Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 3714 del 12/02/2021

Cassazione civile sez. I, 12/02/2021, (ud. 11/11/2020, dep. 12/02/2021), n.3714

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16730/2019 proposto da:

M.S., rappresentato e difeso dall’avvocato Valentina

Picchioni giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 526/2019 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 18/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/11/2020 dal cons. PARISE CLOTILDE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 526/2019 depositata il 18-3-2019, la Corte d’appello di L’Aquila ha rigettato l’appello proposto da M.S., cittadino della Guinea, avverso l’ordinanza del Tribunale di L’Aquila che, a seguito di rituale impugnazione del provvedimento emesso dalla competente Commissione Territoriale, aveva respinto le sue domande di riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria. Il richiedente riferiva di essere fuggito dal suo Paese per il timore di essere arrestato o ucciso a causa della sua partecipazione a una riunione del partito PRS, di cui era militante, avvenuta nel 2016. La Corte territoriale, nel condividere il giudizio di inattendibilità della vicenda personale narrata dal richiedente espresso dal Tribunale e nel rilevare che nulla l’appellante aveva allegato quanto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per il riconoscimento di alcuna forma di protezione, avuto anche riguardo alla situazione della Guinea, descritta nella sentenza impugnata con indicazione delle fonti di conoscenza.

2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, nei confronti del Ministero dell’Interno, che è rimasto intimato.

3. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., u.c., e art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente denuncia: (1) con il primo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, dolendosi del mancato riconoscimento dello status di rifugiato, nonostante egli avesse chiarito di rischiare la vita per tutte le ragioni addotte sia in primo che in secondo grado; (2) con il secondo motivo, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si duole del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2 comma 1 lett. g) e h), in combinato disposto con il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 2, comma 1 lett. f) e g), per non avere la Corte territoriale valutato la sua condizione personale unitamente al quadro socio-politico instabile e fortemente segnato dal mancato rispetto di diritti umani fondamentali, come risulta da informazioni delle principali ONG e da altre pronunce di Tribunali; (3) con i motivi terzo e quarto, sub specie del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e dell’art. 10 Cost., comma 3, artt. 17 e 18 Cost. e 11CEDU, per avere la Corte territoriale negato la protezione umanitaria, senza considerare il percorso di integrazione intrapreso in Italia, documentato da attestati di frequenza di corsi in italiano; (4) con il quinto motivo l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, deducendo di aver addotto motivi di vulnerabilità e lamentando l’errata valutazione di inattendibilità della vicenda personale narrata, solo perchè non era particolarmente aggiornato sulla condizione politica del Suo Paese o non conosceva il significato della sigla che contrassegnava il suo partito.

2. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

2.1. Il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge, in ordine all’attendibilità della vicenda personale dallo stesso narrata e motivatamente esclusa dalla Corte territoriale, sul rilievo che neppure il richiedente sapeva indicare quale fosse il suo ruolo nel partito e quale il nome dello stesso per esteso, si limita a dedurre, del tutto genericamente, di rischiare la vita, in caso di rimpatrio, “per tutte le ragioni addotte sia in primo che in secondo grado” (pag.n. 5 ricorso), senza neppure censurare l’affermazione della Corte d’appello in base alla quale nulla l’appellante aveva allegato quanto alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Le fonti di conoscenza sulla situazione della Guinea, in base alle quali la Corte di merito ha escluso la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata, sono state indicate (pag. 5,6 e 7 sentenza), si tratta di un accertamento di fatto (Cass.30105/2018), non censurato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con i primi due motivi di ricorso.

3. Sono inammissibili anche i motivi terzo, quarto e quinto.

3.1. Con riguardo alla disciplina applicabile ratione temporis in tema di protezione umanitaria, occorre premettere che la domanda di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari presentata, come nella specie, prima dell’entrata in vigore (5/10/2018) della normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, deve essere scrutinata sulla base della normativa esistente al momento della sua presentazione (Cass. S.U. n. 29459/2019).

Ciò posto, il ricorrente, denunciando il vizio di violazione di legge e motivazionale (peraltro secondo il paradigma legale previgente), richiama la normativa di riferimento e sentenze di merito e di legittimità, allega di essere soggetto vulnerabile in base alla situazione generale della Guinea ed alla sua vicenda personale, ritenuta, come si è detto, motivatamente inattendibile dai giudici di merito, nonchè si duole, del tutto genericamente, della valutazione delle prove, così sollecitando, inammissibilmente, una rivalutazione dei fatti storici.

La Corte d’appello ha altresì escluso la sussistenza del fattore di integrazione in Italia, ritenendo a tal fine irrilevante la frequenza di un corso di italiano, e il ricorrente neppure si confronta con detta argomentazione. Inoltre la situazione del Paese di origine, in termini generali ed astratti, è di per sè inidonea al riconoscimento della protezione umanitaria (Cass. S.U. n. 29459/2019 citata, in conformità a Cass. n. 4455/2018).

La doglianza in ordine alla violazione dell’art. 10 Cost. è inammissibile ex art. 360 bis c.p.c.. Per costante giurisprudenza di questa Corte, il diritto di asilo è interamente attuato e regolato, nella disciplina applicabile ratione temporis, attraverso la previsione delle situazioni finali previste nei tre istituti costituiti dallo “status” di rifugiato, dalla protezione sussidiaria e dal diritto al rilascio di un permesso umanitario, ad opera della esaustiva normativa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, ed al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, cosicchè non v’è più alcun margine di residuale diretta applicazione del disposto di cui all’art. 10 Cost., comma 3, (tra le tante Cass. n. 16362/2016 e Cass. n. 11110/2019). La tutela complessivamente risultante dai tre istituti suindicati è idonea a garantire la protezione di ogni condizione di vulnerabilità rilevante in base ad obblighi costituzionali o internazionali.

4. Nulla deve disporsi in ordine alle spese del giudizio di legittimità, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte del Ministero.

5. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto (Cass. S.U. n. 5314/2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 11 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 febbraio 2021.

 

 

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