Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3716 del 14/02/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 3716 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 4253-2007 proposto da:
RUFFINt) ELIO

RFFLET45L14A716L,

RUFFINO

DOMENICA

RFEDNC301-194A555P, RUFFINO ESTERINA RFFSRN38D67A555L,
RUFFINO MARCELLA RFFMCL42H59A716L, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA S. ALBERTO MAGNO 9, presso lo
studio dell’avvocato SEVERINI GAETANO, che li
2013
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rappresenta e difende unitamente all’avvocato PRETTE
MARIO;
– ricorrenti contro

RACHINO GIOVANNI;

Data pubblicazione: 14/02/2013

- intimato –

sul ricorso 7710-2007 proposto da:
RACHINO

GIOVANNI

RCHGNN49L25A716G,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TACITO 23, presso lo studio
dell’avvocato MACIOCT CLAUDIO, rappresentato e difeso

– controricorrente ricorrente incidentale nonchè contro

RUFFINO DOMENICA, RUFFINO ESTERINA, RUFFINO ELIO,
RUFFINO MARCELLA;

intimati

avverso la sentenza n. 2078/2005 della CORTE D’APPELLO
di TORINO, depositata il 28/12/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/01/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale e per il rigetto del
ricorso incidentale.

dall’avvocato BRACCO FERNANDO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 14-11-1988 Margherita Ruffino conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale
di Mondovì i nipoti “ex fratre” Elio Ruffino, Domenica Ruffino, Esterina Ruffino e Marcella Ruffino
chiedendo disporsi la divisione dei beni siti in Comune di Battifollo caduti nelle successioni

legge e le disposizioni del testamento olografo di quest’ultima pubblicato il 14-4-1958.

A sostegno della domanda l’attrice asseriva che il 29-3-1957 era deceduto Giovanni Ruffino al
quale ella era succeduta quale erede legittima unitamente al fratello Vincenzo, padre dei
convenuti, e successivamente deceduto; inoltre il 7-3-1958 era deceduta Domenica Barberis, la
quale con il sopra menzionato testamento olografo aveva nominato l’esponente erede con
prelegato, lasciando al figlio Vincenzo Ruffino la sola legittima.

Costituendosi in giudizio i convenuti contestavano il fondamento della domanda attrice,
assumendo che i beni dismessi da Giovanni Ruffino e Domenica Barberis erano stati
amichevolmente divisi tra le parti subito dopo il decesso, e che essi da oltre anni vent’anni erano
pacificamente nel possesso degli appezzamenti di terreno analiticamente indicati; chiedevano il
rigetto della domanda attrice e, in via riconvenzionale, chiedevano l’accertamento in loro favore
della proprietà degli immobili menzionati per intervenuta usucapione.

Successivamente interveniva volontariamente nel processo Giovanni Rachino cui l’attrice aveva
donato con rogito del 21-4-1994 tutti i beni immobili di cui era proprietaria, ivi compresi quelli
acquisiti “iure successionis”, aderendo a tutte le difese di Margherita Ruffino.

Con sentenza non definitiva del 26-3-1999 il Tribunale adito rigettava la domanda di usucapione e
disponeva la divisione dei beni ereditari.

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rispettivamente del padre Giovanni Ruffino e della madre Domenica Barberis secondo le norme di

Con successiva sentenza del 10-1-2003 il Tribunale assegnava i beni in natura secondo le
indicazioni della CTU.

Proposta impugnazione avverso entrambe dette sentenze da parte di Elio Ruffino, Domenica
Ruffino, Esterina Ruffino e Marcella Ruffino cui resisteva il Rachino la Corte di Appello di Torino

compensate tra le parti le spese del giudizio di primo grado, confermando nel resto.

Per la cassazione di tale sentenza Elio Ruffino, Domenica Ruffino, Esterina Ruffino e Marcella
Ruffino hanno proposto un ricorso articolato in quattro motivi cui il Rachino ha resistito con
controricorso introducendo altresì un ricorso incidentale basato su di un unico motivo e
depositando successivamente una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve procedersi alla riunione dei ricorsi in quanto proposti contro la medesima 1,7
sentenza.

Venendo quindi all’esame del ricorso principale, si rileva che con il primo motivo, denunciando
violazione degli artt. 90-91 disp. att. c.p.c. e degli artt. 194-195 e 157 c.p.c., viene censurata la
sentenza impugnata per aver respinto l’eccezione di nullità della CTU, ritenendo che detta
eccezione non era stata proposta all’udienza immediatamente successiva alla data di deposito
della relazione e quindi era tardiva; i ricorrenti principali assumono che, avvenuto detto deposito
in data 17-12-2001, all’udienza tenutasi il giorno successivo il procuratore degli esponenti aveva
chiesto ed ottenuto, d’accordo con il legale avversario, un rinvio per esaminare l’elaborato; in
seguito alla successiva udienza del 5-2-2002 la difesa degli istanti aveva depositato un foglio di
deduzioni con cui aveva eccepito la nullità della relazione tecnica per la mancata comunicazione

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con sentenza del 28-12-2005, in parziale accoglimento dell’appello, ha dichiarato integralmente

da parte del CTU della data di inizio delle operazioni peritali; pertanto tale eccezione non poteva
essere ritenuta tardiva, non potendo essere rilevata il giorno dopo il deposito della relazione,
senza quindi avere il tempo di prendere adeguata cognizione del contenuto dell’elaborato
peritale.

