze previste dall’art.
25 CCNL del 1001, anche ad una serie di accordi collettivi del 2001 e
del 2002, che consentivano di rilevare con sufficiente chiarezza e
precisione la causale della temporanea assunzione. Con tali accordi si
dava atto delle specifiche necessità del settore recapito, rimasto
carente durante la realizzazione dei processi volti a ridurre le
eccedenze di organico, nonché dei processi di mobilità ancora in
corso. La “convalida” di dette esigenze da parte delle organizzazioni
sindacali, all’esito dell’esame delle complessiva ristrutturazione
dell’Ente, costituiva idonea garanzia contro ogni arbitrarietà del
datore di lavoro e assicurava la razionalità del ricorso alle assunzioni
a termine, senza che fosse necessaria per ogni singola assunzione
dimostrare le ragioni ad essa sottese.
2. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione
e falsa applicazione degli artt. 11 e 15 delle disposizioni sulla legge in
generale e 136 Cost., critica la sentenza impugnata per avere
ritenuto che fosse necessaria l’indicazione dei lavoratori da sostituire.
Rileva che esistono fattispecie complesse – come quella in esame in cui tale indicazione, e soprattutto la data di inizio dell’assenza e
della durata complessiva della stessa, sono impossibili. In questi casi
è sufficiente che la “indicazione” avvenga attraverso altri elementi
identificativi, purchè chiari ed inequivoci che consentano comunque
al lavoratore e al giudice di verificare e controllare la veridicità della
causale apposta al contratto.

1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e

3.

Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa

applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nonché omessa, insufficiente

o contraddittoria motivazione, la ricorrente rileva che, diversamente
da quanto ritenuto dalla Corte di merito, i capitoli di prova dalla
stessa dedotti non erano generici né ininfluenti. Peraltro, aggiunge,
le ragioni che avevano giustificato l’assunzione erano state dimostrate.

4. Con il quarto motivo la ricorrente, denunciando violazione e
falsa applicazione di norme di diritto nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, deduce che la nullità della clausola
apposta al contratto non poteva giustificare la trasformazione del
rapporto in rapporto a tempo indeterminato.
Ed infatti, nel silenzio del D. Lgs. n. 368/01, trova applicazione
il principio generale della nullità parziale sancito dall’art. 1419 cod.
civ., con la conseguenza che, essendo incontestabile che la società
non avrebbe stipulato il contratto senza l’apposizione della clausola
contenente il termine, una volta accertata l’illegittimità della stessa
doveva essere dichiarata la nullità dell’intero contratto e non solo
della predetta clausola.
5. Con il quinto motivo la ricorrente, denunciando violazione e
falsa applicazione di norme di diritto nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione, deduce che la Corte di merito ha
riconosciuto alla lavoratrice le retribuzioni a decorrere dalla data di
messa in mora, nonostante non fosse stata fornita la prova dei danni
subiti; che, per il principio di corrispettività delle prestazioni, le
retribuzioni erano dovute solo dalla effettiva ripresa del servizio; che
l’offerta della prestazione lavorativa non poteva essere identificata
con la richiesta del tentativo obbligatorio di conciliazione; che dalla
somma riconosciuta a titolo di risarcimento del danno doveva essere
detratto “l’aliunde perceptum”.
6. I primi due motivi, che per ragioni di connessione vanno
esaminati congiuntamente, sono fondati.
Il decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, recante
l’attuazione della direttiva 1999/70 CE, relativa all’accordo quadro sul
lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dai CEP e dal CES,
costituisce la nuova fonte regolatrice del contratto di lavoro a tempo

attraverso la copiosa documentazione prodotta in primo grado.

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costituisc_e_ _0,Am:i-ma—fonte regolatrFicelel contratto di layorcràt-empo
determinato, in sostituzione della L. 18 aprile 1962, n. 230 e della
successiva legislazione integrativa.
Il legislatore nazionale, nell’adempiere al suo obbligo
comunitario, ha emanato il predetto decreto legislativo, che, all’art. 1
prevede che l’apposizione di un termine alla durata del contratto di

tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo e che l’apposizione del
termine è priva di effetto se non risulta, direttamente o
indirettamente, da atto scritto nel quale sono specificate dette
ragioni.
Contestualmente ai recepimento dell’accordo-quadro il decreto
legislativo n. 368/01 ha disposto, dalla data di entrata in vigore (24
ottobre 2001) l’abrogazione della L. 18 aprile 1962, n. 230, della L.
25 marzo 1983, n. 79, art. 8 bis, della L. 28 febbraio 1987, n. 56,
art. 23, e di tutte le disposizioni di legge incompatibili (art. 11,
comma 1).
Il quadro normativo che emerge è, dunque, caratterizzato
dall’abbandono dei sistema rigido previsto dalla L. n. 230 del 1962 e
dall’introduzione di un sistema articolato per clausole generali, in cui
l’apposizione del termine è consentita a fronte “di ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”.
Tale sistema, al fine di non cadere nella genericità, impone un
fondamentale criterio di razionalizzazione costituito dal già rilevato
obbligo per il datore di lavoro di adottare l’atto scritto e di
“specificare” in esso le ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo adottate.
L’onere di “specificazione” nell’atto scritto costituisce una
perimetrazione della facoltà riconosciuta all’imprenditore di far
ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato per soddisfare una
vasta gamma di esigenze aziendali (di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o aziendale), a prescindere da fattispecie
predeterminate. Tale onere ha lo scopo di evitare l’uso indiscriminato
dell’istituto per fini solo nominalmente riconducibili alle esigenze
riconosciute dalla legge, imponendo la riconoscibilità della
motivazione addotta già nel momento della stipula del contratto.

lavoro subordinato è consentita a fronte di ragioni di carattere

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I.

