Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3717 del 14/02/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3717 Anno 2013
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: BERTUZZI MARIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Crescini Gennaro e Balzani Elena, rappresentati e difesi per procura a margine
del ricorso dagli Avvocati Fabio Boem e Franco Canini, elettivamente
domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Roma, piazza Cola di Rienzo n.
92.

Ricorrenti
contro

Patrimonia s.a., con sede in Svizzera, in persona del legale rappresentante sig.
Antonio Ventura, rappresentata e difesa per procura in calce al controricorso
dall’Avvocato Alberto Ferrarese, elettivamente domiciliata presso lo studio
dell’Avvocato Daniele Manca Bitti in Roma, via Luigi Luciani n. 1

Controricorrente
avverso la sentenza n. 855 della Corte di appello di Brescia, depositata il 19
ottobre 2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18 gennaio 2013
dal consigliere relatore dott. Mario Bertuzzi;
udite le difese svolte dall’Avv. Fabio Boem per i ricorrenti e dall’Avv. Daniele
Manca Bitti per la società resistente;

33/13

1

Data pubblicazione: 14/02/2013

R.G. N. 73/09.
udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Rosario Giovanni Russo, che ha chiesto l’accoglimento del primo e del
secondo motivo del ricorso, il rigetto del quarto, assorbito il terzo.

Svolgimento del processo
Con atto notificato nel dicembre 1995 la s.a. Patrimonia, premesso di avere

danti causa veniva riconosciuto all’edificio l’accesso carraio dalla via della
Croce in comune con terzi, convenne in giudizio Crescini Gennaro e Balzani
Elena, proprietari dell’immobile confinante, chiedendone la condanna, ”
previe tutte le declaratorie del caso “, a lasciare libero l’ingresso comune, che
essi ostacolavano parcheggiando i propri autoveicoli, nonché al risarcimento
del danno.
I convenuti si opposero alla domanda eccependo la prescrizione del diritto
fatto valere dalla società attrice, causa il mancato uso ultraventennale da parte
dei suoi danti causa, e concludendo nel merito per il suo rigetto.
Con sentenza del 2004 il Tribunale di Brescia dichiarò la proprietà dell’attrice
e dei terzi interessati, esclusi i convenuti, dell’ingresso carraio e del cortile
interno posto dopo il portico, condannando Crescini e Balzani a lasciare libero
il portico ed a non ostacolare il passaggio; rigettò invece la domanda di
risarcimento dei danni avanzata dalla società.
Interposto gravame, con sentenza n. 855 del 19 ottobre 2007 la Corte di
appello di Brescia confermò la decisione impugnata, affermando, per quanto
qui ancora interessa, che il giudice di primo grado, nel dichiarare la proprietà
dell’ingresso e del cortile in favore della società istante, non era incorso in
vizio di ultrapetizione, atteso che la domanda dalla stessa avanzata era diretta
a tutelare il godimento dei predetti beni ed era stata espressamente avanzata
con la richiesta al giudice di adottare ” tutte le declaratorie del caso “, sicché
la pretesa doveva ritenersi comprensiva anche del riconoscimento della
comproprietà dei predetti beni immobili; che le risultanze documentali dedotte
dalla società attrice a sostegno del proprio diritto non erano state validamente
contrastate dalla controparte; che correttamente il Tribunale aveva
condannato, in applicazione del principio di soccombenza, i convenuti alla
rifusione delle spese di giudizio e, infine, che l’eccezione di nullità del

acquistato un immobile in Comune di Gussano e che in un atto dei precedenti

R.G. N. 73/09.
mandato alle liti rilasciato in primo grado dalla società attrice per omessa
indicazione del soggetto che aveva rilasciato la procura era tardiva, non
essendo stata formulata tempestivamente con la prima risposta successiva.
Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 3 dicembre 2008,
ricorrono Crescini Gennaro e Balzani Elena, affidandosi a quattro motivi,
illustrati anche da memoria.
La s.a. Patrimoniale resiste con controricorso.

per l’acquisizione dei fascicoli d’ufficio dei giudizi di merito.