Il giudice di appello ha ritenuto tardiva detta eccezione in quanto, a fronte di una CTU depositata il
17-12-2001, all’udienza tenutasi il giorno successivo, ovvero il 18-12-2001, i convenuti non
avevano dedotto nulla al riguardo, avendo invece chiesto un rinvio per esame dell’elaborato;
invece la Corte territoriale ha rilevato che l’eccezione avrebbe dovuto essere sollevata alla prima
udienza utile successiva al deposito.

Tale convincimento è corretto in quanto conforme all’orientamento consolidato di questa Corte
secondo il quale la nullità della consulenza tecnica d’ufficio derivante dalla mancata
comunicazione alle parti della data di inizio o di proseguimento delle operazioni peritali ha
carattere relativo e, pertanto, deve essere eccepita, a pena di decadenza, nella prima udienza,
istanza o difesa successiva al deposito della relazione (Cass. 18-4-1997 n. 3340), per tale
intendendosi anche l’udienza di mero rinvio, non rilevando che il giudice, nell’udienza successiva al
deposito, abbia rinviato la causa per consentire alle parti l’esame della relazione, poiché la
denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della
relazione (Cass. 28-11-2001 n. 15133; Cass. 25-10-2006 n. 22843).

Con il secondo motivo i ricorrenti principali, deducendo vizio di motivazione, assumono che il
giudice di appello sembra aver affermato che la nullità dell’elaborato peritale depositato il 17-122001 era insussistente in quanto in tale perizia il CTU si sarebbe limitato a valutare dei dati
precedentemente acquisiti dai pubblici registri e comunque già accertati nel contraddittorio tra le
3

La censura é infondata.

parti; invece in detto elaborato il CTU non si era limitato a valutare elementi già acquisiti al
processo, ma aveva formulato la valutazione di terreni ed immobili in precedenza meramente
descritti; pertanto il mancato avviso agli esponenti dell’inizio della indagine sfociata nell’elaborato
del 17-12-2001 ha comportato un grave violazione degli artt. 90 e 91 c.p.c.

Invero, quando la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed
autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta
infondatezza delle censure mosse ad una delle

“rationes decidendi” rende inammissibili, per

sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto
di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta
definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 24-5-2006 n. 12372; Cass. 14-22012 n. 2108).

Con il terzo motivo i ricorrenti principali, deducendo vizio di motivazione e violazione e falsa
applicazione dell’art. 729 c.c., sostengono che erroneamente la Corte territoriale ha escluso il
criterio dell’estrazione a sorte dei lotti predisposti dal CTU in quanto gli stessi non sarebbero stati
di ugual valore, spettando alle parti quote diverse di beni caduti in successione; invero il presente
giudizio aveva ad oggetto la divisione di due distinte masse ereditarie dismesse rispettivamente da
Giovanni Ruffino e da Domenica Barberis; in particolare l’asse ereditario lasciato da Giovanni
Ruffino doveva essere diviso in due parti uguali, con attribuzione della quota di

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a Margherita

Ruffino e di 1/2 agli esponenti; orbene la sentenza impugnata non ha spiegato la ragione per la
quale non è stato applicato il criterio del sorteggio per quanto riguardava l’attribuzione delle due
quote formate dal CTU per la divisione del patrimonio relitto di Giovanni Ruffino.

La censura è fondata nei limiti che saranno ora chiariti.
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La censura è inammissibile all’esito del rigetto del precedente motivo di ricorso.

La sentenza impugnata ha ritenuto che nella fattispecie non dovevano formarsi porzioni uguali in
quanto, Margherita Ruffino, “mettendo insieme la quota ereditaria derivante dal decesso del padre
e della madre”, era titolare di una quota pari ai 2/3 dei beni ereditari con conseguente

inapplicabilità del criterio del sorteggio; ha poi aggiunto che, per disposizione testamentaria, il

oggetto di sorteggio.