D’altro canto il venir meno del sistema delle fattispecie legittimanti
impone che il concetto di specificità sia collegato a situazioni
aziendali non più standardizzate ma obiettive, con riferimento alle
realtà in cui il contratto viene ad essere calato (v. Cass. 1 febbraio
2010 n. 2279).
Non è sufficiente, dunque, a qualificare le ragioni per le quali è

produttive ed organizzative, essendo necessaria che di tali esigenze
si “specifichi” congruamente la natura.
La già richiamata giurisprudenza (sentenza n. 2279 del 2010
ed altre che l’hanno seguita), privilegiando la scelta del legislatore
Europeo di ampliare la considerazione delle fattispecie legittimanti
l’apposizione del termine, ha concesso tuttavia un’importante
apertura, ritenendo possibile che la specificazione delle ragioni
giustificatrici risulti dall’atto scritto non solo per indicazione diretta,
ma anche per relationem, ove le parti abbiano richiamato nel
contratto di lavoro testi scritti che prendono in esame
l’organizzazione aziendale e ne analizzano le complesse tematiche
operative.
È quanto nella sostanza la ricorrente sottolinea essere
avvenuto nel caso di specie, in cui l’atto scritto di assunzione, dopo
alcuni generici riferimenti ai processi di riorganizzazione aziendale,
concretizza le “esigenze tecniche, organizzative e produttive” nella

“attuazione delle previsioni di cui agli accordi 17, 18 e 23 ottobre
2001, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, 13 febbraio e 17 aprile
2002”, facendo altresì riferimento “alla necessità di espletamento del
servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente
dovute a tutto il personale nel periodo estivo”.
Da tali accordi, che costituiscono un momento di esame
comune delle parti sindacali delle esigenze organizzative, si desume,
secondo la ricorrente, l’esistenza di processi di mobilità
introaziendale che legittimerebbero il ricorso alle assunzioni a
termine, quale momento di riequilibrio territoriale e funzionale delle
risorse umane. Inoltre, anche il requisito della “indicazione” dei
lavoratori da sostituire e della causa della sostituzione sarebbe stato
soddisfatto, a prescindere dalla individuazione delle persone, poiché

/Y`k

stata disposta l’assunzione a termine la mera indicazione di esigenze

6

tale “indicazione” non deve necessariamente avvenire con la
specificazione del nominativo dei singoli lavoratori da sostituire,
potendo risultare integrata da ulteriori elementi risultanti dagli atti.
Nella specie la Corte territoriale, nel dare atto dell’intervento
del D. Lgs. n. 368 del 2001, ha ritenuto generiche le motivazioni
addotte a giustificazione del contratto, senza procedere alla

metodologia sopra indicata.
La giurisprudenza di questa Corte ha, invece, ritenuto
necessario che – di fronte ad una complessa enunciazione delle
ragioni adottate a legittimazione dell’apposizione del termine l’esame del giudice di merito deve estendersi a tutti gli elementi di
specificazione emergenti dal contratto allo scopo di acclararne
l’effettiva sussistenza, ivi riconnprendendo l’analisi degli accordi
collettivi sopra indicati (cfr. Cass. 2279/10; Cass. 10033/10; Cass. 71s^-7
343/15).
Essendosi la Corte di appello sottratta a questo compito, la
censura è fondata e comporta l’accoglimento dei primi due motivi di
ricorso, nei limiti più sopra precisati.
Accolti i primi due motivi, ed assorbiti gli altri, la sentenza
impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato in
dispositivo per un nuovo esame della causa.
Tale esame, tenuto conto che l’onere di provare le ragioni
obiettive poste a giustificazione della clausola appositiva del termine
grava sul datare di lavoro e deve essere assolto sulla base delle
istanze istruttorie dallo stesso formulate (v. Cass. n. 2279/10 cit.),
dovrà articolarsi nella previa valutazione della esistenza o meno del
grado di specificazione richiesto dalla legge – tenendo conto di tutti
gli elementi di valutazione sopra evidenziati – e, in caso di positivo
accertamento, nella successiva verifica dell’effettiva ricorrenza nel
caso concreto degli elementi di fatto che danno corpo alla ragioni di
assunzione per come sopra specificate.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente
giudizio di legittimità.
P.Q.M.

valutazione del grado di specificità delle ragioni indicate secondo la

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La Corte accoglie i primi due motivi del ricorso e dichiara assorbiti gli
altri; cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e
rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa
composizione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 dicembre 2015.

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