Motivi della decisione
Va per primo esaminato il quarto motivo di ricorso, che investe una questione
giuridicamente preliminare all’esame degli altri motivi.
Con questo mezzo i ricorrenti denunziano violazione degli artt. 83 cod. proc.
civ., dell’art. 16 delle preleggi e dell’art. 2697 cod. civ., assumendo che la Corte
bresciana avrebbe dovuto dichiarare la nullità della procura alle liti rilasciata in
primo grado dalla società atrice, non risultando nel relativo atto specificati né il
luogo del suo rilascio né la fonte dei poteri di colui che l’aveva sottoscritta. Si
aggiunge che la società istante, in quanto di diritto svizzero, avrebbe inoltre
dovuto dimostrare la sussistenza delle condizioni di reciprocità tra i due Paesi
richiesta dall’art. 16 delle preleggi.
Il mezzo è infondato.
La prima censura va disattesa in quanto la procura alle liti, che risulta apposta a
margine dell’atto di citazione della società Patrimonia, è sottoscritta con firma
leggibile da soggetto che nell’intestazione dell’atto è qualificato amministratore
unico della predetta società, sicché dallo stesso atto, complessivamente
considerato, emerge che essa è stata rilasciata dal legale rappresentante della
società. Diversamente da quanto implicitamente ritenuto nel ricorso,
l’apposizione della procura a margine dell’atto giudiziale permette infatti al
giudice di tenere conto, ai fini della sua valutazione, delle indicazioni contenute
nell’atto 414 cui accede. Ne deriva che, come questa Corte ha già statuito, la
circostanza che la persona fisica titolare della rappresentanza della società che
agisce in giudizio abbia, nel sottoscrivere la procura a margine della cita7ione,
omesso di menzionare la sua qualità di rappresentante, non è causa d’invalidità
della procura stessa, ove del potere rappresentativo sia stata fatta menzione nelle
3

Con ordinanza del 2 settembre 2011 la trattazione della causa è stata rinviata

R.G. N. 73/09.
premesse dell’atto introduttivo ( Cass. n. 27340 del 2011; Cass. 13018 del
2006).
Priva di pregio è anche la contestazione in ordine alla mancata indicazione del
luogo di rilascio della procura, non avendo la parte indicato nessun elemento di
fatto che consenta di ritenere che la procura sia stata rilasciata all’estero, non
potendo certo a tal fine valere la sola circostanza che la società rappresentata
abbia sede fuori dal territorio italiano, che è palesemente inidonea a superare la

esercente in Italia, sia stata rilasciata ed autenticata nel territorio dello Stato (
Cass. n. 5840 del 2007; Cass. n. 10485 del 2001 ).
In tale ultima considerazione risulta assorbita anche la doglianza che contesta
l’invalidità della procura alle liti in difetto di dimostrazione delle condizioni di
reciprocità tra Svizzera ed Italia, atteso che essa si fonda sulla circostanza,
rimasta indimostrata, che la procura sia stata rilasciata all’estero.
Passando all’esame del primo motivo di ricorso, esso, denunziando violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., censura la sentenza
impugnata per avere riconosciuto in favore della società attrice la comproprietà
del cortile posto in vicinanza al cancello carraio nonostante che nessuna
domanda in tal senso fosse contenuta nell’atto di citazione e nelle conclusioni
successivamente formulate dalla parte, aggiungendo che l’argomento del
giudicante, secondo cui una tale richiesta doveva ritenersi ricompresa
nell’inciso ” previe tutte le declaratorie del caso ” che la controparte aveva
anteposto alla sua richiesta di condanna dei convenuti di lasciare libero il
passaggio, costituisce una mera forzatura interpretativa.
Il mezzo è infondato.
Premesso che la censura denunzia un error in procedendo, per il cui
accertamento questa Corte ha pieno accesso agli atti di causa, la conclusione
accolta dalla Corte di appello appare corretta, una volta considerato che la
società attrice, dopo che nell’atto introduttivo della causa aveva precisato di
agire a tutela della sua proprietà ai sensi dell’art. 949 cod. civ., con ciò
qualificando l’azione proposta come negatorio servitutis, aveva dichiarato, alla
prima udienza del 17 ottobre 1996, replicando all’eccezione di prescrizione
sollevata dalla controparte nella comparsa di risposta, di voler chiedere la tutela
del proprio diritto di comproprietà con terzi del cortile, estendendo in tal modo