Orbene deve osservarsi che tale convincimento ha trascurato il fondamentale rilievo che il
presente giudizio ha ad oggetto la divisione di due distinte masse ereditarie, una conseguente alla
successione legittima di Giovanni Ruffino, e l’altra conseguente alla successione testamentaria di
Domenica Barberis, che evidentemente comportano due progetti divisionali diversi con la
conseguente impossibilità di cumulare le quote rispettivamente spettanti alla Ruffino nelle due
successioni; pertanto nella prima successione legittima, essendo i condividenti titolari di quote
uguali, ovvero della quota di 1/2 sia la Ruffino che gli attuali ricorrenti principali, il ricorso al criterio
del sorteggio si rivela legittimo, salva una derogabilità della sua operatività che deve peraltro
essere congruamente motivata.

Con riferimento invece alla successione testamentaria di Domenica Barberis, il criterio del
sorteggio non può trovare applicazione sia perché la Ruffino è titolare di una quota maggioritaria
rispetto alla quota di cui sono titolari gli altri coeredi, sia perché la testatrice, come si è rilevato, ha
lasciato alla Ruffino un determinato immobile, cosicché nella divisione di tale massa ereditaria si
deve tener conto di tale disposizione.

In definitiva quindi in sede di rinvio occorrerà procedere a due nuovi progetti divisionali alla luce
dei rilievi finora svolti.

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fondo di cui al foglio 5 n. 181 era stato lasciato alla Ruffino stessa, e quindi non poteva costituire

Con il quarto motivo i ricorrenti principali, denunciando vizio di motivazione, rilevano la
contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato la
domanda di usucapione avanzata dagli esponenti affermando che non sarebbe stata sufficiente al
riguardo la semplice coltivazione del fondo non accompagnata da una ulteriore attività diretta ad

provveduto a coltivare i fondi loro assegnati in virtù di un accordo risalente all’anno 1958 per un
periodo di oltre vent’anni, era stato legittimamente invocato un possesso utile all’usucapione.

La censura è infondata.

La Corte territoriale, nel confermare il convincimento in proposito già espresso dal giudice di

primo grado, ha rilevato che dall’esame delle deposizioni testimoniali erano riscontrabili vizi di
approssimazione e genericità, mancanza di specifica individuazione dei fondi ed assenza di
riscontri circa un effettivo ed esclusivo possesso degli immobili, non essendo sufficiente la
semplice coltivazione di essi non accompagnata dall’intento di escludere dal compossesso gli altri
coeredi.

Considerato quindi che si è in presenza di un accertamento di fatto sorretto da congrua e logica
motivazione, si osserva che i ricorrenti principali si limitano inammissibilmente a prospettare una
diversa valutazione delle risultanze istruttorie (senza peraltro trascrivere le deposizioni
testimoniali ritenute favorevoli al proprio assunto), trascurando di considerare i poteri in
proposito attribuiti in via esclusiva al giudice di merito; tra l’altro la dedotta esistenza di un
accordo in ordine alla coltivazione di determinati fondi oggetto di comunione ereditaria da parte
degli attuali ricorrenti principali costituisce un elemento impeditivo alla configurabilità
dell’invocata usucapione, posto che in tema di compossesso il godimento esclusivo della cosa
comune da parte di uno dei compossessori non è di per sé idoneo a far ritenere lo stato di fatto
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escludere un concorrente possesso da parte di altri coeredi; essi sostengono che, avendo

così determinatosi funzionale all’esercizio del possesso utile all’usucapione e non anche, invece,
conseguenza di un atteggiamento di mera tolleranza da parte dell’altro compossessore (tolleranza
cui è evidentemente equiparabile l’accordo tra i comproprietari in ordine alla coltivazione
esclusiva di un immobile oggetto di comunione da parte di uno di essi, come dedotto nella

sulla “res communis” da parte dell’interessato attraverso un’attività durevole, apertamente
contrastante ed inoppugnabilmente incompatibile con il possesso altrui (Cass. 20-9-2007 n.
19478).

Con l’unico motivo di ricorso incidentale il Rachino, deducendo violazione degli artt. 91-112-324329-342 c.p.c. e 2909 c.c., censura la sentenza impugnata per aver disposto l’integrale
compensazione delle spese del giudizio di primo grado nonostante gli appellanti non avessero
impugnato la sentenza non definitiva del 26-3-1999 nella parte in cui erano stati condannati al
pagamento delle spese di lite in favore degli attori.

Tale motivo resta assorbito all’esito dell’accoglimento del terzo motivo del ricorso principale.

In definitiva la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione all’accoglimento nei limiti
sopra enunciati del terzo motivo del ricorso principale, e la causa deve essere rinviata anche per la
pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.

P.Q.M.

La Corte
Riunisce i ricorsi, accoglie il terzo motivo del ricorso principale nei limiti di cui in motivazione,
rigetta il primo ed il quarto, dichiara inammissibile il secondo, dichiara assorbito il ricorso
incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa anche per
la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Torino.
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fattispecie), risultando necessario, ai fini dell’usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo

Il Presidente

Così deciso in Roma il 10-1-2013

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