presunzione che la procura alle liti, in quanto autenticata da un difensore

R.G. N. 73/09.
espressamente la richiesta di accertamento anche al proprio diritto dominicale
sull’area in cui la controparte esercitava il passaggio. Deve pertanto ritenersi
che, come affermato dalla Corte di appello, che sul punto ha richiamato, sia
pure mediante rinvio a quanto esposto in narrativa, quanto dichiarato dalla
società attrice all’udienza del 17 ottobre 1996, che la domanda di accertamento
della proprietà del cortile sia stata effettivamente e ritualmente formulata dalla
parte istante.

dell’art. 2697 cod. civ., lamenta che Corte di appello abbia dichiarato la
comproprietà in favore della attrice e di terzi del cortile senza esaminare l’atto
con cui gli odierni ricorrenti avevano acquistato in data 25 luglio 2006 la
proprietà del loro immobile, di cui si dava conto anche nella relazione del
consulente tecnico d’ufficio, che aveva pure accertato l’acquisto da parte dei
convenuti del cortile in oggetto.
Il motivo va dichiarato inammissibile per eccessiva genericità, dal momento che
non riproduce né riassume sinteticamente in modo preciso il contenuto dell’atto
di provenienza che sia assume colpevolmente ignorato dalla Corte distrettuale,
né della relazione del consulente tecnico d’ufficio che ne darebbe atto.
Costituisce diritto vivente di questa Corte il principio che il ricorso per
cassazione deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a rappresentare le
ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a
permettere la valutazione della loro fondatezza, con la conseguenza che il
ricorrente che deduca l’omessa considerazione o erronea valutazione da parte
del giudice di merito di risultanze istruttorie ha l’onere di riprodurre esattamente
il contenuto dei documenti e delle prove che si assumono non esaminate, al fine
di consentire alla Corte di valutare la sussistenza e decisività delle stesse, senza
la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi,
ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito ( Cass. n. 17915 del
2010; Cass. n. 18506 del 2006; Cass. n.3004 del 2004).
Il terzo motivo di ricorso denunzia violazione dell’art. 91 cod. proc. civ.,
lamentando la mancata riforma della statuizione di primo grado di condanna alle
spese, adottata nonostante che la società attrice fosse rimasta soccombente in
ordine alla domanda di risarcimento del danno da essa proposta.

Il secondo motivo di ricorso, denunziando violazione e/o falsa applicazione

R.G. N. 73/09.
Il motivo è infondato, in quanto, per giurisprudenza costante di questa Corte, la
violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. in tema di regolamentazione delle spese di
lite è configurabile solo nel caso in cui risulti violato il principio della
soccombenza, fatto riscontrabile laddove la relativa condanna colpisca la parte
totalmente vittoriosa, non anche nell’ipotesi, che è quella in esame, in cui il
giudicante non abbia considerato, ai fini della compensazione, in tutto o in parte
delle spese, il mancato accoglimento di una domanda della parte comunque

del 2002).
In conclusione il ricorso è respinto, con condanna dei ricorrenti, per il principio
di soccombenza, al pagamento delle spese di lite, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese di
giudizio, che liquida in curo 2.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2013.

vittoriosa sulle altre richieste da essa formulate ( Cass. n. 406 del 2008; n. 4201

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